lunedì 30 aprile 2007

UN POLIZIOTTO ALLE ELEMENTARI ( Kindergarten cop, USA 1990)
DI IVAN REITMAN
Con ARNOLD SCHWARZENEGGER, Penelope Ann Miller, Linda Hunt, Carroll Baker.
COMMEDIA

Visto il successo arriso al primo inserimento del mastodonte Schwarzenegger in una commedia, si rinnova l'operazione.Stesso regista,stavolta il divo di "Predator" è senza la spalla comica De Vito, e in una storia che è più vicina alle sue consuete pellicole.I n alcuni momenti molto simpatico,"Un poliziotto alle elementari" è una commedia d'azione senza troppe pretese ( e fa bene a non averne), magari anche un pò troppo violenta verso la fine , visto che i toni sono piuttosto soft per tutto il film. Schwarzenegger sembra un po'in difficoltà quando dovrebbe fare il tenerone con i bimbi , ma va apprezzato lo sforzo di mettere la propria colossale figura in una salutare spruzzata d'autoironia. Degli attori di contorno la più buffa è la direttrice Linda Hunt.
HULK ( Hulk, USA 2003)
DI ANG LEE
Con ERIC BANA, Jennifer Connelly, Nick Nolte, Sam Elliott.
FANTASTICO

L'unico tipo di mitologia oggi possibile è quella supereroistica del mondo dei fumetti. Archetipi, radici di Mito, schemi e idealizzazioni di disagi e meraviglie, si ritrovano all'interno degli universi marvelliani e simili."Hulk" è un personaggio risultante una pesante anomalia , non veramente cattivo, potenzialmente pericoloso, dalle gesta e dai poteri incredibili:Ang Lee ha preso in mano il progetto già da anni sulle scrivanie dei dirigenti delle majors, come altri similari, e ha compiuto una rilettura spettacolar-psicologico-cinematografica di grande impatto, che naturalmente porta a dibattiti accesi. Il successo non debordante della pellicola, che ha fatto bene sì al botteghino, ma ben lungi dai risultati di "Spiderman" e "X-Men", è dovuto forse alla sua straordinaria complessità: reminiscenze da "King Kong", "Frankenstein", scontri edipici a livello colossale, monito a fare attenzione ad un uso troppo cinico del potere scientifico, gran macchina di cinema,"Hulk"-film è tutto questo e di più.Questa storia di padri ambiziosi, crudeli od ottusi, di figli a disagio con il proprio ruolo e vittime di un passato spietato, di un titano con il volto di un bambino ferito e dell'inadeguatezza del mondo a contenerlo, arriva in alcuni momenti a diventare un poema moderno di gran respiro poetico. Lee survolta le immagini a ritmo sostenuto, utilizzando lo split screen e splendidi effetti visivi, nonostante il colosso verde entri in scena quasi dopo tre quarti d'ora, e la sceneggiatura fa un gran lavoro sui personaggi, disegnandone accuratamente le sfaccettature, gli effetti speciali sono ben assortiti, anche se Hulk inizialmente può sembrare un personaggio dei videogiochi. Un'opera visivamente possente, un film anche troppo colto e denso , forse il blockbuster esplicitamente tale più ricco di chiavi di lettura dai tempi di "Guerre stellari".
MIO FRATELLO E' FIGLIO UNICO ( I, 2007)
DI DANIELE LUCHETTI
Con ELIO GERMANO, Riccardo Scamarcio, Diane Fleri, Angela Finocchiaro.
COMMEDIA/DRAMMATICO
In anni di ruggenti passioni politiche, dalla fine degli anni Cinquanta a quella dei Settanta, la storia di due fratelli, Accio e Manrico, da una famiglia proletaria in quel di Latina, divisi dal credo politico e dal modo di essere: se Manrico, il più grande, è dotato di un fascino naturale e di un carisma che gliela fa sempre passar liscia, ad Accio, che approda dal seminario all'adesione all'ideologia della Giovane Italia, fino a interessarsi dei testi di Lenin e provare a passare all'azione di gruppi estremisti ed extraparlamentari, sempre senza trovarsi a proprio agio. Il film, che prende spunto da "Il fasciocomunista" di Pennacchi, ma appunto tenendo poco conto del testo, riporta Daniele Luchetti a un cinema italiano di qualità, a mio parere apprezzabile anche all'estero, pur raccontando questioni molto nostrane. Forte di un cast intonato bene, e dell'apporto degli sceneggiatori più bravi su scala nazionale degli ultimi vent'anni, Rulli & Petraglia, il regista de "La scuola" abbozza un affresco in chiave minore di una certa Italia, con l'impeto e la faciloneria di una ricerca di appartenenza , anche , talvolta, senza conoscere bene i radicamenti e le nozioni di una data ideologia, ma che , a conti fatti, con tutti i difetti riconoscibili, può sembrare in un certo senso più vera della vacuità anestetizzata di oggi; e se i centri di potere tradiscono il popolo, come sembra alludere il film nel finale, con una mossa che a qualcuno potrà sembrare qualunquistica, ma che in nome di un tentativo di cercare una dignità maggiore per la propria condizione, ha una logica inoppugnabile.

domenica 29 aprile 2007

LA PISCINA ( La piscine, F 1968)
DI JACQUES DERAY
Con ROMY SCHNEIDER, ALAIN DELON, Maurice Ronet, Jane Birkin.
THRILLER Personaggi alla deriva, anche se fissi in un' unità di luogo, in un thriller a discreta gradazione erotica, con una tensione sorda che cresce impercettibilmente ai bordi della piscina del titolo.Film molto francese, con i tempi appunto tipici della cinematografia transalpina dell'epoca, ma emanante un suo fascino un pò perverso:del resto, i bellissimi Alain Delon e Romy Schneider che dopo l'amore si fustigano lievemente con un ramoscello sono sadomaso soft, ma molto audaci per un film "normale". Inoltre, uno dei delitti più lenti e verosimili del cinema giallo.
LE CINQUE GIORNATE ( I,1973)
DI DARIO ARGENTO
Con ADRIANO CELENTANO, Enzo Cerusico, Marilù Tolo, Luisa De Santis.
COMMEDIA
Tentativo baciato da un particolare insuccesso di affrancarsi dal genere che lo aveva portato ad alti incassi, il thriller violento e pauroso all'italiana, per Dario Argento,"Le cinque giornate" rimane ad oggi l'unico lavoro del regista romano "diverso". Accolto con freddezza dalla critica, quando non veniva sbertucciato da quella più militante, il film più volte si avvicina a una tesi qualunquistica che sminuisce ogni ribellione, suggerendo che si tratti di un avvicendamento di vertici sfruttando la forza bruta del popolo, ma più che altro sembra sostenuto da una vena anarchica sincera e un pò ingenua: ispirato in egual misura a Monicelli, Leone e Luigi Magni, il film ha un'ironia molto schietta, qualità di immagini di ottimo livello, un Celentano convincente come poche altre volte sullo schermo, e l'acuta rappresentazione degli scontri che infiammarono Milano in quei cinque giorni, che sembra quasi raffigurata pensando ai fumetti di "Alan Ford" di Max Bunker.Peccato che si sia rivelato un fiasco così eclatante, perchè "Le cinque giornate" ha pagine gustosissime, che superano di gran lunga le imperfezioni.
JFK-UN CASO ANCORA APERTO( JFK, USA 1991)
DI OLIVER STONE
Con KEVIN COSTNER, Sissy Spacek, Tommy Lee Jones, Joe Pesci.
DRAMMATICO

Stone coglie, con questo film, l'occasione per ampliare un discorso personale su quello che reputa, forse, l'Anno Zero sia della sua vita, che di quella di molti americani della sua generazione.Nonostante la corposa durata, "JFK" non pesa affatto, anche grazie al geniale montaggio (Oscar meritatissimo) di Pietro Scalia:ha il merito di riproporre con vigore uno degli interrogativi più inquietanti del Ventesimo secolo, elaborando una tesi strutturata in maniera credibile, e, almeno in parte, purtroppo verosimile.Stone individua il Male che avvelena la sua America nella mafia, nei servizi segreti deviati, nei politicanti corrotti, secondo lui colpevoli di proteggere un fascismo clandestino.Kevin Costner interpreta con passione Jim Garrison, il procuratore distrettuale che osò contestare la versione ufficiale della commissione Warren:ne fa un uomo con vari difetti, ma mosso dal fuoco dell'idealismo, e dopo un accorato monologo, prima della conclusione, molto amara, del film, ne esce sconfitto.Tecnicamente il miglior film di Oliver Stone, complessissimo,va visto almeno due volte per essere apprezzato come si meriti, per la quantità incredibile di informazioni che invia allo spettatore.
L'ATTIMO FUGGENTE ( Deads poets society, USA 1989)
DI PETER WEIR
Con ROBIN WILLIAMS, Robert Sean Leonard, Ethan Hawke, Kurtwood Smith.
DRAMMATICO

Fu un caso: un film con un attore di una certa popolarità, ma non proprio una star al tempo, un'ambientazione in un periodo non sfruttatissimo dal cinema di Hollywood, una storia d'altri tempi narrata in modo classico, senza sostanziali novità dal punto di vista cinematografico.Eppure si impose, da noi ad esempio, su macinatori di incassi come l'annunciatissimo "Batman", il secondo "Ritorno al futuro",il Nuti di Natale "Willy Signori".E' un bel film, "L'attimo fuggente", diretto sobriamente da Peter Weir con mano sicura, e con un Robin Williams molto misurato, estroso, ma contenuto,oltretutto presente fino a un certo punto,che lascia molto spazio ai giovani attori che compongono il cast.Forse più incensato di quanto in effetti abbia meritato, ha però il merito di arrivare al cuore dello spettatore, parlandogli di sogni, poesia, ambizioni artistiche frustrate, e una forma di rivolta presessantottina, meno sonora ma coraggiosa, in un contesto ultraconservatore.L'immagine finale dei ragazzi in piedi( quelli almeno che nel nuovo corso del professor Keating ci credono davvero) che salutano il loro docente cacciato dall'oscurantismo dei quadri dirigenti scolastici è bella, e molti l'hanno imitata. Segno evidente che una traccia di questo film è rimasta.
TERMINATOR 3 : LE MACCHINE RIBELLI
( Terminator 3: Rise of the machines, USA 2003)
DI JONATHAN MOSTOW
Con ARNOLD SHWARZENEGGER,NICK STAHL, Claire Danes, Kristanna Loken.
FANTASCIENZA
Dipanatasi in quasi vent'anni, la saga del cyborg più indistruttibile della storia del cinema continua, anche se dopo due capitoli non c'è più il suo creatore alla regia, James Cameron, sostituito da Jonathan Mostow.Diciamolo subito, questo cambiamento ha il suo peso: e non perchè Mostow sia un mediocre,anzi.E'un regista che, come aveva già dimostrato in "Breakdown" e "U-571", ha talento per il cinema d'azione: e infatti le sequenze di pura adrenalina sono le migliori del terzo "Terminator", quell'inseguimento lunghissimo tra furgone, autoarticolato, macchine della polizia e moto è di una tensione altissima, decisamente più avvincente del "gemello" visto in "Matrix reloaded", e gli ultimi venti minuti di film sono molto tirati e coinvolgenti.Solo che la trama è un pò pretestuosa, il finale è un comodo viatico ad un probabile "Terminator 4", e soprattutto non si respira la tragica consapevolezza dell'imminenza dell'Apocalisse nucleare così ben resa dagli episodi cameroniani.Granitico ma capace di una salutare dose di autoironia, Schwarzenegger si riappropria del ruolo più suo,Nick Stahl è un John Connor non molto carismatico, ma così forse doveva essere, data l'evoluzione del suo personaggio, Claire Danes si adatta via via che scorre il film a diventare una donna d'azione, la Terminatrix Kristanna Loken offre una bellezza indisponente alla sua assassina multiforme.Non ci si annoia, ci sono almeno un paio di espedienti in sceneggiatura di valore, ma non c' è lo spessore dei primi due film, e si devolve tutto all'azione.
CONFIDENCE-La truffa perfetta ( Confidence, USA/CAN/D 2003)
DI JAMES FOLEY
Con EDWARD BURNS, RACHEL WEISZ, Dustin Hoffman, Paul Giamatti.
THRILLER
Il truffatore al cinema, il "tirasòle" è spesso visto con simpatia: un gaglioffo dritto che la spunta su tipacci ben più cattivi di lui, e addirittura impone una formula di giustizia fregando chi se lo merita. Purtroppo nella vita non va esattamente così, e di solito un truffatore è un figuro senza scrupoli non degno di troppa simpatia.In "Confidence" si parte da un ipotetico finale che vede il protagonista Jake(Ed Burns), professionista del bidone raccontare la sua vicenda colpito a morte(o no?) come il William Holden di "Viale del tramonto": e si ripercorre la dinamica della truffa combinata a un tirapiedi del "Re"(Dustin Hoffman), un boss della mala erotomane e nevrotico.Il film di Foley, un regista spesso altalenante tra buoni lavori e pellicole di poco conto, regge abbastanza bene il gioco, salvo essere un po'troppo verboso, e citare alla lettera, nel finale, "La stangata"(ma il gioco è molto più prevedibile qui).Inoltre,viene da chiedersi quando mai un killer con l'ordine di freddare un tipo, su ordine di un capoccia, se ne sta a domandargli i perchè e i percome le cose siano andate per quel verso. Servito discretamente dal cast, in cui però i pezzi da novanta Hoffman e Garcia istrioneggiano un po'troppo,questo thriller sospeso a metà con la commedia gialla, convince fino a un certo punto:tuttavia non si puo'dire che sia una perdita di tempo totale.
LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI
( Night of the living dead, USA 1968)
DI GEORGE A.ROMERO
Con DUANE JONES, Judith O'Dea, Russell Streiner, Karl Hardman.
HORROR
Oggi, forse, non è percepibile l'impatto che ebbe "Night of the living dead" nel mondo del cinema, e c'è da dire che l'edizione italiana è poco curata nel doppiaggio, che conferisce al film una qualche scostanza: ma senz'altro, anche solo a livello di horror, è giusto tener conto che Romero ha sfondato la porta dell'inosabile.E cioè, quello che primo era alluso, divenne esplicito(non apprezzo il gore, è una volgarizzazione del cinema fantastico quanto lo è il porno puro rispetto all'erotismo), e infatti la scena più difficile da dimenticare di questa pellicola (e anche da reggere), è quella in cui gli zombies si accaniscono sui resti dei due rimasti uccisi nel rogo del camioncino, con quel rumore disgustoso di bocche che masticano, e il particolare della donna che finisce di spolpare un osso.Il film , come dimostrano i successivi capitoli della tetralogia dei morti viventi, ha un disegno social-politico di indubbio interesse, e non ultimo figura l'antirazzismo tipico dell'autore di "Zombi". Giova, a questo film, ma anche lo limita, l'aria di pellicola semiprofessionale , con recitazione spesso dilettantesca, che la contraddistingue e rappresenta la cifra stilistica dell'esordio del suo regista: il branco di cadaveri semoventi e affamati di carne viva, ha qualcosa di inconfondibilmente ripugnante e inesorabilmente ridicolo a un tempo.Difficile negare che ci sia del genio in questo.
AGENTE 007-UNA CASCATA DI DIAMANTI
(Diamonds are forever, GB 1971)
DI GUY HAMILTON
Con SEAN CONNERY, Jill St.John, Charles Gray, Bruce Cabot.
AZIONE
Se non fosse per il titolo, per la presenza di Sean Connery in versione Bond, e per qualche aggeggio dato in dotazione dall'ingegnoso Q alla superspia inglese, sembrerebbe più che altro un film d'azione qualsiasi girato nei primi anni Settanta.Tanta è la lontananza formale dalle tipiche avventure di 007, così risulta alla fine essere questa pellicola, la sesta che vede lo scozzese più famoso della storia del cinema impersonare l'agente segreto di Ian Fleming.Si vede, e non poco, che Connery è lì per onorare il contratto, la trovata del film è la coppia di killer gay, che aumentano l'aspetto ludico di questo film d'azione: non è una delle vette della lunga serie dedicata allo spione dalla licenza di uccidere, qua e là ci possiamo anche divertire, ma se qualcuno si addormenta è comprensibile.E Gray non è un cattivo da antologia.
GROSSO GUAIO A CHINATOWN( Big trouble in Little China, USA 1986)
DI JOHN CARPENTER
Con KURT RUSSELL, Kim Cattrall, Dennis Dun, Victor Wong.
FANTASTICO/AZIONE
Divertissement puro firmato John Carpenter, e insieme omaggio al cinema cinese d'azione, quello con leggende di spettri potenti, e abbondanti dosi di arti marziali. Kurt Russell, alla quarta collaborazione con l'autore di "Fog" si chiama qui Jack Burton, ed è un simpatico tipo che entra in una "non-realtà" completamente estranea per lui, fatta di rituali, lotte all'ultimo colpo, presenze eteree e feroci dall'aldilà.Fracassone, coreografico, molto ironico, "Grosso guaio a Chinatown" è un piacevole svago fatto di buon cinema d'intrattenimento da gustarsi senza riprendere fiato.Finale aperto, come succede spesso nel cinema carpenteriano, ma stavolta la butta sul ridere...
GIORNI DI TUONO ( Days of thunder, USA 1990)
DI TONY SCOTT
Con TOM CRUISE, NICOLE KIDMAN, Robert Duvall, Michael Rooker.
DRAMMATICO


A quattro anni di distanza dal "botto" di "Top gun", si rinnova la collaborazione tra Tom Cruise e Tony Scott, questa volta ambientando il competitivismo dell'allora divo rampante nel mondo delle corse Indy, ovviamente con rivali molto accaniti e una bella da conquistare in un'ulteriore sfida."Days of thunder" vale soprattutto per la corsa finale, e per l'assemblamento di canzoni orecchiabili e grintose: Cruise a colpi di testosterone impersona un pilota tutto talento e poca ragionevolezza, Duvall e gli altri del cast fanno corona, Scott II riesce a rendere le scene d'azione meglio che nel film d'aviazione militare dell'86, e Nicole Kidman viene consacrata qui come stella nascente.Tra l'altro, i risultati commerciali del film furono piuttosto inferiori alle aspettative,o perlomeno distanti dalle stratosferiche vette di "Top gun".

sabato 28 aprile 2007

MA CHE COLPA ABBIAMO NOI?( I,2002)
DI CARLO VERDONE
Con CARLO VERDONE, MARGHERITA BUY, LUCIA SARDO, ANTONIO CATANIA.
COMMEDIA
Fin dai titoli di testa, è evidente che stavolta Carlo Verdone ha voluto puntare sul sicuro.Ci sono grandi professionisti come Maurizio Millenotti e Danilo Desideri tra i collaboratori, e la sceneggiatura scritta a sei mani è una delle migliori tra quelle dei suoi più recenti lavori. Storia di sette personaggi in cerca di punti di riferimento, con un titolo che si rifà a un celebre successo pop degli anni'60 dei Rokes di Shel Shapiro,questo lavoro dell'autore di "Un sacco bello" è una commedia godibile e non superficiale: lo dimostra il fatto che alla fine non tutti i personaggi hanno risolto i loro problemi. Anche se qualche passaggio è fin troppo prevedibile( l'identità di Morpheus, il misterioso corteggiatore via chatline della bella Chiara-Anita Caprioli), e non tutte le potenzialità di commedia brillante vengano utilizzate al meglio,"Ma che colpa.." è un'operina simpatica alla quale si deve il fatto che ci si può divertire senza pentirsene.Il Verdone regista tiene conto della buona squadra allestita, e il Verdone-attore lascia spazio agli altri, regalandosi però la scena piu'memorabile: quella in cui il suo personaggio di figlio vessato da un padre capitano d'industria che non gliene perdona una si rivolta in fabbrica e lo manda a quel paese con gli operai in tripudio attorno.Difficile non sentirsi coinvolti in questa occasione.
HOLLYWOOD PARTY ( The party, USA 1968)
DI BLAKE EDWARDS
Con PETER SELLERS, Claudine Longet, Jean Carson, Steve Franken.
COMMEDIA

Staccato dalla serie della "Pantera rosa" , ma somigliante per la comicità catastrofica e per le castronerie del protagonista Peter Sellers, qui un attore indiano di troppo ad Hollywood, questo grande successo di Blake Edwards è negli anni divenuto un "cult", soprattutto per la generazione sessantottina.E in effetti la componente anarcoide che nel finale distrugge praticamente il villone del produttore che organizza il party ha il sapore di quell'entusiasmo a stravolgere le regole e il Sistema, le trovate comiche si succedono con ottimi risultati.Qualche volta si mostra un pò datato, soprattutto nel finale anche troppo "innocente": però per la quantità di risate che ancora oggi riesce a suscitare, l'accoppiata Sellers-Edwards è qui al suo apice.
IL VEDOVO ( I, 1959)
DI DINO RISI
Con ALBERTO SORDI, FRANCA VALERI, Livio Lorenzon, Nando Bruno.
COMMEDIA
Collaborazione tra Alberto Sordi e Dino Risi prima dello storico "tradimento" rappresentato da "Il sorpasso"( l'attore romano ricordò spesso con amarezza del ruolo di Bruno Cortona a Gassman come uno sgarbo al buon rapporto che aveva con il regista milanese),"Il vedovo" è una commedia venata di humour nero,un pò all'inglese, in cui il cinismo la fa da padrone.Del tutto costruita sulla bravura d'interprete di Sordi nel costruire un perfetto personaggio della sua galleria, un mediocre pieno di vizi che si crogiola nel suo vittimismo, questa black comedy forse soffre un pò di questa condizione, nonostante lo spessore di alcuni personaggi di contorno(molto bravo Livio Lorenzon nella parte del marchese decaduto segretario del protagonista), e l'apporto di Franca Valeri moglie ricca che apostrofa Sordi con un leggendario "Cretinètti!".Un pò brusco sia nell'avvio che nel finale, "Il vedovo" riserva comunque, momenti di saporito divertimento.

venerdì 27 aprile 2007

THE BLACK HOLE-Il buco nero( The black hole, USA 1979)
DI GARY NELSON
Con ROBERT FORSTER, Yvette Mimieux, Maximilian Schell, Anthony Perkins.
FANTASCIENZA

All'epoca la Disney sperò che fosse una risposta forte all'enorme scossa rappresentata dall'uscita del primo "Guerre stellari", con la conseguente invasione di gadgets ispirati al film di Lucas.Anche per "The black hole" furono creati giocattoli anche ben fatti che rappresentavano personaggi del film, ma non ci fu altrettanto entusiasmo nell'accogliere questi altri.Fantascienza per famiglie, anche se qua e là lascia trasparire un altro racconto più torbido e complesso,"The black hole " riciclò ex-star orami ridotti a prove mercantili, come Anthony Perkins,Ernest Borgnine e Maximillian Schell, in una pellicola avventurosa con tre robot che tutto sommato catturano l'attenzione più degli attori;eppure ,anche se nel confronto non può competere con l'inventiva straordinaria della saga lucasina, questo sci-fi movie ha motivi di divertimento e una confezione di prim'ordine.Quello che lo ha tradito è il senso di ancronismo che trasmette: sembra un film girato ai tempi di "Viaggio allucinante"(66), mentre è del 1979...
EXCALIBUR ( Excalibur, USA 1981)
DI JOHN BOORMAN
Con NIGEL TERRY, Helen Mirren, Nicol Williamson, Gabriel Byrne.
FANTASTICO/AVVENTURA
La rilettura adulta,consapevole e carnale delle leggende della Tavola Rotonda, di Re Artù e la sua Camelot fu il punto di vista di John Boorman in questo cult che ebbe un successo consistente all'inizio degli anni Ottanta.Infatti, il ciclo delle avventure dei cavalieri del re che estrasse la spada (Excalibur, appunto) dalla roccia era sempre stato presentato soprattutto in chiave di racconto cavalleresco, senza tener conto del lato torbido dell'epica camelotiana.Boorman indovina le sequenza più visionarie, e il film ha il suo meglio nell'incrudelirsi delle vicende di Artù, nella seconda parte che porta a numerose tragedie,incesti,massacri, efferatezze varie, inganni e morti violentissime.Ma soffre una certa frettolosità in sceneggiatura che rischia di trasformarlo in un film-spremuta, con ellissi narrative troppo concitate e accelerate. Anche lo scontro tra Artù e il figlio Mordred, concepito con l'inganno da sua sorella Morgana, arriva ad una risoluzione cruenta e affascinante, ma Boorman perde l'occasione di evidenziarne la complessità.Per cui, un film con sprazzi di cinema molto bello, ma poco curato nella struttura.
ANCORA VIVO ( Last man standing, USA 1996)
DI WALTER HILL
Con BRUCE WILLIS, Leslie Mann, Christopher Walken, Bruce Dern.
AZIONE
Sarà cinema-cinema, come qualcuno un pò spregiativamente utilizza la caratterizzazione, ma "Ancora vivo" è un intrattenimento di buona presa, di una certa energia visiva, con una bella fotografia "d'epoca", e una bella colonna sonora di Ry Cooder:l'ennesima conferma di uno dei migliori registi emersi negli anni Settanta,Walter Hill, oggi un pò colpevolmente accantonato ma capace di dar lezione di cinema d'azione a molti registi specializzati in tal genere(per certi versi, l'unico a tenergli testa è Michael Mann). A Bruce Willis, duro ma non "di ghiaccio" come il ruolo gli richiede, si affiancano Christopher Walken e Bruce Dern, apparizioni ruvide ma di classe.
IL GENIO DELLA TRUFFA ( Matchstick men, USA 2003)
DI RIDLEY SCOTT
Con NICOLAS CAGE, Allison Lohmann, Sam Rockwell, Bruce Altman.
COMMEDIA
Ridley Scott, dopo essere tornato un re del box-office all'inizio degli anni con lo zero davanti ( o Duemila,se volete), si cimenta con la commedia,con dei truffatori di professione come protagonisti: non che "Matchstick men" sia un film brillante nel senso canonico, si viaggia molto in punta di sorriso, e a tre quarti di film c'è una decisa sterzata della trama verso il thriller puro.Il copione utilizzato da Scott regge comunque bene, una splendida colonna sonora avvolge il film rivelandosi uno dei motivi di riuscita della pellicola, e, pur essendo a grandi linee un film d'attori, si ha modo di apprezzare la regia curatissima, solo apparentemente meno "in evidenza" dell'autore de"Il gladiatore". Nicolas Cage, con i suoi movimenti sconnessi,i suoi tic esasperati, la fragilità esplicita del suo personaggio, è bravo come non gli riusciva essere da molti film fino a questo, Alison Lohmann è di una simpatia contagiosa, e Sam Rockwell si avvia a diventare uno dei nomi del cinema americano su cui contare.Storia, tra le righe ma non tanto, di un'acquisizione della coscienza di se stessi di un uomo convinto della propria inadeguatezza alla vita,"Il genio della truffa" è appunto difficilmente inquadrabile in un genere preciso, ma non è uno Scott minore come si poteva presagire.

giovedì 26 aprile 2007

MEZZOGIORNO DI FUOCO ( High noon, USA 1952)
DI FRED ZINNEMANN
Con GARY COOPER, Grace Kelly, Lloyd Bridges, Thomas Mitchell.
WESTERN

L'armonica soffia, le note di "Do not forsake me,oh my darling" risuonano( "Cosa farò se mi lascerai?"), i banditi che a mezzogiorno passeranno a riscuotere il loro bottino di paura e vendetta sono pronti a prendere possesso della cittadine in cui il film è svolto, la moglie anti-violenza ha fatto le valigie lo stesso giorno del matrimonio forse prenderà lo stesso treno che porta indietro il vecchio nemico Frank Miller, ritornato per fargli incontrare la morte: lacero, vibrante di paura e rabbia, solo contro tutti, in nome di una responsabilità che nessuno intende apprezzare, avanza Will Kane, sceriffo umanissimo interpretato ottimamente da Gary Cooper.Fred Zinnemann realizzò con questo uno dei capolavori del western, svolto praticamente in tempo reale, appassionante come sa essere il cinema quando è grande davvero, aperta critica all'ipocrisia benpensante che manda avanti gli eroi per compiangerli quando muoiono per la comunità.Tesissimo tutto il film, fino al bellissimo scontro con i fuorilegge, indimenticabile la sequenza in cui, nel finale, dopo aver salvato il paese dalle pistole di Miller e la sua banda, Will Kane getta, in un soprassalto di insopprimibile dignità, la stella nella polvere. John Wayne ebbe a dichiarare che sia stato una delle cose più antiamericane viste al cinema, e invece è una delle sequenze più ribelli, rinfrancanti e sincere di tutto il cinema americano.
I 4 DELL'OCA SELVAGGIA ( The Wild Geese, GB/USA 1978)
DI ANDREW V.MCLAGLEN
Con RICHARD BURTON,Richard Harris, Roger Moore, Hardy Kruger.
GUERRA/AZIONE
Andrew V.McLaglen, figlio di Victor, fu un regista in gioventù molto apprezzato da John Wayne, e per un pò realizzò titoli d'avventura di genere, con un discreto risultato commerciale: "I quattro dell'oca selvaggia" è forse il suo maggior successo.Preso dal romanzo "The wild geese", è un film d'azione ideologicamente di destra, nonostante certe aperture antirazziste, che molta critica stroncò per la rivalutazione dei mercenari che il soggetto implica.Costruito come film del filone alla "Sporca dozzina", il film ha nei quattro interpreti principali( più il banchiere Stewart Granger, che commissiona l'operazione e poi compie un voltafaccia dettato dall'avidità) un motivo d'attrazione: l'amaro Burton, il sornione Moore, il "sensibile" Harris e il razzista e durissimo Kruger, che si riconverte durante il racconto, forniscono a McLaglen un valido punto d'appoggio.E, anche se c'è una rappresentazione della violenza fin troppo insistita e un'eccessiva presenza di bocche sbavanti sangue, la sequenza in cui il leader Burton uccide dall'aereo l'amico Harris, che , ferito, insegue il velivolo chiedendogli di sparargli per non cadere preda dei torturatori nemici, è un bel momento di cinema che rimane impresso.
UNA DONNA IN CARRIERA ( Working girl, USA 1988)
DI MIKE NICHOLS
Con MELANIE GRIFFITH, Harrison Ford, Sigourney Weaver, Joan Cusack.
COMMEDIA
Forse, nella parte visiva, uno dei più smaccati film anni Ottanta.Tentativo di omaggiare la sophisticated comedy da parte di un autore che ha avuto fortune alterne,"Working girl" vede una lotta di potere al femminile, con in palio la supremazia sul posto di lavoro, e il maschio belloccio di turno, nel caso un Harrison Ford simpatico ma non sempre a suo agio nei dialoghi della commedia.Melanie Griffith se la cava bene con un personaggio sospeso tra ingenuità e astuzia, Sigourney Weaver è una piacente megera, e il film porta a un dubbio.Perchè, se voleva essere una satira su yuppismo e mondo manageriale, come suggerirebbe l'ultima inquadratura, è anche troppo morbida, mentre come commedia pura risulta gradevole , ma non coinvolge.
JOHNNY STECCHINO( I, 1991)
DI ROBERTO BENIGNI
Con ROBERTO BENIGNI, Nicoletta Braschi, Paolo Bonacelli, Franco Volpi.
COMMEDIA
E' una commedia interamente giocata sugli equivoci, anche se il gioco è vario e mai fine a se stesso:ricorda alcuni tra i più riusciti film di Totò, e Benigni è bravissimo nell'alternarsi incessantemente tra il severamente ridicolo mafioso Johnny Stecchino e lo stralunato, ingenuo, tenero Dante.Un'eccezionale prova di maturità per il talento comico di Benigni, che si sdoppia con misura eseguendo due ottime interpretazioni diametralmente opposte, dirigendo bene anche gli attori di contorno, con menzione d'onore per Paolo Bonacelli, nei laidi panni di un avvocato galoppino del boss.Commedia salace, "Johnny Stecchino" è intelligente, e se la prende con molti mali d'Italia: la mafia, il traffico di droga, le connessioni tra politica e malavita, e via sbeffeggiando. Ammirevole il fatto che il Benigni autore neghi il lieto fine di prammatica al Benigni attore, segno indubbio di crescita del regista.
LA MARCIA DEI PINGUINI ( La marche de l'empereur, F 2005)
DI LUC JACQUET
DOCUMENTARIO
"Caso" cinematografico del 2005 in Francia, capace di tenere testa dapprima e poi spuntarla su "Star Wars-Episodio III", "La marcia dei pinguini" è un documentario abbastanza atipico, che adotta una struttura classica della categoria, focalizzando l'attenzione sul corso vitale dei grandi Pinguini Imperatore, con il commento di personaggi famosi ( da noi Fiorello, che presta una piacevole partecipazione), alternando una lettura talvolta ironica, più volte disposta a prendere atto degli accadimenti, di una colonia di questi uccelli; il regista-documentarista Jacquet imbastisce un racconto che ha il dono della lievità e della mancanza di didascalismi che allonanerebbero l'attenzione dello spettatore, e sottolinea piuttosto diverse curiose analogie "umanoidi" di questi animali al contempo goffi ed eleganti. In una confezione di prim'ordine, basti la qualità veramente superlativa della fotografia, "La marcia dei pinguini" , oltre che racconto fortemente educativo, e particolarmente adatto ad un pubblico giovanissimo, è un rapporto coinvolgente sulla lotta per la vita, senza dimenticare la crudeltà e la meraviglia di tale epica alla portata di ogni essere venuto al mondo.
ANYTHING ELSE ( Anything else, USA 2003)
DI WOODY ALLEN
Con JASON BIGGS, WOODY ALLEN, Christina Ricci, Stockard Channing.
COMMEDIA
Gli anni ormai non son più pochi, e forse Woody Allen, giunto all'autunno dell'esistenza, comincia a guardare le nevrosi di sempre con un pò di distacco, forse con la lucidità di una maturità in qualche modo guadagnata. Ecco perchè, probabilmente,in "Anything else" si è scelto un ruolo di insano mentore, e di trasferire il sempiterno se stesso pregnante di paranoie e nevrosi nel piu'giovane Jason Biggs, alle prese con il lavoro di battutista, con agente tanghero sul groppone, fidanzata lunatica, sensuale e fedifraga, con mamma scellerata e alcoolista al seguito.Più amaro del solito, Allen inserisce acute considerazioni sul senso della vita, le condizioni dell'amore e dei rapporti con il nostro Io e il mondo esterno, includendo laconicamente un implicito bilancio dell'inutilità della psicanalisi (oppure è un ulteriore citazione di se stesso?), rinunciando a spingere sul pedale dell'ilarità, stuzzicando i sorrisi ma centellinandoli.Non uno dei migliori lavori del cineasta di "Io & Annie", piuttosto l'opera di un artista scopertosi invecchiato davanti a una realtà ormai troppo complessa per non farci altro che della filosofia sopra.Buono il cast, e Christina Ricci si conferma una delle attrici che superano in fascino e attrattiva la propria effettiva , non canonica, femminil grazia.