martedì 30 dicembre 2008

HALLOWEEN II-Il signore della morte ( Halloween II, USA 1981)
DI RICK ROSENTHAL
Con JAMIE LEE CURTIS, DONALD PLEASENCE, Charles Cypher.
THRILLER

Mike,il serial killer specializzato in babysitters che nel '78 , nel primo "Halloween" terrorizzò molti spettatori(rivedendolo oggi, fa meno paura, anche se il film resta valido), ritorna per la prima volta in questo sequel solo supervisionato e musicato da John Carpenter, e una volta ancora il dottor Loomis (un invasato Donald Pleasence) lo bracca contro l'incredulità della gente comune e delle forze dell'ordine, e di nuovo la ragazza Jamie Lee Curtis è nelle mire del pazzo assassino che non dice neanche una parola.Spesso scontato, e privo di reali colpi di scena,"Halloween II" è un thriller non imperdibile, che conosce un crescendo negli ultimi venti minuti, e si conclude con un'esplosione in cui lo psicologo-cacciatore del mostro si immola per distruggere la sua nemesi, come Achab, senza riuscirci, facendo esplodere del gas.Nulla di che, ma meglio dei molti seguiti successivi.
TRAINING DAY ( Training day, USA 2001)
DI ANTOINE FUQUA
Con DENZEL WASHINGTON, ETHAN HAWKE, Tom Berenger, Eva Mendes.
POLIZIESCO
Premiato Denzel Washington per la sua interpretazione di poliziotto sporco e corruttore in questo "Training day", thriller poliziesco che si svolge nell'arco di una giornata, la prima al reparto del giovane interpretato da Ethan Hawke, rimane poco da dire:perchè Fuqua, regista del film, cade in un paio, perlomeno, di strafalcioni narrativi tali da mandare in malora buona parte della credibilità della storia,vedi la scena in cui Hawke sfugge a sicura morte perchè il delinquente che lo vuole uccidere è il cugino della ragazzina salvata da uno stupro all'inizio(a Los Angeles, con tutti quegli abitanti...fossimo stati a Fosdinovo avrei capito...).E la prova del pur bravo divo di "Philadelphia" è solo di discreto livello, anzi,spesso autocompiaciuta.La cosa migliore di "Training day" è appunto l'evolversi della storia e il suo chiudersi entro l'alba e la fine di una giornata:ma c'è molto del prevedibile in mezzo.

IL SENATORE ( Bulworth., USA 1998)
DI WARREN BEATTY
Con WARREN BEATTY, HALLE BERRY, Oliver Platt, Paul Sorvino.
GROTTESCO

Warren Beatty torna a dirigere un film dopo otto anni da "Dick tracy", e continua ad impressionare per la sua atipicità nel panorama delle star hollywoodiane:l'attore-regista fa un film solo quando ne ha voglia,e non importa che passino tre,cinque o sei anni, lui torna dietro la macchina da presa solo se gli sta veramente a cuore il progetto.Con collaboratori di lusso quali Vittorio Storaro alle luci e ai colori,Ennio Morricone per le musiche, e Milena Canonero riguardo ai costumi, Beatty ha realizzato qui un film che per tre quarti ha un gran ritmo, una regia originale e fresca, e un fascino concreto:soltanto nell'ultima parte il gioco si fa un pò scontato, e si giunge ad un finale pertinente, ma forse non il migliore possibile.E'comunque un lavoro di un uomo di cinema dalla mentalità moderna, e dalla continua voglia di cimentarsi in operazioni nuove e senza garanzie.Bellissima Halle Berry, qui in uno dei primi ruoli importanti.
SCAPPATELLA CON IL MORTO ( Sibling rivalry, USA 1990)
DI CARL REINER
Con KIRSTIE ALLEY, Bill Pullman, Carrie Fisher, Jamie Gertz.
COMMEDIA Nonostante la verve della Alley, questa commedia si dilunga attraverso una striminzita ora e mezza di sciocchezze, battute banali o poco divertenti, dando al tutto un che di telefilm di serie C già visto e mal digerito, con situazioni insostenibili o noiose.Eppure Carl Reiner non è un pessimo regista, la direzione degli attori è palesemente corretta, e la sceneggiatura, alquanto pastrocchiata, non facilita il lavoro del regista.Ciò non toglie che il film sia pura inutilità.

lunedì 29 dicembre 2008

I DUE MARESCIALLI ( I, 1961)
DI SERGIO CORBUCCI
Con TOTO', VITTORIO DE SICA, Gianni Agus, Arturo Bragaglia.
COMMEDIA
Dei compagni d'avventura di Totò, se Aldo Fabrizi era regolarmente l'uomo serio messo in crisi dalla verve caciarona del napoletano, Erminio Macario il precisino che l'altro portava alla scoperta a modo suo del mondo, Nino Taranto ne era spesso complice, Vittorio De Sica in qualche modo rappresentava l'uomo di buona creanza che il personaggio di Totò un pò lo subiva ed un pò se ne serviva. Ne "I due marescialli", uno dei titoli più amati dai fans dei due grandi, funzionano molte cose: la regia svelta e curata di Corbucci, qui ad una delle sue prove migliori, un corollario di comprimari capeggiati da un Gianni Agus impagabile nel ruolo del gerarca fascista cretino, e il gioco dei ruoli orchestrato dai doppiamente impostori Totò e De Sica, l'uno ladro che si finge maresciallo dei carabinieri, l'altro maresciallo che si camuffa da prete. Da antologia la scena della pernacchia, quella di Totò che rivolto ad un gruppetto di vecchi a giocare a carte gli bofonchia: "Obbesi!", e il finale falso-tragico che si svela ridanciano una volta di più.

SENZA FAMIGLIA NULLATENENTI CERCANO AFFETTO ( I, 1972)
DI VITTORIO GASSMAN
Con VITTORIO GASSMAN, PAOLO VILLAGGIO, Agostina Belli, Rossana Di Lorenzo.
GROTTESCO Vittorio Gassman, come gli altri grandi della commedia italiana, Mastroianni a parte, volle cimentarsi anche con la regia: a mio parere, del gruppo storico che ha contribuito tantissimo ad anni belli del nostro cinema, quello più bravo come regista fu Nino Manfredi, visto che Sordi spesso da director sbrodolò nelle proprie convinzioni ideologiche, Tognazzi scelse strade impervie e l'interprete de"Il sorpasso" lavorò a progetti personalissimi, quale "Kean" . Questo film, che lo vede assieme a Paolo Villaggio dopo "Che c'entriamo noi con la rivoluzione?" è un apologo grottesco che deplora una società isolante "creature strane" come i due protagonisti, un ex-circense e un mezzo disperato alla ricerca della madre praticamente mai conosciuta: il film però spesso inciampa in un patetismo ridondante, la recitazione è troppo sovraccarica, lo squallore impera, ma non dovrebbe esser stato questo l'obbiettivo. Finale amarognolo, con un cagnolino che dà finalmente un pò d'affetto, ma arriva tardi.

domenica 28 dicembre 2008

THE MILLIONAIRE ( Slumdog millionaire, GB 2008)
DI DANNY BOYLE e LOVELEEN TANDAN
Con DEV PATEL, Freida Pinto, Mia Drake, Imran Hasnee.
DRAMMATICO
Molta stampa internazionale lo indica come la sorpresa alla prossima edizione degli Oscar, e può darsi: "Slumdog millionaire" sta raggranellando buoni incassi dappertutto, la firma di Danny Boyle comunque ha aiutato la storia a raggiungere le sale internazionali e l'attenzione dei media, e il film, che si muove tra commedia, noir e dramma ha piglio sul pubblico. Tratto da un romanzo intitolato "Ten questions", il film è alla fine una fiaba: che però, come i classici di detta categoria, per un finale lieto ha in sè numerose crudeltà che mettono a dura prova la coppia di innamorati ( bellissima Freida Pinto). Ritmo coinvolgente, qualche faciloneria ( il comandante dei poliziotti che si appassiona alle vicende del protagonista è credibile, ma è tirata via la parte in cui si convince dell'innocenza del ragazzo) però lo spettacolo c'è, e il quadro dell'India che emerge ne fa un teatro di orrori e però anche fantastico, in cui ogni cosa è possibile, Inferno e Paradiso: Boyle si conferma un discontinuo di talento, coadiuvato dalla regia di casa di Loveleen Tandan. E la danza finale che celebra la conclusione del racconto, è anche sia un omaggio agli spettatori che una rincuorante celebrazione dell'energia della vita. In un panorama non esaltantissimo come la programmazione cinematografica di questa fine d'anno, un titolo che val la pena di non perdere.

venerdì 26 dicembre 2008

PADRE PADRONE ( I, 1977)
DI PAOLO E VITTORIO TAVIANI
Con SAVERIO MARCONI, OMERO ANTONUTTI, Marcella Michelangeli, Nanni Moretti.
DRAMMATICO
Un libro molto venduto e importante fu "Padre padrone", di Gavino Ledda, che raccontò la dura vita fatta dall'infanzia all'età adulta nella Sardegna profonda, sotto le regole patriarcali aspre e diffuse nella comunità pastorizia di cui fa parte il padre Efisio. L'adattamento per il grande schermo prodotto dalla Rai, girato dai fratelli Taviani, conquistò il favore delle platee e sollevò discussioni e dibattiti: in una chiave che risente molto dell'influenza neorealistica, spiccano le prove sia di un Omero Antonutti straordinario nell'esprimere le durezze fondamentalmente paurose del padre, e di Saverio Marconi che interpreta la fase ribelle di Gavino. Se proprio devo trovare qualcosa che non va, è il montaggio che sceglie una via rarefatta per raccontare, e una scansione dei tempi del racconto molto particolare. Però il film, che si chiude e si apre con il vero Ledda a introdurre i personaggi e a tirare le somme, dice una verità importantissima: che la Parola, l'uso della cultura libera la mente e l'Uomo dal giogo dell'ignoranza più retriva che autorizza i rituali più immondi e liberticidi.

THE MATADOR ( The Matador, USA/D/IRE 2005)
DI RICHARD SHEPARD
Con PIERCE BROSNAN, GREG KINNEAR, Arlin Miller, Azucena Medina.
COMMEDIA/THRILLER

A riprova che ( quasi) tutti gli interpreti di James Bond siano stati anche buoni attori, ecco un film che dà l'occasione al penultimo degli 007, Pierce Brosnan, di dare una bella prova, molto autoironica e ben abbinata all'altro coprotagonista Greg Kinnear, commediante di valore non valutato come meriterebbe dal mercato e dai produttori USA: nemmeno uscito nelle nostre sale, presentato direttamente nei palinsesti delle tv via cavo, "The Matador" è un piacevole gioco a metà tra la commedia e il film noir, che molto deve alla coppia sopra citata, ma va riconosciuto anche buona mano ad un regista e sceneggiatore non abilissimo su alcuni intrecci del racconto, ma capace di dare una tonalità di chiaroscuri alle proprie pellicole, vedi anche "The hunting party" con Richard Gere. Qui , tra due uomini in profonda crisi personale nasce un'amicizia anomala, fatta dapprima di convenienza e poi di disinteressato aiuto reciproco, tra un killer professionista ed un commesso viaggiatore con grandi progetti alle spalle: la scena in cui l'assassino scafato mostra all'altro come si imbastisce un delitto perfetto è straordinaria, e il finale in cui si evita al film un'ovvia ( a quel punto) piega cinica è meritevole di apprezzamento. E' un piccolo film, ben girato, intepretato e scritto.

giovedì 25 dicembre 2008

VERDETTO FINALE ( Ricochet, USA 1991)
DI RUSSELL MULCAHY
Con DENZEL WASHINGTON, JOHN LITHGOW, Ice T, Kevin Pollak.
AZIONE L'australiano Russell Mulcahy è uno che sa girare, conosce bene come realizzare inquadrature e riprese, dando alla macchina da presa una certa mobilità:balzato ad un certo livello con il successo di "Highlander", si è visto togliere la regia,già avviata, di "Rambo III", e di capitombolo in capitombolo, si è messo a girare thriller perfettamente ordinari, come questo che vede opporsi Denzel Washington e John Lithgow, che , tranne qualche sequenza realizzata con abilità che rivela buona mano da narratore, ha attori che né brillano né sfigurano, e contiene un'evasione memorabile per la violenza sconsiderata con cui è svolta(detenuti che sventrano le guardie con attrezzi elettrici per piallare il legno o sgozzati con trapani).
SCELTA D'AMORE- La storia di Hillary e Victor
( Dying young, USA 1991)
DI JOEL SCHUMACHER
Con JULIA ROBERTS, CAMPBELL SCOTT, Vincent D'Onofrio.
DRAMMATICO Dopo tre titoli di buon successo per l'allora neostar Julia Roberts, il primo fiasco fu "Scelta d'amore": ci fu chi scrisse che la disaffezione momentanea del pubblico per la giovanissima diva di "Pretty woman" fu innescata dal titolo originale di questo film sentimentale di Joel Schumacher, "Dying young" che faceva stare distanti gli spettatori potenziali. In realtà c'è poco da dire: basato sull'idillio tra un giovane malato terminale e la giovane infermiera che gli presta cure e assistenza, il film dice veramente poco. Poi, che si tratti di temi poco felici e tuttavia meritevoli di rispetto è un altro discorso, ma quando si costruisce un film per platee copiose sfruttando appunto cose delicate come malattie e altre cose gravi così, è chiaro un certo cinismo di fondo delle operazioni in corso, nè più nè meno dei famigerati "L'albero di Natale" e " Il venditore di palloncini". Appena sufficienti gli interpreti, a partire dalla Roberts, e il migliore è Vincent D'Onofrio, terzo incomodo per volere del giovane sfortunato; banale e noioso nello svolgimento, non è ignobile, ma attenzione ne merita poca.
BALLE SPAZIALI ( Space balls, USA 1987)
DI MEL BROOKS
Con MEL BROOKS, BILL PULLMAN, RICK MORANIS, JOHN CANDY.
COMICO

Dopo il western, l'horror, il thriller, il film storico, è il turno della fantascienza per Mel Brooks.E dire che ce n'era di materiale su cui scatenarsi... Brooks prende una cantonata di notevoli proporzioni nel realizzare questa parodia senza verve nè carica dissacrante di "Guerre stellari"( e vari accenni a classici del genere),affidandosi a un umorismo inceppato o più volgare del solito, che fa rimpiangere non solo "Frankenstein jr.", ma anche titoli non altrettanto riusciti come "La pazza storia del mondo". E se le gags sanno troppo di preconfezionato per divertire, la qualità della comicità degli interpreti è esigua. Divertente, forse, la scena in cui si vede la versione di Jabba The Hutt di questa parodia, alias "PizzaMargherita" e il suo sgherro robotico Vincenzino che se lo mangia. Ma è poca roba davvero.

lunedì 22 dicembre 2008

DELITTO PER DELITTO-L'altro uomo ( Strangers on a train, USA 1951)
DI ALFRED HITCHCOCK
Con FARLEY GRANGER, ROBERT WALKER, , Leo G.Carroll.
THRILLER
Due uomini giovani in un vagone di treno che iniziano a discorrere del più e del meno, fino a confidarsi un reciproco disagio a proposito di congiunti, e uno dei due propone un patto scellerato: uccidere l'uno il parente scomodo dell'altro, un delitto perfetto da far rompere la testa al più scaltro degli investigatori. L'incipit è geniale, da un romanzo di Patricia Highsmith, e apre uno dei thriller più belli e meglio costruiti di Hitch: e si nota che le simpatie del regista, vanno più al maramaldo Robert Walker che al bello e poco significante Farley Granger, non fosse che per la logica della morale che non premia il cattivo (siamo pur sempre nel 1951!). Dopo il folgorante avvio, da mandare a memoria di cinefilo l'avvincente partita di tennis-corsa contro il tempo e il finale con la giostra impazzita dove va in scena lo showdown definitivo tra i due protagonisti. Esempio di cinema formalmente ineccepibile, e di una sapidità di scrittura molto più avanti dell'epoca in cui fu realizzato, "Delitto per delitto" è purtroppo oggi scarsamente programmato nei palinsesti delle tv, ennesima conferma di un'indecente condizione della programmazione odierna.

domenica 21 dicembre 2008

IL MONDO DEI ROBOT ( Westworld, USA 1973)
DI MICHAEL CRICHTON
Con YUL BRINNER, RICHARD BENJAMIN, James Brolin, Dick Van Patten.
FANTASCIENZA
Esordio dietro la macchina da presa di uno scrittore in prospettiva tra i più capaci di fabbricare best-seller, il recentemente scomparso Michael Crichton, "Il mondo dei robot" è un apologo fantascientifico sui rischi di un utilizzo sconsiderato e superficiale della tecnologia, pure per scopi ludici: in un imprecisato futuro meta di vacanze anomale e costose è un parco divertimenti in cui, grazie a robot che replicano perfettamente gli esseri umani, è possibile vivere avventure come cowboys o cavalieri medioevali, pure con l'illusione di conquiste femminili piuttosto avvenenti. Tutto bene, ma se i processori smettono di obbedire ai comandi e prendono l'iniziativa? E' un film che dura neanche un'ora e mezza, e per quasi tutta la proiezione si mantiene sui toni di una commedia futuribile, con i due amici protagonisti Benjamin e Brolin a vivere scazzottate e sparatorie come nei western a sfondo umoristico, salvo sterzare nell'ultima mezz'ora in una dimensione più tesa in cui i morti sono veri. Un pò sopravvalutato dagli amanti dalla science-fiction, compensa la scelta errata di un protagonista incolore come il futuro regista Richard Benjamin con la glaciale durezza di uno Yul Brinner perfettamente a proprio agio nelle pose rigide del robot-pistolero. Risolto con qualche imperfezione da opera prima, è tuttavia una pellicola di buon intrattenimento, ma che non solleva alcuna inquietudine sui pericoli di una scienza mal impiegata.

BRUBAKER ( Brubaker, USA 1980)
DI STUART ROSENBERG
Con ROBERT REDFORD, Yaphet Kotto, David Keith, Jane Alexander.
DRAMMATICO

Una fattoria riadibita a penitenziario, in cui vige la legge del più spietato, si contano i vermi nella zuppa, i reclusi più belli d'aspetto vengono stuprati, e alcuni detenuti ritenuti "affidabili" vengono addirittura armati con il fucile a fare da cani da guardia agli altri, oltretutto, com'è ovvio, imponendo propri regolamenti e abusi: ma nell'ultima mandata di nuovi "ospiti" è presente, all'insaputa di tutti, il nuovo direttore nominato, Brubaker appunto, che a un certo punto scopre le carte e avvia una riforma più civile. Naturalmente la cosa disturba ai piani superiori, e urgono freni per l'onda moralizzante. Un regista "specializzato" con il filone carcerario, che già girò anni prima un titolo importante quale "Nick Manofredda", Stuart Rosenberg, e un divo notoriamente impegnato come Robert Redford si immergono in una storia che oggettivamente è interessante, e tocca corde sensibili: robusto nella narrazione, ben recitato ( c'è anche un Morgan Freeman non ancora noto tra i carcerati) e diretto, soffre un pò qualche cenno retorico di troppo, anche perchè è prevedibile fin dall'inizio che le alte sfere faranno di tutto per voltare le spalle a Brubaker e al suo disegno rinnovatore per un esercizio più civile della giustizia. Però, il finale con i detenuti che salutano con un ritmico batter di mani l'uomo che ha tentato di dar loro un ambiente più dignitoso è di quelli commoventi come il cinema americano ci ha abituato a conoscere.
L'AMICO AMERICANO ( Der amerikanische freund, F/D 1977)
DI WIM WENDERS
Con BRUNO GANZ, DENNIS HOPPER, Lisa Kreuzer, Nicholas Ray.
THRILLER
E' uno dei titoli cult degli anni Settanta.Il personaggio di Tom Ripley, creato dalla giallista di gran classe Patricia Highsmith, è al centro di quattro romanzi: per primo sul grande schermo è stato portato il secondo racconto, "Il gioco di Ripley", ribattezzato appunto "L'amico americano", e girato da un cineasta all'epoca giovane e in piena ascesa, innamorato pazzo del cinema USA che pensò appunto di girare un noir dai sapori mitteleuropei ma con ben chiara in mente la lezione statunitense, mettendo a confronto un disastrato e talentuoso mito personale come lo statunitense Dennis Hopper e un "attore di fiducia" come l'elvetico Bruno Ganz. E memorabile è la sequenza dei delitti sul treno, verosimile e goffa, così come l'assassinio nella stazione del metrò: assommata a quella corsa disperata ma finalmente libera sul lungomare in sottofinale, autorizzano a rendere di culto la pellicola. Oltre a due partecipazioni amichevoli e carismatiche di di icone dell'autore, come quelle di Nick Ray e Sam Fuller, tra la grigia opacità di Amburgo e una lattiginosa Parigi, si incrociano due attori di razza come il misuratissimo, introverso Ganz e lo scoordinato, febbrile Hopper ( ai tempi in piena crisi personale) su un misterioso gioco del fato tra il corniciaio malato terminale tedesco che sceglie di divenire killer dilettante per non mettere sul lastrico la propria famiglia, e il criminale per comodità americano che per motivi inizialmente misteriosi sceglie di aiutare l'altro. E la regia con pacata scioltezza dipana la narrazione a ritmo non velocissimo, ma costante.

sabato 20 dicembre 2008

ORTONE E IL MONDO DEI "CHI" ( Horton hears a Who!, USA 2008)
DI JIMMY HAYWARD e STEVE MARTINO
ANIMAZIONE
FIABA

Dalla penna del "Dr.Seuss", un altro racconto per bambini che sa di apologo. Un elefante allegro e sognatore che sente un grido d'aiuto quasi impercettibile provenire da un fiore, scopre che sui petali è incastrato un granello di polvere il quale racchiude un microcosmo e cerca di salvarlo. Non scorre la simpatia tra gli italiani e le creazioni dello scrittore per ragazzi, dato che ogni film tratto dalle sue fantasie in America raggiunge cifre alte ( "Il Grinch" e questo) , mentre da noi faticano a reggere una settimana in programmazione. Se nell'originale a prestare la voce al simpatico pachiderma Ortone era Jim Carrey, nella versione italiana c'è Christian De Sica in una performance gigiona ma non spiacevole: pur con qualche macchinosità del racconto, c'è da dire che questo è un cartoon educativo. Rifiuta infatti l'abiura e promuove un'idea di solidarietà che porta a tutelare i più deboli, cose apprezzabili in un contesto dedicato ai più piccoli: e il trascinante moto di affermazione dei minuscoli "Chi" ha qualcosa di toccante che merita attenzione. In tempi in cui la morale comune è messa mica tanto bene, è un buon messaggio.
NEVADA SMITH ( Nevada Smith, USA 1966)
DI HENRY HATHAWAY
Con STEVE MCQUEEN, Karl Malden, Suzanne Pleshette, Brian Keith.
WESTERN Tra i tanti ribelli e non allineati portati sullo schermo da Steve McQueen, "Nevada Smith" è uno dei più celebri. Testimone del massacro dei genitori da parte di tre bravacci senza cuore, il protagonista impegna buona parte della sua vita per compiere la propria vendetta: attinge molto dal più celebre testo a proposito di vendetta, "Il conte di Montecristo" di dumasiana memoria, il copione di "Nevada Smith" ( è l'ultimo nome fittizio adottato dal personaggio principale per avvicinare il capo dei malfattori), e come sulla pagina Edmond Dantès evitava ad un passo dal compimento definitivo di uccidere l'odiato nemico, dopo alcune scelte sconsiderate, il non-eroe di McQueen decide di non oltrepassare il limite del lecito. Un pò diluito nel racconto, "Nevada Smith" è un buon western di un regista abile nel genere, che gode di attori di nome e di qualità ( oltre alla star al centro della pellicola, da ricordare Karl Malden e Martin Landau tra i villains, Suzanne Pleshette bella di turno e Brian Keith mentore un pò sacrificato dalla sceneggiatura), che riesce a non essere banale nonostante il tema, tra gli speroni e le colt sia uno di quelli più presentati.
ROVINE ( The ruins, AUS/USA 2008)
DI CARTER SMITH
Con JONATHAN TUCKER, JENA MALONE, Shawn Ashmore, Laura Ramsey.
HORROR

Guai, se siete americani in vacanza e soprattutto all'estero, a prestare orecchio a consigli che fanno cambiare il carnet dei programmi: gli horror di questi anni, superato il clichè della macchina che si ferma in campagna e successivamente dell'incappare dei malcapitati in gaie famigliole la cui missione nella vita è mandar sadicamente sotto terra il prossimo, dicono che se siete giovani, di bella presenza e statunitensi là fuori molti non stanno nella pelle per farvi la vostra. Ce lo hanno detto "Hostel" e molti altri, e visto che il cinema di genere racconta bene la nervatura delle società e delle epoche, in USA ci deve essere una forte diffidenza circa i viaggi all'estero: qui un gruppetto di amici in ferie in Messico decide, spinti dal suggerimento di un altro studente tedesco, di far visita ad un tempio azteco che non è presente sulle carte geografiche. E come direbbero a Roma, ecchela llà: sull'antica costruzione è proliferato un rampicante che ha il vizietto di divorare gli umani, golosissimo del loro sangue, e intorno è segretamente accampata una microcomunità che parla una lingua atavica e uccide chiunque si azzardi a scendere dal tempio, a causa del facile diffondersi della malefica pianta. Il film non presenta niente di nuovo, è il solito schema che prevede l'annientamento di tutti o quasi i personaggi che compaiono, e a livello di gore non lascia granchè all'immaginazione: semmai, è insolita la cura della confezione, con una fotografia anche troppo bella, sprecata, come quella del notevole Darius Kondji. Come è ovvio, alla fine tutto pare ricominciare: si è visto di peggio, ma quanta poca originalità...
LA FORESTA DI SMERALDO ( The emerald forest, USA 1985)
DI JOHN BOORMAN
Con POWERS BOOTHE, CHARLEY BOORMAN, Meg Foster, Dira Pass.
AVVENTURA

Un autore spesso controverso e ritenuto potenzialmente reazionario come il britannico John Boorman ha sostenuto spesso la nocività di un uso incauto e scellerato del progresso, auspicando un ritorno alle radici "verdi" della società: nel suo titolo forse più celebre, "Un tranquillo week-end di paura" la teoria era sposata in pieno, e se chi lo apprezzò ne fece un cult, i detrattori stroncandolo ne sottolineò la sostanziale tendenza antiprogressista. Il tema ritorna ne "La foresta di smeraldo", uscito a metà anni Ottanta, su una vicenda drammatica come quella dell'ingegnere che vede sparire il figlioletto nella foresta delle Amazzoni, e ritrovarlo molto tempo dopo come giovane guerriero di una tribù rimasta fuori sincronia con i tempi. Se la Civilizzazione è questa, che strazia il patrimonio naturale arboricolo e ruba le figlie della foresta per sfruttarle nel mondo lercio della prostituzione, afferma Boorman, meglio buttar giù la diga e impedire all'Uomo del secolo Ventesimo di distruggere tutto. Come film avventuroso, "La foresta di smeraldo" vanta una buona tenuta di ritmo, e una bella dose di spettacolarità, senza risparmiare qualche crudezza: dal punto di vista della tesi, così messa spinge a riflettere su quanto in effetti una cosa sia portare avanti un processo di modernizzazione e un'altra abusare di Terra e culture diverse. In ogni caso, un buon film che dopo un ventennio non mostra segni di invecchiamento.
PERCHE' UN ASSASSINIO ( The Parallax view, USA 1974)
DI ALAN J.PAKULA
Con WARREN BEATTY, Hume Cronyn, William Daniels, Paula Prentiss.
THRILLER

Gli spari che uccisero Robert Kennedy non smisero mai di rimbombare nell'immaginario collettivo degli americani, che pochi anni prima avevano perso sotto colpi di misteriosa provenienza il fratello già presidente John: quindi, non si tratta di semplice paranoia da attentato il fatto che molti dei thriller a sfondo politico ( o fantapolitico, se si preferisce) raccontino di cospirazioni complesse e inesorabili. Ricordiamoci pure che da poco era esplosa la bomba-Watergate, con il presidente Nixon dimissionario sotto una cappa di vergogna, ed ecco che un cineasta molto bravo a costruire gialli a tesi, e sempre ricchi di sfaccettature ( qualcuno gli è venuto meno bene negli anni a venire, ma resta un buon regista) come Alan J.Pakula, con una star impegnata quale Warren Beatty, immagina una tessitura di interessi e morte, di corruzione e false piste ufficiali. In "Perchè un assassinio", da anni scomparso dai palinsesti televisivi, c'è qualche scelta di sceneggiatura fin troppo ellittica e qualche faciloneria nella gimcana a rischio di vita che il protagonista innesca indagando da giornalista sul colosso Parallax: sulla serietà dell'operazione e pure per riflettere su quanto siamo rincoglioniti oggi a differenza di quegli anni sulle aspettative circa la Verità e chi ci governa, basta analizzare il finale cui porta l'elaborata trama del film. Una multinazionale che toglie di mezzo con incidenti o attentati di cui si incolpa quelli che vogliono vederci chiaro, che può così tracciare le linee guida per la società, con una commissione di vuoto potere a sancire che nella sostanza, non è successo nulla.

domenica 14 dicembre 2008

SHROOMS-Trip senza ritorno ( Shrooms, IRE 2008)
DI PADDY BREATNACH
Con LINDSEY HAUN, JACK HUSTON, Max Casch, Maya Hazen.
HORROR Rieccoci. Il Club delle Mattanze Organizzate è di nuovo attivo. Questa volta a finire piuttosto male sotto i colpi feroci di misteriose mani omicide che non hanno altro motivo e movente che il cattivo e sanguinario gusto di scannare il prossimo, è un gruppetto di turisti americani in Irlanda. Malandrini, i ragazzotti vogliono concedersi un "viaggio" lungo una giornata allucinogena nei boschi dell'isola vicina alla Gran Bretagna tramite funghi ( "shrooms" all'irlandese appunto) particolarmente "sballanti", rassomiglianti ai comuni chiodini ma con macchia blu sopra. Muoiono quasi tutti, è la prassi, ed oltre alla larghissima prevedibilità della trama, c'è soprattutto da imputare a regista e sceneggiatori un grado zero della fiducia circa l'intelligenza del pubblico di riferimento. E anche a scaltrezza di narratori siamo messi mica bene, visto che quello probabilmente considerato uno stordente colpo di scena finale, ce lo possiamo immaginare più o meno cinque minuti dopo che il sangue ha cominciato a scorrere. E vai con lo sbadiglio...
UN DOLLARO BUCATO ( I, 1965)
DI CALVIN JACKSON PADGET ( GIORGIO FERRONI)
Con GIULIANO GEMMA, Evelyn Stewart, Peter Cross.
WESTERN
A bizzeffe,ne uscivano,di western realizzati da registi italiani e attori del medesimo paese,che usavano ribatezzarsi con nomi anglofoni,dopo l'incredibile successo dei film di Leone:un divo del genere fu anche Giuliano Gemma,giovane baldanzoso e prestante che si faceva chiamare all'epoca Montgomery Wood."Un dollaro bucato" non è stato tra i peggiori titoli di quella stagione,e addirittura ha un finale in cui monta un'effettiva forma di tensione:certo, ci sono rozzezze in sceneggiatura, e la recitazione dei comprimari non è di elevata qualità.Ma ci si può intrattenere senza annoiarsi poi troppo.
LA FIAMMA DEL PECCATO (Double indemnity, USA 1944)
DI BILLY WYLDER
Con FRED MCMURRAY, BARBARA STANWICK,Edward G.Robinson.
NOIR

Il "doppio indennizzo" del titolo originale riguarda una formula assicurativa. E infatti, in questo citatissimo classico di Billy Wylder una trama delittuosa ha come catalizzatrice un'assicurazione sulla vita, fruttuosa in caso di decesso di un congiunto di una dark lady. Più che altro, "La fiamma del peccato" colpisce per il taglio moderno del racconto, per l'oggettiva spietatezza del personaggio della Stanwick ( venato però da una passionalità femminile che lo impreziosisce), ma senza l'enfatizzazione conferita dagli interpreti dell'epoca ai ruoli assegnati,l'ambiguità fondamentale, anche nel fare il male, del protagonista Fred McMurray. Teso, diretto egregiamente e ottimamente recitato, è un giallo di valore, ma se confrontato ad un altro caposaldo dell'epoca ( e anche di sempre) come l'hawksiano "Grande sonno" sembra non avere quell'aura magnifica da pietra preziosa e colonna della settima arte. Ovviamente, parlo a titolo personale.

sabato 13 dicembre 2008

CHANGELING ( Changeling, USA 2008)
DI CLINT EASTWOOD
Con ANGELINA JOLIE, John Malkovich, Michael Kelly, Jeffrey Donovan.
DRAMMATICO

Strano atteggiamento dei recensori quello verso "Changeling", penultima regia di Clint Eastwood ( sì, perchè ai primi dell'anno uscirà anche "Gran Torino", dramma urbano che lo vede anche come protagonista): c'è chi lo ha amato ed esaltato senza riserve, chi lo ha apprezzato molto ma ha sottolineato che i titoli appena precedenti della filmografia eastwoodiana erano opere più memorabili, chi ne parla bene però precisa che "il vecchio Clint ci ha abituato troppo male con i suoi capolavori". Sostanzialmente, come si può evincere, è un film piaciuto molto, personalmente ho trovato qualche caratterizzazione d'interprete un pò troppo sopra le righe ( il poliziotto corrotto e senza pietà, ad esempio), e qualche lieve incertezza nell'avvio: per il resto siamo dalle parti del cinema di alto livello. Il dramma umano, morale e psicologico della giovane donna, ragazza madre nell'America del 1928 che si vede sparire il figlio e "rendere" un altro che palesemente non è il suo bambino per laidi intrallazzi politici di propaganda, e ribellandosi ad un'imposizione da parte del Potere così scorretta e abusatrice subire arresto, internamento in manicomio, e delizie del genere solleva interrogativi morali pesanti, e un'onesta indignazione a livello di coscienza non comuni da trovare oggi su uno schermo: in parallelo, Eastwood usa un binario narrativo sempre più attiguo a quello portante di cui prima, di un novello Orco, assassino di fanciulli, che si rivelerà decisivo per lo scioglimento del racconto. Oramai è riconosciuto lo status d'autore di un cineasta che in ogni film che gira immette almeno una scena di grande cinema. Eastwood ha il passo dei grandi classici che sicuramente ama, con una lettura analitica moderna, da intellettuale critico ma non cinico, con film di spessore e girati con gran gusto registico. Angelina Jolie, nella sua interpretazione più bella, offre la sua grazia diafana in un ruolo che offre il fianco ad un'interpretazione sopra le righe, e invece condotta con partecipazione e buona fibra d'attrice. Uno dei più bei lungometraggi della stagione, avvincente e riflessivo.

venerdì 12 dicembre 2008

A BETTER TOMORROW ( Yinghung bunsik, HK 1986)
DI JOHN WOO
Con CHOW YUN-FAT, LESLIE CHEUNG, Ti Lung, Lee Tse Ho.
NOIR
Titolo di culto per molti recensori sotto i cinquant'anni, "A better tomorrow" fece conoscere il nome di John Woo alla stampa internazionale e avviò una serie articolata in tre capitoli.Noir in salsa orientale, ovviamente , con numerosi scontri al calor bianco, il film diretto da Woo è piuttosto penalizzato da un'edizione italiana assai mediocre, che ne smorza un pò la piacevolezza della trama e del ritmo narrativo conferitogli dal regista di "Face/off".Punte di violenza non manano, ma non si scade mai nel truculento, sparatorie veloci e repentine , confronti risolti con il piombo, "A better tomorrow" tradisce però una certa databilità per l'allestimento ( soprattutto le musiche), inchiodando il film come figlio imprenscindibile degli anni Ottanta. Venti e passa stagioni fa poteva sembrare un gioiello di modernità, però se messo a confronto, "Vivere e morire a Los Angeles" più o meno della stessa stagione, è una sorta di manuale dell'action movie le cui pagine non sanno ingiallire....

venerdì 5 dicembre 2008

VERTICAL LIMIT ( Vertical limit, USA 2001)
DI MARTIN CAMPBELL
Con CHRIS O'DONNELL, ROBIN TUNNEY, Scott Glenn, Bill Paxton.
AVVENTURA

Di solito Martin Campbell realizza film d'intrattenimento di buon livello spettacolare e molto decorosi a livello qualitativo:"Vertical limit" è un carosello di inverosimiglianze, tra personaggi che non devono arrivare ai titoli di coda come se l'avessero stampato sulla fronte, e vaghi e goffi tentativi di lirismo, qualche ripresa tecnicamente eccellente non basta comunque a riequilibrare la pochezza della trama.La montagna, con il suo fascino e i suoi pericoli è da sempre un caposaldo classico del cinema d'avventura, a cominciare dal film con Spencer Tracy così chiamato( "La montagna", appunto):questo action-movie, con rocciatori che saltano come grilli da una cima all'altra offre ogni tanto il fianco al ridicolo, ed è tutto sommato un costoso giocattolone inoffensivo.

giovedì 4 dicembre 2008

NESSUNA VERITA' ( Body of lies, USA 2008)
DI RIDLEY SCOTT
Con LEONARDO DI CAPRIO, RUSSELL CROWE, Mark Strong, Golshifteh Farahani.
DRAMMATICO/AZIONE
Dalla fine degli anni Novanta Ridley Scott si è messo a lavorare con frenesia, girando in otto stagioni otto film, un episodio di un progetto corale sui disagi dell'infanzia nel mondo, e ritoccando la riedizione definitiva di "Blade Runner": a settantun anni l'autore di "Alien" sembra voler puntare all'Oscar da sempre negatogli, a parte un paio di nominations, anche se si sa che l'Academy difficilmente è equa e premia il film "giusto" di un regista importante. Per la quarta volta ingaggiato Russell Crowe ( e la quinta sarà "Nottingham", rilettura della leggenda di Robin Hood dalla parte dello sceriffo cattivo, in uscita in USA a novembre 2009) e per la prima Di Caprio, Scott ha girato un thriller drammatico con corpose scene d'azione, su due dipendenti della CIA, uno a dettare gli ordini, anche i più spietati, dall'ufficio e dal giardino di casa, l'altro a tentare di salvare la pelle tra una missione segreta e l'altra. A differenza delle avventure di 007( e comunque dall'avvento di Craig l'aria è cambiata sensibilmente), le spie qui fanno un lavoro sporco, giocano di bluff, sono responsabili di uccisioni e stragi, e addirittura ordiscono falsi attentati utilizzando cadaveri prelevati negli obitori ( la scena che fa più riflettere dell'intera pellicola). Scott, si sa, è un virtuoso della ripresa, eil suo cinema, per chi ama la magia del grande schermo, non lascia indifferenti: su una sceneggiatura di buon livello ma con troppa prevedibilità per sorprendere durante il racconto, rimane un parziale dubbio se il film sia troppo ponderato e a tesi per essere un action, se sia troppo movimentato per essere interpretato come una riflessione su meccanismi enormi e distruttori come lo spionaggio di quest'era, con annessi tutti i pro e contro della tecnologia. Anarchico onesto, Scott ci aveva già detto con "Le crociate", e questo vada a suo merito, che la situazione in Medio Oriente se gli atteggiamenti di tutti non cambiano, il sangue continua a scorrere e ogni equilibrio raggiunto è inutile per la complessità e la conflittualità che fermentano tra le popolazioni: se DiCaprio esprime bene le ambiguità e il tormento del proprio personaggio, Crowe sembra meno in palla del solito, e comunque il suo ruolo poteva essere interpretato da un buon caratterista, senza scomodare una star così costosa.

mercoledì 3 dicembre 2008

NOTTE PRIMA DEGLI ESAMI-OGGI ( I, 2007)
DI FAUSTO BRIZZI
Con NICOLAS VAPORIDIS, Carolina Crescentini, Giorgio Panariello, Serena Autieri.
COMMEDIA
Dopo l'inaspettato successone di "Notte prima degli esami", atto primo in Italia della rievocazione degli anni Ottanta ecco pronto il sequel che attualizza ai giorni del Mondiale di calcio 2006 i personaggi visti nel precedente film di Brizzi, sostituendo Giorgio Faletti professore canaglione con Giorgio Panariello padre immaturo e fedifrago. Il seguito, che lancia un nuovo modello di modo di bissare un successo, è, se si deve essere onesti, meglio di "Notte prima degli esami", che era tra il fastidioso e lo stucchevole, ambientato malamente vent'anni prima con la logica ruffianissima delle canzoni d'epoca a cementare maldestramente l'operazione. Perlomeno, per quanto abbia la sua buona parte d'insulsaggine, questa commediola gracile ma non offensiva attinge dalle marachelle dei ragazzoni di "American pie", in versione molto più soft, il cast risulta più affiatato ( confermo che alcuni personaggi tutto sono fuorchè simpatici, vedi i due amici del protagonista), Panariello in vena di mezzi toni funziona meglio di Faletti, e qualche raro sorriso affiora. Certo, se questa è la commedia all'italiana di successo di questi anni, che bel lascito ai posteri....