lunedì 30 novembre 2009

COMPLOTTO DI FAMIGLIA ( Family plot, USA 1976)
DI ALFRED HITCHCOCK
Con BARBARA HARRIS, BRUCE DERN, Karen Black, William Devane.
GIALLO/COMMEDIA
Ultimo film per Alfred Hitchcock, che perì poco dopo: negli ultimi anni spesso la critica aveva storto il naso o confessato una certa perplessità sugli ultimi lavori del maestro del thriller, vedi l'atteggiamento circa "Il sipario strappato" e "Topaz", soprattutto. Anche su "Complotto di famiglia" ci furono tiepidi entusiasmi, però il film, una commedia gialla meno violenta del precedente "Frenzy" che si chiude sui cattivi gabbati ma non uccisi è piacevole e conferma in alcuni passaggi la mano autoriale di un grande del cinema. La sequenza della macchina impazzita per via dei freni rotti è un brano emozionante, quasi incredibile data l'avanzata età del regista, e il confronto tra i truffaldini ma simpatici Harris e Dern e i diabolici Black e Devane è portato avanti con sapienza: forse c'è qualche strizzata d'occhio di troppo alla platea con le musiche un pò troppo rassicuranti di John Williams e un tono generale che ricorda qua e là certe commedie gialle della Disney (ma ci sono troppi morti qui per fare paragoni). Il capitolo conclusivo di una filmografia straordinaria è un divertissement godibile, non eccelso ma che, anche con un soggetto che non prevede particolari letture psicologiche o altro, rivela quel qualcosa in più che solo i geni possiedono, come un uovo al tegamino preparato da un grande chef.

KILLSHOT (Killshot, USA 2008)
DI JOHN MADDEN
Con MICKEY ROURKE, DIANE LANE, Thomas Jane, Joseph-Gordon Levitt.
THRILLER/AZIONE
Rimasto in un limbo distributivo per un anno, ritirato fuori da una probabile uscita diretta in dvd grazie al clamore suscitato dalla prova quasi da Oscar di Mickey Rourke in "The wrestler", è uscito comunque abbastanza in sordina in estate "Killshot",da Elmore Leonard. Come al solito i personaggi nati dallo scrittore, sono più complessi della media di quelli proposti dai thriller, hanno sfaccettature tra il bianco ed il nero, e gli intrecci non sono mai lineari. Reduce da una fase artisticamente abbastanza disastrosa dopo gli Oscar di "Shakespeare in love", John Madden confeziona qui un film con diversi nomi maiuscoli nel cast, compresa una Rosario Dawson curiosamente confinata in un ruolo marginale (ma la sensazione finale è che la pellicola abbia subito dei rimaneggiamenti al montaggio, quindi può darsi che avesse più "parte"),imbastendo una crime story che si dipana tra un killer serafico e conscio del suo ruolo negativo, un tirapiedi garrulo e stupido, una coppia di bell'aspetto e slegata che fatica a ritornare insieme. Oltretutto sulla vicenda,che diviene via via sempre più violenta, aleggia il sarcasmo di Leonard che collega bene l'insieme. Forse un film che meritava più attenzione, comunque migliore di tanti prodotti d'azione tutti scoppi e crivellar di armi da fuoco senza concatenazione logica, e continua la rimonta artistica di Rourke, che presenta il personaggio più denso tra attori comunque molto funzionali.

sabato 28 novembre 2009

ORPHAN ( Orphan, USA/CAN 2009)
DI JAUME COLLET-SERRA
Con VERA FARMIGA, ISABELLE FUHRMAN, Peter Sarsgaard, Cch Pounder.
THRILLER

Si sa, immettere l'elemento infantile in un thriller od un horror mette sempre più paura: e quando il Male è rappresentato da un bambino a molti vengono i brividi. La coppia benestante formata da Vera Farmiga e Peter Sarsgaard ha due figli, di cui la più piccola è sordomuta, e ha subito il trauma di una terzogenita nata morta: dopo vari problemi di tenuta familiare, i due adottano una bimba orfana che proviene dalla Russia, ma una volta entrata in casa la ragazzina, cominciano strani e allarmanti episodi, via via più sconcertanti e pericolosi... "Orphan", di Jaume Collet-Serra è un thriller incalzante,che si apre su una visione onirica già piuttosto tesa, e serve il suo crescendo di emozioni con sapiente calibratura: peccato che il finale un pò prevedibile intacchi il buon lavoro fatto fino ad allora, ma va detto che il film sa spaventare lo spettatore a più riprese. Facendo due conti e ragionando su un paio di scene e dialoghi, forse è possibile arrivare alla verità prima che lo schermo ce la mostri, ma il nocciolo del soggetto è accuratamente elaborato e ben congegnato. Vera Farmiga, già apprezzata in "The departed", sorregge bene la concentrica e diabolica macchinazione che la crudele figlia adottiva escogita per il suo personaggio, continua a convincermi poco Peter Sargaard nel ruolo del marito che sembra non accorgersi di niente o sottostimare il pericolo, ma è anche il carattere reso peggio dalla scenegiatura:bravissima Isabelle Fuhrman che interpreta la scena più agghiacciante, quella in cui la verità emerge, con notevole intensità d'attrice.

venerdì 27 novembre 2009

THE TWILIGHT SAGA:NEW MOON ( New moon, AUS 2009)
DI CHRIS WEITZ
Con KRISTEN STEWART, Taylor Lautner, Robert Pattinson, Billy Burke.
FANTASTICO/SENTIMENTALE
Ci sono successi cinematografici che esplodono al di là di ogni previsione (il primo "Rambo",che uscì in fretta e furia a fine dicembre '82 e divenne un caso) e altri costruiti a tavolino solleticando le frange di spettatori cui il film è rivolto, soprattutto nel caso di pellicole per giovanissimi:ricordo ancora le figurine di "Flashdance" che impazzavano sui diari delle compagne di scuola nell'autunno del 1983, e il conseguente successone della pellicola con Jennifer Beals che tra l'altro si impose come maggior incasso assoluto della stagione. La saga di "Twilight" è appunto un lavoro di merchandising al cubo: come vendere cianfrusaglie per pezzi di valore, coadiuvati da un bizzarro sfarfallare dei media, soprattutto le riviste, per creare curiosità ed attesa su una serie che, oltre a non presentare niente di particolarmente originale ( signori miei, "Guerre stellari" è un universo vero e proprio, anche se le desinenze sono molteplici).Ad essere onesti, "New moon" è appena meglio di "Twilight", perlomeno c'è un'ombra di regia, di capacità di inquadrature, e gli effetti speciali, pur niente di che, rimediano a quelli da fiction di scarso livello del primo film: ma, al di là del gonfiamento di una storia che sarebbe risolvibile in un'ora e mezza scarsa e invece viene protratta in quattro capitoli, e della pochezza interpretativa di attori da verificare fuori da questo contesti, sia concessa una perplessità consistente sulla proposta di un'eroina che a piè sospinto sostiene di non essere interessata a vivere, che cerca di morire o ritrovarsi in situazioni a forte rischio per sentirsi viva. Visto che il target sono appunto adolescenti, non pare nè molto sensato nè educativo:e che dire della scena, ambientata a Volterra, in cui la stessa Bella lascia andare al macello una schiera di ignare vittime nella più completa indifferenza? Se questi sono i modelli da proporre, complimenti davvero a chi sfrutta il romanticismo molto d'accatto della saga. Infine, a livello di cinema fantastico, non torna niente delle leggi vampiresche e licantropiche( anche qui, diventano lupi colossali, niente più, niente trasformazione o vago rapportarsi a forme umanoidi). Il tempo probabilmente affosserà l'ingiustificabile baraonda creata attorno a questa serie, e ne evidenzierà la pochezza:c'è da sperarlo.

CARTER (Get Carter, GB 1971)
DI MIKE HODGES
Con MICHAEL CAINE, John Osborne,Ian Hendry, Britt Ekland.
AZIONE
Ci fu un periodo a cavallo tra gli anni Sessanta e i primi Settanta in cui il film d'azione si coniugò spesso felicemente con sapori e coloriture tipici dell'hard boiled, sbloccando i limiti che pellicole di dieci anni prima avevano obbligatoriamente e rendendo in modo cinematograficamente notevole le parti più "dure" di tali ambientazioni e racconti. "Carter" è un noir di scuola britannica molto ben girato, che racconta, non senza black humour, una storia violenta, di un sicario che a pochi giorni dall'uccisione del proprio fratello, intraprende un'indagine personale che lo porterà ad individuare in vari personaggi attorno a sè mandanti ed esecutori del delitto:Hodges pedina un Michael Caine in gran spolvero, che seduce, picchia ed uccide (ma c'è un momento in cui rivela un'umanissima vulnerabilità) fino ad una resa dei conti definitiva in un'alba lattiginosa in riva al mare, con sorpresa finale annessa. Il film è piacevolissimo da seguire, fluido nel racconto e, a differenza di molti altri titoli di azione successivi, disegna un sottomondo senza scampo, in cui non si può sfuggire a logiche crudeli, e in cui la violenza viene pagata sempre con la violenza, ritorcendosi comunque contro chi la adopera. Molto meglio del remake di vent'anni dopo con Sylvester Stallone, che pure risultava un film divertente.

PALERMO -MILANO SOLO ANDATA ( I, 1996)
DI CLAUDIO FRAGASSO
Con RAOUL BOVA,GIANCARLO GIANNINI, Ricky Memphis, Valerio Mastandrea.
AZIONE/DRAMMATICO
Dopo più di dieci anni di successi negli ascolti televisivi, "La piovra" produsse anche un tipo diverso di cinema commerciale che tuttavia proponeva anche tematiche di drammatica attualità come la lotta alla mafia, come anni prima, ad esempio, ne era campione Damiano Damiani: "Palermo-Milano solo andata" ottenne discreti incassi e piacque generalmente a una buona fetta di pubblico. Sul modello dell' "Anabasi" che già ispirò l'hilliano "I guerrieri della notte", narra il viaggio dal Sud al Nord di una squadra di agenti di PS via via decimata da tradimenti ed imboscate per portare a deporre in tribunale un superteste che potrebbe risultare decisivo in un maxiprocesso. Dato che, appunto, ci troviamo alle prese con un cinema esplicitamente commerciale, e la firma di Fragasso non è esattamente tra le migliori del cinema italiano, certe grossolanità nel toccare problemi purtroppo annosi erano quasi prevedibili: anche se tutto sommato il film,inteso come pellicola d'azione, si fa guardare, difficile è giustificare alcuni personaggi definiti con l'accetta (Stefania Sandrelli in uno dei ruoli meno convincenti della sua bella carriera,meno male che compare poco) e alcuni dialoghi, quasi grotteschi per come sono messi insieme. Infine, alla faccia della comprensione per i problemi del Meridione:laggiù, secondo il film, chiunque è corrotto, ogni passo può essere fatale, a Milano si blocca il centro della città per l'onestà degli agenti che creano un gigantesco cordone di difesa della ormai sparuta squadra di tutori della legge venuti dal Sud....

mercoledì 25 novembre 2009

12 ROUNDS ( 12 rounds, USA 2009)
DI RENNY HARLIN
Con JOHN CENA, Aidan Gillen, Ashley Scott, Steve Harris.
AZIONE
Se Sylvester Stallone invecchia ma non molla (anzi, meglio ora che qualche anno fa), Schwarzenegger fa politica, e Chuck Norris è ormai fisso in tv e Bruce Willis e Mel Gigbson oramai sembrano non più interessati al genere, qualcuno dovrà pur mandare avanti l'action movie:anni fa dallo sport venne Brian Bosworth, ma fu un fuoco di paglia. Sembra invece che sull'ex-campione di wrestling John Cena le case produttrici sembrino intenzionate ad investire, giacchè è il secondo titolo da egli interpretato e questa volta affidato ad un professionista che spesso ha ottenuto buoni incassi come Renny Harlin. A parte la prevedibile considerazione sull'espressività molto limitata dello squadrato neoattore, "12 rounds" propone un gioco mortale a schemi non nuovo, ad esempio già visto nel terzo "Die hard" e altri ancora:le spacconate del buono contro un cattivo maligno che uccide la gente come masticasse chewingum, compreso un salto da un elicottero in volo in una piscina in cima ad un grattacielo sono da preventivarsi, conoscendo la tendenza a chi la spara più grossa in questo tipo di film, ma sia il montaggio nevrastenico che la regia imprime alla pellicola,forse anche per ovviare appunto alle non proprio straordinarie doti recitative del protagonista che una forte prevedibilità del soggetto portano lo spettatore ad aspettare sonnacchiosamente l'inevitabile vittoria finale dell'eroe.

GLI AMMUTINATI DEL BOUNTY ( Mutiny on the Bounty, USA 1962)
DI LEWIS MILESTONE
Con MARLON BRANDO, Trevor Howard, Richard Harris, Hugh Griffith.
DRAMMATICO/AVVENTURA

Versione numero due, o tre se si considera anche quella girata agli albori del cinematografo, del dramma sull'ammutinamento della nave Bounty guidato dall'ufficiale Fletcher Christian contro i soprusi alimentati dalla rigidità marziale del comandante Bligh, e penultima per ora, "Gli ammutinati del Bounty" di Lewis Milestone ottenne buoni incassi ma non riprese i costi:ci furono screzi sul set, molto alimentati dalla dimensione carismatica (e quindi inclusi anhe capricci di un certo peso) di Brando, che fece di tutto per sostituire il regista scelto, via Carol Reed e dentro Milestone, e pure con Richard Harris i rapporti non furono esattamente idilliaci, visto che si dice che l'interprete britannico volle girare la scena finale senza che la star hollywoodiana fosse presente. Il film ha una spettacolarità robusta, splendida la fotografia, e narra con buona ambientazione storica i fatti:semmai si dilunga fin troppo, raggiungendo un minutaggio di tre ore non del tutto giustificate.Lo spettacolo c'è, ma rimane un'operazione non troppo coinvolgente:degli interpreti, Marlon è al solito un istrione di gran classe, ma si avverte spesso del mestiere nella sua prova.Meglio, qui, l'ottusa secchezza di Trevor Howard nei panni del crudele Bligh,e la ruvida schiettezza di Harris.

martedì 24 novembre 2009

IMMAGINA CHE ( Imagine that, USA 2009)
DI KAREY KIRPATRICK
Con EDDIE MURPHY, Thomas Haden Church, Nicole Ari Parker, Catherine McGoohan.
COMMEDIA
Gran cosa l'immaginazione, e meno male che nei bambini ancora vibra forte (a volte anche negli adulti, ma sono troppe le distrazioni...): curioso il rapportare dei propri exploit del manager non ancora del tutto affermato Evan Danielson ai giochi della figlia piccola con una coperta non di Linus ma cui la bambina è paragonabilmente attaccata che coinvolge il padre in visioni di draghi e fate le quali, tradotte in indicazioni finanziarie,spingono l'uomo al successo. Da uno dei registi del cartoon "La gang del bosco", una commedia per famiglie che ha alcune canzoni beatlesiane sia come base della colonna sonora ma anche come cruciali snodi per il racconto: Murphy,sempre più a suo agio con questo tipo di film brillanti leggeri e a forte rischio di evanescenza si impegna, e la sfida con il rivale Thomas Haden Church che millanta ispirazioni dai propri avi pellerossa ha qualche buon momento. Ma se è apprezzabile la scelta di sceneggiatura e regia di non figurare letteralmente quel che la bambina dice di vedere (in un immaginario in cui sembra obbligatorio dare forma alle cose, è buona cosa invece questa), il film è troppo lezioso per gli adulti, e non abbastanza vivace per i piccoli:il risultato sta a metà, come un piatto cucinato osservando le regole ma senza ispirazione infusa, niente di particolarmente appetibile.

lunedì 23 novembre 2009

PIEDONE L'AFRICANO ( I,1978)
DI STENO
Con BUD SPENCER, Enzo Cannavale,Baldwyn Dakile, Dagmar Lassander.
COMMEDIA/AZIONE

Capitolo numero tre dei casi turbolenti del commissario Rizzo,più conosciuto come Piedone, e dopo Hong Kong trasferta africana dietro ad un traffico di diamanti via la ricerca degli assassini di un collega freddato a Napoli. Steno ritorna a collaborare con Bud Spencer, e se già nel secondo episodio il target era spostato verso un pubblico infantile, ciò viene confermato,dando spazio al piccolo e buffo figlioletto del collega da vendicare:coadiuvato da un Enzo Cannavale in forma,che fa da spalla comica alle scazzottate del grosso uomo della legge, Bud si conferma un burbero assolutamente non razzista e adatto a divenire idolo delle schiere di piccoli spettatori. Lontano dal prototipo del primo "Piedone lo sbirro", che sia pure in una chiave quasi per tutti, aveva influenze del cinema d'azione italiano di quegli anni, è tuttavia un passatempo non spiacevole. Decimo incasso della stagione 77/78, a conferma dei favori riscontrati presso le platee.

domenica 22 novembre 2009

L'ORO DI MACKENNA (Mackenna's gold,USA 1969)

DI J.LEE THOMPSON

Con GREGORY PECK, OMAR SHARIF, Camilla Sparv, Telly Savalas.

WESTERN

Sul far del crepuscolo del periodo maggiormente classsico del più classico dei generi americani,uscì questa caccia al tesoro appunto in salsa western:diretta dall'abile J.Lee Thompson, l'avventura si dipana attraverso i grandi spazi desertici,le grotte insite nelle montagne, avventurieri di varia risma e pericolosità e pellirossa agguerriti, per cercare dell'oro cui accenna un vecchio indiano con il quale si scontra all'inizio del film il protagonista Mackenna. Il finale è la cosa migliore della pellicola,con lo scontro definitivo tra i due rivali Peck e Sharif , con annessa una cataclismatica sequenza di terremoto che strizza l'occhio al rampante (all'epoca naturalmente) genere catastrofico.Per il resto, nonostante appunto la mano esperta di Thompson e la potenzialità epica dei meravigliosi scenari, siamo alle prese con un western già un pò vecchiotto e molto di superficie:inoltre, piacevolmente curiose sono le apparizioni di attori importanti in piccoli ruoli, come Edward G.Robonson, Lee J.Cobb, Burgess Meredith. Ma il taglio del racconto, la descrizione dei caratteri e la dimensione western sono fuori tempo.


venerdì 20 novembre 2009

CACCIA SADICA (Figures in a landscape, GB 1971)
DI JOSEPH LOSEY
Con ROBERT SHAW,MALCOLM MCDOWELL, Henry Woolf,Christopher Malcolm.
DRAMMATICO Il titolo originale ha del pittorico, quello italiano è da film avventuroso: "Figures in a landscape" è un film che,nonostante mostri diverse scene di azione (è praticamente la cronaca della fuga di due uomini ammanettati probabilmente da un carcere,ma a conti fatti non se ne è proprio sicuri del tutto)è un lavoro molto teorico, metaforico. Joseph Losey pone questioni, senza in realtà che appaia definitamente, sulla Libertà, su un Sistema senza parole, opprimente:i due protagonisti sono un omicida e uno stupratore, e infatti al confronto finale con i loro inseguitori avranno atteggiamenti diversi e decisivi per la loro sorte. Che sia un bagnasciuga al tramonto,un fitto crescere di alberi boschivo,l'impervio lato ciottoloso di una montagna, le nevi intonse di un'altura, i due uomini in fuga sono molto poco raccomandabili sia per affidabilità che per morale, eppure sprigionano un anelito sincero verso un luogo dove possano vivere o liberarsi dall'onnipresente elicottero che li incalza. Shaw e McDowell, distantissimi tra loro sia per fisionomia che per stile recitativo, sono ottimi entrambi, e il finale è coerente con l'idea che via via lo spettatore si fa mentre il film scorre dei loro personaggi. Oggi non molto conosciuto, un film molto più intellettuale di quanto sia intuibile nelle premesse.

martedì 17 novembre 2009

PER FAVORE,NON MORDERMI SUL COLLO!
( The fearless vampire killers, USA 1968)
DI ROMAN POLANSKI
Con ROMAN POLANSKI,JACK MCGOWRAN, Sharon Tate, Alfie Mills.
COMMEDIA

"Per favore non mordermi sul collo" è ritenuto uno dei capostipiti della parodia dell'horror, e anzi in burla sono messi più che altro gli intrepidi combattenti contro il Male alla Van Helsing: a contrastare (per modo di dire...) la comunità vampiresca che affolla il castello del conte Von Kroloc, algida versione di Dracula visto da Polanski sono un professore che più che altro sembra imprigionato nella teoria,perchè all'atto pratico non compiccia niente, e il suo assistente inetto, che si innamora di una bellissima ragazza tosto portata via dal malvagio non-morto. Ad essere sinceri, di "Per favore non..." mi colpisce l'allestimento scenografico, che trasporta in una dimensione fiabesca e fascinosa, il gran ballo macabro con l'orda di vampiri pronti a concedersi un festino a base dei loro cacciatori e certe sequenza che sanno di cartoon,vedi la fuga di Alfred/Polanski dal vampiro biondo che lo riporta esattamente al punto di partenza. Come impaginazione, costruzione delle sequenze è un film riuscito:però, e già ebbi la stessa sensazione quando lo vidi la prima volta oltre vent'anni fa, non ci rido più di tanto, non ne colgo l'essenza comica che invece in "Frankenstein junior", ad ogni visione, mi affascina e mi porta dentro il gioco della parodia. Bravissimo Polanski anche davanti alla macchina da presa,e splendida Sharon Tate come fiamma a riscaldare il gelo transilvano.
GLI ULTIMI GIGANTI ( The last hard men, USA 1975)
DI ANDREW V.MCLAGLEN
Con CHARLTON HESTON, JAMES COBURN, Barbara Hershey, Christopher Mitchum.
WESTERN Il crepuscolo della prima lunga fase del western era già in atto, e "Gli ultimi giganti", ne è un tipico esempio: vuoi anche per l'influenza di Leone e Peckinpah (qui molto di più il secondo) sul genere, inizialmente il film sembra venato di commedia, per incrudelirsi assai successivamente, fino a una resa dei conti particolarmente sanguinaria tra i due nemici Heston e Coburn. Storia di una vendetta a lungo attesa da parte del bandito James Coburn sul maturo sceriffo Charlton Heston, che comunque sente di avere delle colpe nei riguardi dell'altro, "The last hard men" non dice granchè di nuovo all'interno del genere, ma può contare su un buon cast (anche se il protagonista di "Giù la testa" qui non è del tutto in palla) e un finale comunque in crescendo. D'altronde McLaglen non è mai stato gran cosa, al limite un professionista comunque proiettato alla reazione,e questo affiora in quasi tutti i suoi film,che sono girati con mestiere, ma difficile che soddisfino pienamente o si facciano ricordare.
PIANURA ROSSA (The purple plain , GB 1954)
DI ROBERT PARRISH
Con GREGORY PECK, Win Min Tahn, Maurice Denham, Bernard Lee.
DRAMMATICO
Venuto dal montaggio, Robert Parrish girò poco più di una decina di film, di cui i più famosi sono probabilmente "Lo sperone insanguinato" con Robert Taylor, e "Fuoco nella stiva" con un curioso triangolo amoroso tra Rita Hayworth, Robert Mitchum e Jack Lemmon. "Pianura rossa" è un film di guerra molto relativamente, perchè battaglie e scene belliche in generale non ve ne sono, se si fa eccezione per la sequenza dell'aereo che precipita con sopra il protagonista:è un film molto classico nell'impostazione, ben fotografato, che non pare proprio a favore della guerra, se non proprio pacifista. Ad una prima parte che illustra la situazione del medico traumatizzato dalla morte della moglie nei bombardamenti su Londra , il suo lento riemergere alla vita anche grazie all'incontro con una graziosa birmana (il film è ambientato appunto a Burma), ne segue una più avventurosa,in cui il protagonista appunto incappa in un incidente aereo e precipita con altri due uomini in territorio nemico. L'interpretazione di Peck, definita legnosa da alcuni, al contrario è efficace e rende molto bene (specie in originale) le fragilità e il malessere del personaggio principale, e il suo conflitto psicologico è ben definito dalla sceneggiatura. Non un capolavoro,ma uno di quei film molto ben fatti, dei quali la visione è gustosa anche a distanza di molti anni dalla realizzazione.

lunedì 16 novembre 2009

MORTE DI UN PROFESSORE ( Unman,Whittering and Zigo, GB 1972)
DI JOHN MACKENZIE
Con DAVID HEMMINGS, Carolyn Seymour, Douglas Wilmer.
DRAMMATICO

Coprodotto dal protagonista David Hemmings, questo film di John Mackenzie è considerato quasi scomparso e a modo suo fu un cult-movie: dal regista che più avanti girò tra gli altri "Il console onorario" e "Quarto protocollo", un dramma ambientato nella plumbea luce inglese all'interno di una scuola superiore i cui alunni, con giacchetta e cravatta d'ordinanza, hanno probabilmente responsabilità dirette nella morte di un loro docente, precipitato giù da una scogliera. Magari all'epoca della sua uscita,a quattro anni dall'ondata lunga sessantottina, il copione poteva presentare un'insita critica ai moti ribelli giovanili, visto trent'anni dopo, "Morte di un professore" è un discreto film drammatico che da un lato riecheggia temi già affrontati ne "Il seme della violenza" e altri titoli similari, dall'altro insinua una sorta di entità che rende la classe dello sventurato professore una sorta di cellula che agisce all'unisono. E in questo è il meglio della pellicola, che evita una soluzione vendicativa come di solito capita in questo tipo di storie, ma si fa quasi racconto horror nel descrivere la progressiva "adattibilità" dell'insegnante alla violenza dei suoi studenti che si traduce in indifferenza nell'imposizione delle "regole" del branco. La critica verso la tipica austerità britannica nelle istituzioni è chiara nel finale che lascia immutata la tragica situazione dell'inizio.

domenica 15 novembre 2009

ANNO UNO ( Year One, USA 2009)
DI HAROLD RAMIS
Con JACK BLACK, MICHAEL CERA, Olivia Wilde, Oliver Platt.
COMMEDIA
Un vizio tipico della stampa di settore, è quello di indicare un attore/attrice emergente come "il nuovo Brando", "il nuovo James Dean",eccetera. Al di là della considerazione che i suddetti, ma anche la Cardinale, De Niro e tanti altri se non fossero stati soprattutto se stessi e con una personalità a se stante non sarebbero diventati miti del cinema, Jack Black, già bollato come il "nuovo John Belushi" rischia di non diventare cosa da ricordare se non si mette in testa di scegliersi copioni e ruoli adatti ad un talento che comunque c'è. "Anno uno" vorrebbe essere una parodia delle figure principali della Bibbia e insieme del cinema peplum:diretto da un irriconoscibile Harold Ramis, al punto più basso della carriera, il filmetto arranca tra volgarità di ogni tipo e tentativi flosci di suscitare un moto del viso che richiami un sorriso. Affiancato da uno spentissimo Michael Cera(va bene che è un personaggio passivo, ma sembra di cartongesso), rivelatosi in "Juno", Black viaggia troppo a briglia sciolta, vuol strafare e troppo spesso è sopra le righe inutilmente. Una commedia anche costosa,ma scritta male,senza ritmo nè estro, che si rivela un fallimento totale:e a livello di parodia,sugli stessi temi, meglio "La pazza storia del mondo", che pure non fu uno dei migliori lavori di Mel Brooks.

venerdì 13 novembre 2009

IL GIGLIO NERO ( The bad seed, USA 1956)
DI MERVIN LEROY
Con NANCY KELLY, PATTY MCCORMACK, Henry Jones, Eileen Eckhardt.
THRILLER/DRAMMATICO
Poco conosciuto ai più (a me lo hanno suggerito,onestamente non ne avevo mai sentito parlare), "Il giglio nero" , titolo italiano suggestivo e forse per una volta più centrato dell'originale "Il cattivo seme", è un thriller tratto da un dramma teatrale di Maxwell Anderson, a sua volta desunto da un romanzo di William March. L'impianto che proviene dal palcoscenico è avvertibile, dato che il film si svolge quasi completamente nella casa della madre e figlioletta protagoniste,tranne qualche scena e il finale: la bravura del regista Mervin LeRoy è avvertibile sia nel clima che via via si fa più fosco, che in quelle inquadrature, quei particolari un attimo prima e poi agghiaccianti ben supportate dalla colonna sonora. La mostruosità di una bambina con tanto di treccine e moine leziose che si rivela un omicida senza alcun rimorso è cosa difficile da reggere oggi,figuriamoci in un film di metà anni Cinquanta: e la smorzatura finale,che diminuisce purtroppo le potenzialità della storia, va letta in questo senso. Prova da grande attrice per Nancy Kelly, che esprime raffinatamente prima lo stupore,poi l'orrore e il tormento della sua situazione di genitrice di una creatura senza pietà e capace di uccidere per un capriccio infantile chiunque la disturbi:non è da meno però il "piccolo mostro" Patty McCormack con gli attacchi improvvisi di isteria e la fredda crudeltà che le screzia il viso di bambina. Un film molto inquietante,che andrebbe riscoperto.

NELLA TANA DEL SERPENTE ( Chains of gold, USA 199)
DI ROD HOLCOMB
Con JOHN TRAVOLTA, Marilu Henner, Joey Lawrence, Hector Helizondo.
DRAMMATICO/AZIONE

Appena rinato con il successone (un pò a sorpresa) di "Senti chi parla", John Travolta girò una manciata di film di scarso riscontro commerciale, tra cui questo "Nella tana del serpente":diretto da un regista da noi giunto praticamente solo attraverso il video, spesso a contatto con temi anche seri ma trattati probabilmente con grossolanità, ed è appunto questo il limite principale di una pellicola che nella prima parte tocca un tema scottante come i giovanissimi sfruttati come manovalanza dal traffico di droga. L'assistente sociale Scott, con un passato di alcolista e il dramma di un figlio rimasto ucciso in un incidente di cui si addossa la colpa si incaponisce nel voler tirare fuori dalle peste un tredicenne coinvolto nel gioco mortale delle gangs, e rischia grosso contro tutto e tutti:Travolta ci mette impegno, ma la seconda parte banalizza il tutto e diviene un film d'azione alla Steven Seagal, cosa abbastanza impropria per affrontare seriamente una tematica bisognosa di ben altro punto di vista.

giovedì 12 novembre 2009

LO STRANIERO SENZA NOME ( High plains drifter, USA 1973)
DI CLINT EASTWOOD
Con CLINT EASTWOOD, Verna Bloom, Marianna Hill, Mitch Ryan.
WESTERN

In una cittadina del West di non moltissime anime (e neanche troppo candide), giunge uno sconosciuto, che elude sempre la classica domanda "Qual'è il tuo nome?", e ha ricordi di una notte tragica che lo tormentano la notte: alcuni banditi che lo massacrano a frustate davanti alla popolazione della piccola città,senza che nessuno, o quasi, muova un dito per fermare lo scempio. Eastwood, al terzo film da regista, ed al primo western diretto, presenta uno dei temi che ricorreranno nella sua cinematografia di autore ed interprete:uno straniero proveniente da un orizzonte lontano che torna a percuotere le coscienze sporche di delinquenti ed inerti consenzienti, per imporre una Giustizia alla quale non si sfugge. Pastoso nell'amministrazione di un ritmo mai veloce, ma personale e fluido a modo suo, "Lo straniero senza nome" è un buon western d'annata , con delle ambiguità ruvide (il protagonista seduce una delle "colpevoli" in maniera da farlo sembrare un semistupro) ed un finale intelligente che svela il mistero che permea l'identità del vendicatore misterioso, nell'ultimissima sequenza.

martedì 10 novembre 2009

OUTLANDER-L'ultimo vichingo (Outlander, USA 2008)
DI HOWARD MCCAIN
Con JAMES CAVIEZEL, Sophya Miles, Jack Huston, John Hurt.
FANTASCIENZA/AVVENTURA
Uscito da noi come riempitivo per l'estate qualche mese fa, "Outlander" è un dichiaratissimo film di genere che ripropone le violente gesta delle popolazioni nordiche antiche (anche se i vichinghi qui, a dispetto del sottotitolo italiano c'entrano relativamente,perchè la comunità incontrata dal protagonista è in gran parte cristiana) includendo il tema di una creatura aliena potente e quasi invincibile, portata sventuratamente da un viaggiatore interstellare nel precipitare del suo velivolo spaziale. Il film, che ha ricevuto diverse recensioni poco positive, non porta granchè di nuovo ai cloni di "Alien" e "Predator" molte volte proposti dal grande schermo:e probabilmente il tema dei due cacciatori extraterrestri, quello dalle fattezze umane e il mostro( un sauro luminescente di una certa proporzione, più o meno), ognuno dei due con le proprie colpe a distruggere l'esistenza dell'altro risultava infine più interessante della già vista comunità semibarbara che nelle prove di forza trova la massima espressione. Però il film ha una fluidità narrativa che avvince, una spettacolarità non di basso livello, e una certa attenzione alla parte tecnica, ad esempio un'ottima fotografia. Cruento nelle scene di scontro con la Creatura, il film di McCain cerca, nonostante i molti rischi di risaputo, perlomeno una correttezza formale e di intrattenimento fantastico-avventuroso dignitosi.
TAMBURI LONTANI (Distant drums, USA 1951)
DI RAOUL WALSH
Con GARY COOPER, Mari Aldon, Richard Webb, Arthur Hunnicutt.
AVVENTURA
Avete presente i classici dell'avventura in letteratura, con il loro spirito immaginifico, il gusto per l'emozione da vivere, la sensazione di visitare luoghi fantastici e forse destinati a rimanere lontani? "Tamburi lontani" di Raoul Walsh è un lungometraggio che è impregnato di tale particolare fascino, memore di una cultura dell'impresa arrembante unita ad una visione densa di curiosità del mondo.C'è Stevenson, Fenimore Cooper, Melville e Verne nella sceneggiatura e nella regia, l'aura di un personaggio leggendario fin da prima del suo ingresso in scena, un bianco che ha scelto di vivere "fuori" dalla normale società , con un carico di dolore nel proprio passato e un'umana vulnerabilità nel suo affetto per il proprio bimbo a cui tornare per proteggerlo. Le paludi abitate dai voraci coccodrilli, gli scontri all'arma bianca, il duello subacqueo (a proposito:che qualità le immagini sott'acqua,per un film del 1951!), e la decisione di affrontare una volta per tutte il nemico, dopo una fuga infinita sono tra gli ingredienti di questo film da manuale del genere avventuroso,con Gary Cooper impegnato in una delle sue interpretazioni più belle.

THE GOOD SHEPHERD-L'ombra del potere (The good shepherd, USA 2006)
DI ROBERT DE NIRO
Con MATT DAMON, Angelina Jolie, Robert DeNiro, WilliamHurt.
DRAMMATICO

Seconda prova da regista per Robert De Niro a tredici anni dal primo passaggio dietro la macchina da presa, per un lavoro che avrebbe dovuto iniziare a comporre una trilogia sulla Cia, ma a giudicare dai non sfolgoranti incassi raccolti, probabilmente rimarrà un'opera singola : "The good shepherd" ( "Il buon pastore") parte a ritroso, dal fallimento della tentata invasione della Baia dei Porci a Cuba, nel 1961, giungendo agli inizi della Guerra Fredda,praticamente la prima fase del corso storico della Agency, prendendo come punto di vista il racconto dell'esperienza di Edward Wilson,personaggio fittizio ma ispirato,ovviamente ad alcuni realmente esistiti tra i primi uomini di potere all'interno dell'istituzione. Le spalle incurvate, un cappello calcato sulla testa sempre alla medesima altezza, gli occhi avviati a un distacco sempre meno emotivo, il Wilson dipinto da De Niro, è un "uomo grigio" che accetta compromessi al sangue, eliminazioni fisiche, slealtà varie e ricatti internazionali per tutelare gli interessi del suo paese, tramite l'operato suo e dei suoi colleghi. Lo zampino di Coppola, tra i produttori della pellicola, si nota nell'allestimento di "The good shepherd", ma il film, che soffre un eccesso di durata di perlomeno venti minuti, tradisce un'ambizione coppoliana senza arrivare a possedere la forza tragica delle opere migliori dell'autore de "Il padrino". Sia chiaro, è un buon film questo, ma più interessante che bello, e trova soprattutto nella seconda parte una chiave tra suspence e dramma etico che rialza non di poco le sue quotazioni, come positiva è la sottolineatura di un'assurda ferocia clandestina per mantenere uno status che permettesse agli alti funzionari di fare le loro belle cene e i loro giulivi coretti, in cambio della pelle di qualche oscuro sospetto di doppio gioco o puro disgraziato. Del cast, molto ben diretto, è giusto dir bene: forse, il migliore, ma di poco, è William Hurt, corpulento e corrottissimo.


THE INFORMANT! ( The informant!, USA 2009)
DI STEVEN SODERBERGH
Con MATT DAMON, Scott Bakula, Melanie Lynskey, Patton Oswalt.
COMMEDIA
Uno dei "non allineati" del cinema hollywoodiano è Steven Soderbergh, che realizza pellicole con divi famosi capaci di scalare i botteghini mondiali e altri progetti, sempre con nomi di grido, però dichiaratamente meno commerciali e destinati quasi sicuramente a conoscere maggiori allori dai recensori che dal pubblico. "The informant!", che vede rinnovare la collaborazione dell'autore con Matt Damon, è esplicitamente ascrivibile alla seconda categoria, una satira politico-sociale meno esclamativa, netta di quella di Michael Moore, ma che illumina i giochi di potere delle più potenti aziende per sfruttare il mercato e quindi i consumatori. Il personaggio di Damon, un ometto poco significante, convinto fino al midollo di essere nel giusto("io sono quello con il cappello bianco,gli altri sono con il cappello nero") e capace di avviare una falsa cospirazione e mettere nel sacco sia l'azienda nella quale ha un ruolo di spicco, che gli agenti dell'FBI che vorrebbero smascherare i giochi sporchi della stessa ditta:oltretutto, il gioco di menzogne abilmente manipolate dal protagonista gli procacciano una decina di milioni di dollari (anzi,forse oltre undici,ma non lo ricorda nemmeno lui esattamente...). Soderbergh sottolinea che nel mondo folle dell'alta finanza un cazzaro che è al posto giusto e nel momento giusto può generare soldi strappati allo Stato, e che le multinazionali operano in tal senso al fine di vivere su una speculazione perenne:c'è qualche lentezza nel racconto, ma il messaggio arriva sonoro e ben scandito. Molto buona la performance di Matt Damon ,disfatto e nevrotico, ma non gli è da meno Scott Bakula nel ruolo dell'agente federale tradito dall'informatore.

sabato 7 novembre 2009

KRULL (Krull, USA 1983)
DI PETER YATES
Con KEN MARSHALL,Lysette Anthony, Freddie Jones,Liam Neeson.
FANTASTICO/AVVENTURA
Nei primi anni Ottanta, il cinema britannico ebbe un momento di rilancio molto intenso, e anche dal punto di vista commerciale, allo strapotere americano circa il cinema di fantascienza. forte dell'apporto di tecnici validi e degli studi Pinewood,utilizzati spesso anche dagli statunitensi:"Krull", che oggi viene considerato un b-movie, in realtà era un progetto su cui poggiavano diverse speranze di introiti, fu tra i primi film a generare un videogame parallelo, e le maestranze, oltre che Yates alla regia, fanno notare un impegno non da poco per eguagliare i fasti di "Guerre stellari" e "Star Trek", cui chiaramente si ispirano effetti speciali e racconto. E invece fu un fiasco. La struttura del racconto è quella della fiaba, la Bella rapita da un Mostro chiuso in una Fortezza, e l'Eroe e i suoi bravi a riparo del torto subito e a caccia della sposa promessa:semplice negli schemi, ha il difetto di essere troppo lungo per divertire davvero. E' comunque una pellicola abbastanza ben fatta,considerando anche l'epoca in cui è stata realizzata:il limite maggiore sono però i riferimenti alla saga lucasiana,troppo evidenti, e come ogni copia, non può valere l'originale.

THE INTERNATIONAL (The international, USA/D 2009)
DI TOM TYWKER
Con CLIVE OWEN, NAOMI WATTS, Armin Mueller-Stahl, Jack McGee.
AZIONE/THRILLER
Annunciato come un thriller che univa denuncia ad emozioni, un pò come "I tre giorni del Condor", ambientato su vari scenari internazionali(tra l'altro, USA,Germania,Italia,Turchia), "The international" ha fatto parlare di sè anche per via della scena d'azione che si svolge nel museo Guggehneim, con ampia distruzione di opere d'arte e uccisioni varie. Diretto dal Tom Tywker che anni fa colpì la critica con "Lola corre", il film si rivela piuttosto statico nell'insieme, se si esclude la spettacolare sequenza sopra citata, grossolano nell'abbozzo della denuncia di una banca che in realtà foraggia traffico di armi e terrorismo internazionale:Owen, buon attore, spesso si fa ingaggiare in progetti fallaci come questo, e Naomi Watts ha un personaggio evanescente, quasi di alcun ruolo nella vicenda. Si aggiunga un finale tronco, che smorza definitivamente ogni relativo appassionarsi alla storia, con tanto di sicario italiano che, finito il lavoro, lancia una battuta in perfetto stile mafioso e con accento siciliano, tanto per ribadire il concetto "mafioso italiano baffi neri spaghetti e mandolino". Strombazzato ampiamente prima dell'uscita, si è rivelato un robusto flop:una volta visto, c'è da stupirsene?