lunedì 31 ottobre 2011

INSIDIOUS (Insidious,USA 2011)
DI JAMES WAN
con PATRICK WILSON,ROSE BYRNE,Lyn Shaye,Barbara Hershey.
HORROR

Con il film più celebre del regista James Wan,"Saw",questo suo nuovo "Insidious" ha in comune che dà il suo meglio nei minuti finali,per quanto non siano proprio imprevedibilissimi.Praticamente girato tutto in interni,descrive l'inquietante esperienza di una famigliola-tipo,con uno dei due figlioletti che cade in un misterioso coma sul quale i medici non hanno risposte,e apparizioni continue e sempre più spaventose nell'abitazione in cui da poco la famiglia si è trasferita:ma cambiare di nuovo alloggio non porterà a niente,perchè l'infestazione degli spettri non riguarda il luogo,ma una persona in particolare... Per buona parte della sua durata,"Insidious" non presenta novità nel genere,molte sequenze emanano un denso dejà-vu,e anche diversi colpi di scena sono abbastanza telefonati,in più circa le ragioni dell'invadenza delle presenze ultraterrene il soggetto è fin troppo elusivo e vago.Wan non ha grandi doti registiche,ormai è chiaro,ed il suo horror rientra nel filone delle possessioni senza destare grandi sorprese o lasciare tracce molto rilevanti.Naturalmente quando la minaccia sembra essere debellata,nella tradizione cinematografica del film dell'orrore DOC,a partire dagli anni Settanta in poi,l'ultima scena dice al pubblico che in realtà ci sono ancora molti motivi per spaventarsi:recitato in modo abbastanza piatto,ha solo Barbara Hershey nel breve ruolo della madre del protagonista come nome conosciuto,però lo spettro vestito di nero è un'immagine inquietante che infastidisce quanto serve.

lunedì 24 ottobre 2011

THIS MUST BE THE PLACE ( This must be the place,I/F/IRE 2011)
DI PAOLO SORRENTINO
Con SEAN PENN, Frances McDormand,Eve Hewnson,Judd Hirsch.
DRAMMATICO/COMMEDIA
Un trolley od un carrello per spesa trainato,i capelli sparatissimi ed il trucco pesante in faccia,Cheyenne è un rimasuglio benestante,di un'epoca lontana,ritiratosi dal palcoscenico e dalla vita reale,in un limbo dublinese in cui ogni anno è uguale ad un altro.Per il suo film internazionale,Paolo Sorrentino ha scelto come soggetto l'esilio volontario di una popstar,con sensi di colpa annessi (che forse ne hanno condizionato le scelte) ,ripiegato su se stesso in una ripetività senza alternative,al quale però la vita bussa di nuovo alla porta,riportandolo in America,dove il padre è passato a miglior vita.Ed un antico segreto riporta il protagonista a riaffacciarsi alle cose,perseguendo una vendetta fuori tempo massimo che risolverà a modo suo. "This must be the place" è l'evento del cinema italiano di questa stagione,la stampa sforna copertine con Sean Penn truccato in modo da richiamare Robert Smith dei Cure ed articoli entusiastici,con recensioni molto positive che sottolineano la forza del cinema sorrentiniano,che può valicare gli apparentemente impossibili confini della distribuzione nostrana,con raffronti con il cinema di Visconti e Bertolucci,al servizio dei quali star come DeNiro,Lancaster e Brando non si esimevano di mettersi. E spiace non sentirsi del tutto coinvolti in questa ondata di entusiasmo,ma il nuovo film di Sorrentino non mi ha esaltato,o perlomeno non mi è parso la grande opera che tutti incensano:ogni titolo è diverso dagli altri,vero,e Penn è bravissimo nella sua performance stranita,attonita,da outcast sepolto in se stesso. Però "This must be the place",con i suoi scenari d'America estesi e magniloquenti,i suoi frequenti preziosismi con la macchina da presa,il ripescaggio di due grandi caratteristi come Judd Hirsch e Harry Dean Stanton,assomiglia più ad un riuscito esercizio di regia che ad un film bello davvero. Sono migliori i momenti vari sparsi per il film,gli episodi e gli squarci degli incontri con chi continua a vivere da parte di Cheyenne che si è tirato indietro da tutto,che l'intero lungometraggio,spesso dispersivo ed un pò smarrito in un disegno che fatica a delinearsi del tutto. Certo,è cinema di serie A,ma non un film che colpisce come aveva fatto "Il divo",o "L'uomo in più",opere di impatto come questa,ma più a dimensione umana o rappresentative del grottesco senza perdere di vista il tratteggio dei personaggi.

giovedì 20 ottobre 2011

DRIVE ( Drive,USA 2011)
DI NICOLAS WINDING REFN
Con RYAN GOSLING,Carey Mulligan,Albert Brooks,Ron Perlman.
THRILLER/AZIONE
Vincitore del Gran Premio per la regia all'ultimo festival di Cannes,"Drive" è la terza regia arrivata da noi del danese Nicolas Winding Refn,contraddistintosi da subito per l'alto tasso di violenza presente nei film che dirige:noir ambientato a Los Angeles,ma più che altro a Hollywood,un posto in cui un uomo che si aggira sporco di sangue non attira l'attenzione di nessuno,è la storia di un giovane dotato di un talento alla guida come pochi che di giorno fa lo stuntman per il cinema,e di notte è l'autista numero 1 per le rapine,freddo e dotato di intuizioni geniali. Forte di una colonna sonora da urlo,il film dispiega il racconto con ritmo particolare,quasi lento,per la prima mezz'ora,ed innesca in seguito un crescendo di tensione ammirevole,con esplosioni di violenza,come si diceva,in alcuni momenti insostenibile,per stomaci molto forti. Non è forse un film da raccomandare a tutti candidamente,ma un cinefilo non se lo perda:potenza di immagini,grandissima proprietà nello scegliere le inquadrature da parte della regìa,caratteri-archetipi con la lezione sempiterna che il mondo del crimine non perdona chi viene meno alle sue regole.Ryan Gosling fornisce un'interpretazione superba,valga la scena dell'ascensore in cui passa dall'istinto di protezione verso l'innocente vicina di casa che egli ama,al bacio appassionato,per approdare all'uccisione del sicario che avrebbe dovuto eliminare loro,a furia di calci in faccia,forse la sequenza-shock della pellicola,che necessitava un gran lavoro di regista e attori per poter essere accettata:attorno a lui,un ottimo cast che dà il giusto lustro a personaggi-archetipi,con particolare citazione per la migliore interpretazione di Albert Brooks,che si rivela il cattivo più feroce,coerente con la logica del suo mondo malavitoso(quando ripone con precisione il rasoio appena usato per un omicidio strappa l'applauso).Come realizzare un film di alto livello con respiro profondo,immagini suggestive,uno splendido rapporto tra suono e immagini come a non molti registi è riuscito (citiamo Leone,naturalmente,ma davvero è riuscito a pochi,anche al primo Argento), in cui curiosamente la manovalanza della delinquenza fa fini atroci in primo piano,e i cattivi maggiori muiono sullo sfondo,o inquadrando solo le ombre,quasi a suggerire l'inesorabilità dello scontro di classe anche nel mondo della mala."Drive" nasce cult-movie,novantacinque minuti di Cinema maiuscolo,potente,che ti resta addosso e dentro,ti fa rielaborare mentalmente le scene e si conclude senza forzature inutili,con un'aura da sogno racchiuso in un'estetica che fa riferimento ai primi Ottanta,ma senza restarne prigioniera.Da non perdere.
COWBOYS & ALIENS ( Cowboys & aliens,USA 2011)
DI JON FAVREAU
Con DANIEL CRAIG,HARRISON FORD,Olivia Wylde,Sam Rockwell.
FANTASTICO/WESTERN
L'idea di unire gli attori di 007 e Indiana Jones l'ha avuta per primo Spielberg,oltre vent'anni fa,quando nel terzo capitolo delle avventure dell'indomito archeologo d'azione fece incontrare Ford e Connery,mentre in "Cowboys & Aliens" dividono il nome in grande sul manifesto il novello James Bond,Daniel Craig,e lo stagionato Harrison.Da una graphic novel,un kolossal hollywoodiano in cui si miscelano fantascienza e western,con un inizio che rimanda alla versione italiana del film di cowboys,tra Leone e Trinità,ed il seguito che ripassa tutti i clichès del cinema con speroni,pistole,cavalli e polvere:lo straniero in città inviso alla comunità che si rivelerà una risorsa,il ricco possidente che lo osteggia,il mezzosangue buono,e via enumerando.Naturalmente ci sono anche le astronavi,i mostri alieni e i raggi laser:Favreau,dopo i due "Iron man",sembrava avere tutti i numeri per poter giostrare i due non simili generi,e giocare appunto d'ironia sui canoni riconosciuti delle due categorie,ma è appunto l'umorismo che latita,in un giocattolone costoso,e si vede. Le due star non sembrano legare granchè,come invece l'alchimia tra Sean Connery ed Harrison Ford aveva avuto un ruolo importante eccome nell'Indiana Jones sopra citato,Craig è impenetrabile e aggressivo,ma senza humour,Ford invecchiando sta diventando legnoso e monocorde:bellissima la Wilde,ma il suo ruolo è appiccicato e come deus-ex-machina anche troppo manifesto.Una domanda,a proposito di luoghi comuni hollywoodiani:ma perchè la rappresentazione di creature aliene che elaborano complesse tecnologie,portentose astronavi e codici oltre le nostre possibilità, è limitata a mostri artigliati (come montare difficilissime cose con quelle zampe,è abbastanza inimmaginabile...) dai musi di granchio o rana che si esprimono a ruggiti e versi bestiali simili? Questi sembrano gemelli degli anfibi del nostrano "L'isola degli uomini pesce".....

mercoledì 19 ottobre 2011

BRIVIDO NELLA NOTTE ( Play Misty for me,USA 1971)
DI CLINT EASTWOOD
Con CLINT EASTWOOD,JESSICA WALTER,Donna Mills,John Larch.
THRILLER

Sull'onda dei personali successi raccolti tra Italia e USA,Clint Eastwood passò anche dall'altra parte della macchina da presa nel 1971,con un thriller che venne rievocato dalla stampa quasi vent'anni dopo dopo il grande risultato di "Attrazione fatale".Perchè anche in questa pellicola una donna che ha avuto un "one night stand",più elegante certo di "una botta e via" con un uomo,non accetta di essere stata considerata solo l'avventura di una nottata,e si vendica fino alla psicopatia,mettendo in pericolo la vita dell'amante e di chi gli è vicino. Certo,riguardandolo oggi,soprattutto dopo le opere che l'antico portatore della pistola di Callaghan in alcuni momenti questo esordio ha delle piccole ingenuità,qualche tempo non gestito propriamente in modo perfetto,ma che attenzione alla descrizione delle personalità,ed interessante l'ambientazione quasi del tutto in notturna, che aggiunge pathos al racconto,e l'attenzione all'escalation da nevrotica a folle omicida della coprotagonista Jessica Walters,un ritratto psicologico raffinato e assolutamente non dozzinale,come invece in molti thriller dell'epoca poteva esser riscontrato. Eastwood, che ha cominciato da qui a costruire una carriera registica intensa e in crescendo,sceglie una via non semplice,giocando se stesso come interprete di un personaggio non libero da ambiguità,e che nel finale ha la meglio sulla scheggia impazzita che vuole uccidere lui e l'amata,in un confronto con risoluzione brusca e ruvida.Al tempo dell'uscita,un quasi sorpreso Kezich ne parlò bene,e dire che non amava particolarmente Clint come star del botteghino e beniamino delle platee....

venerdì 14 ottobre 2011

UCCIDETE LA COLOMBA BIANCA ( The package,USA 1989)
DI ANDREW DAVIS
Con
GENE HACKMAN,Joanna Cassidy,Tommy Lee Jones,John Heard.
AZIONE
1989:ad un passo dagli eventi che tutti oggi conosciamo (ma ancora,in fase di scrittura e realizzazione della pellicola,erano cose tutte da succedere,non lo dimentichiamo) sulla caduta del Muro di Berlino e conseguente fine della Guerra Fredda,c'è un complotto ben organizzato da militari che non vogliono la stipulazione di accordi di pace tra le due superpotenze USA e URSS,ed il summit che dovrebbe vedere una firma storica,nelle intenzioni dei congiurati,dovrebbe bagnarsi di sangue. Per fortuna c'è il sergentaccio Gene Hackman,di stanza in Germania,che per puro accidente viene coinvolto nel meccanismo e,pur figura lateralissima,non accetta la follia di alti papaveri dell'esercito che su una linea pericolosissima puntano a scatenare ancor più accanita inimicizia tra le nazioni ed i blocchi.E' vero che Andy Davis,fino al "Fuggitivo" sembrava fosse un nome di cui tener conto nell'ambito del cinema d'azione duro e puro (glissiamo su "Trappola in alto mare",ovviamente):questo thriller è ben ritmato,esente da esagerazioni presenti in altre produzioni similari,e regge bene la tensione che crea fino in fondo,chiudendosi in modo intelligente,riconoscendo certe dinamiche in modo verosimile (l'eroe non riesce ad eliminare personalmente tutti i nemici,alcuni cadranno vittime della loro stessa macchinazione).Apprezzato molto dalla critica alla sua uscita,è chiaramente una produzione di puro intrattenimento,non ambisce alla fantapolitica DOC come quella di Frankenheimer,ma rimane un lungometraggio godibile,in cui i due nemici Hackman e Jones,con maggior spazio per il primo,si contendono l'attenzione dello spettatore in un buon confronto attoriale.

mercoledì 12 ottobre 2011

PER UNA MANCIATA DI SOLDI...( Pocket money,USA 1972)
DI STUART ROSENBERG
Con PAUL NEWMAN,LEE MARVIN, Strother Martin,Hector Helizondo.
WESTERN
Un pò come in "L'ultimo buscadero" di Peckinpah,è di scena il West in fase terminale,la versione adeguata al Ventesimo secolo,corredata di automobili e modernità varie al posto delle diligenze e dai saloon:due gaglioffi con appiccicata addosso l'anima da chi è sempre in bilico sul precipizio compiono un lavoro per avere un'amara rivelazione in fondo.Accoppiata particolare ma interessante quella di Newman-Marvin,con il secondo nelle vesti del personaggio da commedia,di cui mostra qui avere tempi e atteggiamenti,inusitatamente,diretti da un regista di buon valore ma mai giunto ad essere stimatissimo come Stuart Rosenberg,"Per una manciata di soldi..." è un film che procede con pedalata lenta,ricco di notazioni e che concede molto al gioco degli interpreti. Due personaggi,come il Buffalo Bill ed il Culodigomma di degregoriana memoria,alle prese con pomeriggi tristi,ad osservare l'America,losers ma con cognizione di se stessi,e comunque propensi a ributtarsi nella mischia,perchè convinti che prima o poi la loro grande occasione potrebbe arrivare:ed è esemplare l'immagine finale,quasi una fotografia da collezione,con i due antieroi uno sulla panchina e l'altro di spalle,ad osservare una rotaia infinita,un rimando ad un giorno migliore che riscuote simpatia,e lascia apprezzare la pellicola proprio perchè atipica,e tutta dalla parte di chi non ha vinto mai.

martedì 11 ottobre 2011

A DANGEROUS METHOD ( A dangerous method,CAN/F/GB/IRE/D,2011)
DI DAVID CRONENBERG
Con MICHAEL FASSBENDER,KEIRA KNIGHTLEY,VIGGO MORTENSEN, Vincent Cassel.
DRAMMATICO

La storia di Sabina Spielrhein era già stata portata sul grande schermo una decina d'anni fa circa da Roberto Faenza con "Prendimi l'anima",non una delle migliori cose dell'autore di "Sostiene Pereira",pur considerando un fatto vero riportato evidenziando gli orrori della Storia quando stritola le storie delle persone fisiche e le loro vite.David Cronenberg riprende il tema applicando in più l'amicizia e poi la rottura sia nei rapporti che a livello intellettuale tra Jung e Freud,con una coproduzione internazionale curatissima nell'allestimento,che fa capo più a film nella carriera dell'autore quali "Inseparabili" che a lavori in cui l'estro visionario del regista canadese faceva sfoggio di sè impressionando ed in molti casi urtando gli spettatori. Se si vuole,da profani della psicoanalisi,nell'ultimo trentennio l'ascendente di Jung si è ridotto rispetto a quello di Freud,più ampiamente citato dalla stampa e se si vuole maggiormente riconosciuto come scopritore di molto dell'ignoto che si cela nella mente umana:la sceneggiatura di "A dangerous method" evidenzia i contrasti tra i due padre della medicina psichica mostrando le zone fragili del più giovane tra i due,meno inquadrabile canonicamente nei comportamenti,e più spinto ad accettare le pulsioni incontrollate del sesso,e la tendenza del più anziano a diffidare delle tesi e delle ambizioni dello svizzero.Il difetto maggiore del film,ma era prevedibile,è la sostanziale freddezza con cui Cronenberg narra la vicenda,pur avendo come catalizzatrice l'ingestibilità neurotica della Spielrhein,cui Keira Knightley applica troppa veemenza istrionica per farla risultare del tutto credibile,e meglio figurano i colleghi maschi,dal vulnerabile,pieno di pecche Jung del rampante Fassbender che si sta rivelando come uno dei nomi nuovi in assoluto di cui dovremo tener conto in futuro,e del Freud che Mortensen rende con gran classe,armato spesso di un sigaro.E' interessante,ma è un lavoro che non tocca mai le zone sensibili dello spettatore,e nè lo inquieta,nè lo commuove:curioso per un film realizzato da un cineasta da sempre abile a scuotere gli animi.

giovedì 6 ottobre 2011

IL MEDICO DEI PAZZI ( I,1954)
DI MARIO MATTOLI
Con TOTO', Aldo Giuffrè,Franca Marzi,Maria Pia Casillo.
COMMEDIA
Uno dei titoli più celebri della carriera di Totò,puntualmente rieditato nelle sale di seconda e terza visione anni fa,e altrettanto riproposto dai canali televisivi per molto tempo,tratto,come "Un turco napoletano" da una commedia di Scarpetta,in cui il comico napoletano subentra in seconda battuta nella storia.Un giovanotto napoletano a Napoli fa la bella vita,sfrutta l'aiuto economico degli zii e non studia come dovrebbe per diventare dottore,ma quando i parenti benestanti decidono di fargli visita scoppia il problema,ed egli,per non far scoprire le proprie marachelle ai suoi congiunti,si inventa che la pensione in cui vive è invece riadibita a clinica per matti.Infatti il film,diretto da un collaboratore esperto di Totò come Mario Mattoli,innesca la quarta quando ha la possibilità di lasciar campo al mattatore,nella seconda parte,nella quale il comico si trova a scambiare i pensionanti per pazzi e ossessionati,scambiando comportamenti normali per disturbati.Nella prima invece la pellicola ha qualche incertezza narrativa,non scorre fluida e non diverte come altri lungometraggi con il "principe della risata":acclamata da molta critica come una delle migliori collaborazioni tra il regista e l'attore,accusa un pò il forte impianto teatrale,divenendo solo da un certo punto in poi ineffabile meccanismo da divertimento.

sabato 1 ottobre 2011

MARCIA TRIONFALE ( I/F/D,1976)
DI MARCO BELLOCCHIO
Con MICHELE PLACIDO,FRANCO NERO,MIOU MIOU, Patrick Dewaere.
DRAMMATICO
Vietato ai minori di 18 anni e sequestrato alla sua uscita,faceva quel che negli Stati Uniti ad esempio già da molti anni era praticabile:mostrare vergogne e meschinerie nell'ambito di un'istituzione qui considerata sacra,come l'Esercito."Marcia trionfale" di Marco Bellocchio è,come molto altro cinema del regista emiliano,un'analisi impietosa ed insieme un attacco fatto con intelligenza a certi dogmi che riguardano la mentalità italiana più retriva e ultraconservatrice.La storia di tradimenti incrociati con un capitano frustrato e folle di gelosia che incarica un soldatino di pedinare la moglie inaffidabile e fedifraga,la quale ha dapprima una relazione con un tenente che la maltratta e la usa,poi si concede al ragazzo scelto dal marito,è amara e non può che finire in tragedia,come infatti accade:violenze represse e manifeste,il sesso visto come imposizione dei propri voleri o come ultima risorsa per farsi valere,la vita di caserma quasi in una dimensione manicomiale. Non è tra i titoli bellocchiani più riusciti in assoluto,forse risente di una visione non a fondo lucidissima,ma gli interpreti sono bravi,soprattutto un Franco Nero insieme odioso e degno di compassione,la spirale pessimista che si dipana fino dall'inizio è ben delineata, ed è interessante come i rapporti tra i personaggi rivelino risvolti non garantiti,vedi il primo amante della moglie dell'ufficiale quando viene lasciato,che rivela solo allora quanto tenesse alla donna.Piccinerie di maschi impotenti soprattutto psicologicamente,furori senza importanza,convenienze di varia portata come regole di vita quotidiana:c'è poco da stare allegri,ma in altri film dell'autore i temi sono esposti meglio.
SUPER 8 ( Super 8,USA 2011)
DI J.J.ABRAMS
Con JOEL COURTNEY, Elle Fanning,Kyle Chandler,Ryley Griffiths.
FANTASTICO
La preadolescenza è una fase tempestosa,meravigliosa e bislacca insieme,in cui si sa bene che non si è più bambini,ma non si hanno gli strumenti per leggere le cose come può fare un adulto od un ragazzo grande,l'esperienza gioca la differenza:è uno dei momenti più difficili da raccontare,sia in letteratura che al cinema,e i due Stefani dell'immaginario collettivo USA,e non solo di lì,emersi negli anni Settanta hanno saputo farlo come pochissimi altri.Gli Stefani sono Steven Spielberg e Stephen King:andate a controllare,ma i ragazzini inventati da loro e presentati,sono credibilissimi,e possono indurre spettatori e lettori ad immedesimarsi nei loro pensieri,nelle loro vicende,ma soprattutto a come le vivono."Super 8" è sì un omaggio grato a Spielberg,che lo produce tra l'altro,da parte di J.J.Abrams,ma anche all'autore di "Tommyknockers" e "It":l'avventura del gruppetto di ragazzi di una provincia dell'Ohio che vuole realizzare un film amatoriale sugli zombie,data la moda innescata dai film di George A.Romero,e per caso durante un incidente ferroviario riprende qualcosa di incredibile,che non si dovrebbe sapere,nasce dalle suggestioni iniettate nella mente del regista e sceneggiatore che sicuramente ha amato le opere dei due grandi classici moderni citati. Più riuscito in una prima parte che per introduzione,proposta di ambienti e personaggi e creazione dell'aspettativa nello spettatore ha qualcosa di magico ( e gli anni Settanta visti qui hanno del vero che molti altri film non sanno rendere così bene),che nella seconda in cui occorre stringere i nodi narrativi e ci sono dei passaggi un pò scontati (l'assalto militare alla cittadina,con carri armati e artiglieria varia sparata a caso fanno pensare che fosse logica la sconfitta patita in Vietnam poco prima della vicenda....),il film ha avuto da noi un successo meno sonoro che in patria.Citazioni quasi prese di peso da "E.T." e "Lo squalo",un gran senso del cinema a tutto tondo,Abrams promette di essere il vero erede spielberghiano per elezione,il suo film è personalissimo e quello che probabilmente noi,generazione cresciuta con "Guerre stellari" e "I predatori dell'arca perduta",avremmo voluto immaginare a dodici anni.Nel cast citazione obbligatoria per Elle Fanning:ha tutto per diventare una star del futuro.