venerdì 30 novembre 2007

DALLA CINA CON FURORE ( Jing wu men, HK 1972)
DI LO WEI
Con BRUCE LEE, Nora Miao, Jun Arimura, Robert Baker.
AZIONE

Il genere kung-fu aveva già colto un significativo successo nelle sale occidentali con "Cinque dita di violenza", ma fu proprio "Dalla Cina con furore" a far esplodere il filone e il mito di Bruce Lee. Solitamente, questi film erano molto simili tra loro, recitati a quella maniera e giocati quasi interamente sugli scontri corpo a corpo a suon di arti marziali.Questo è tra i titoli più interessanti del genere, che ha tra l'altro la curiosità di un finale non lieto, celebrativo dell'indomita fierezza del campione, pronto a scagliarsi in un balzo senza ritorno verso i suoi nemici, nell'ultima inquadratura.A suo modo, un cult.
IN FUGA PER TRE ( Three fugitives, USA 1989)
DI FRANCIS VEBER
Con NICK NOLTE, MARTIN SHORT, Sarah Rowland Doroff.
COMMEDIA
Trasferta americana di poco reddito in USA per lo specialista francese in commedie , erede dei ritmi e degli schemi della pochade Francis Veber, che rifà un suo film ambientandolo in America e con attori di prestigio:il film ha una buona partenza, e qualche momento riesce piuttosto divertente, soprattutto grazie al bizzarro accostamento Nolte-Short.Però, da buon precursore dell'onda buonistica,"In fuga per tre" tralascia ogni possibilità satirica, e la butta sul sentimentalismo bonario:per cui, nonostante l'impegno professionale dei due protagonisti,Veber si lascia sfuggire di mano storia e ritmo, arrivando a corto di carburante al finale. Annacquato, sopportabile, appena gradevole.
LA COMUNIDAD ( La comunidad, ES 2000)
DI ALEX DE LA IGLESIA
Con CARMEN MAURA, Jesus Bonilla, Paca Gabaldòn, Eduardo Antuna.
GROTTESCO

Come capita spesso ai film di Alex De La Iglesia, l'umorismo va a braccetto del macabro, e in talune sequenze si ha una sensazione di incertezza su come reagire a ciò che si vede , se sogghignare o storcere la bocca disgustati:piccolo saggio acido sulla Grettezza Umana,"La comunidad" ha brio e gode della circostanzialtà della sua ambientazione, quasi tutta in un grande palazzo che potrà sembrare quasi maledetto, e la sempre bravissima(e tuttora affascinante, aggiungerei) Carmen Maura preda-macchinatrice a cercare di assicurarsi un bel malloppo nascosto e a salvare contemporaneamente la pelle dagli avidi e spietati coinquilini del fabbricato.Finale sui tetti , quasi in stile classico hitchcockiano, ma in maniera più folle e irregolare, conclusione amabilmente sarcastica, anche se forse il film sarebbe stato migliore se più corto.
FRUSTRAZIONE ( Dr.Phibes rises again, GB 1972)
DI ROBERT FUEST
Con VINCENT PRICE, Peter Cushing, Vally Kemp, Fiona Lewis.
HORROR
A spron battuto, solo un anno dopo l'uscita dell'"Abominevole dr.Phibes" giunse un sequel immediato, che riporta l'organista in vita nonostante il suicidio automummificatore che chiudeva il primo capitolo:intitolato da noi "Frustrazione", il numero due delle atrocità perpetrate dal musicista pazzo e vivente nel culto della moglie morta e imbalsamata è ambientato per oltre metà nell'Egitto degli scavi archeologici e le leggende delle maledizioni che lo caratterizzano in parte.L'interpretazione di Vincent Price è di quelle che i recensori americani appellano "suave", giocata su un'ironia finissima e una bravura interpretativa che lascia il grande attore recitare quasi solo con gli occhi, dato il mutismo del suo personaggio;lo schema degli assassinii è similare a quello del primo film, però c'è da dire che questo seguito è forzatissimo nell'idea e nel contesto.Cioè, si lascia vedere, ma il gioco dei delitti a tema ormai sa di ripetitivo e se ne avverte la meccanicità, anche se il regista Fuest imprime un passo quasi giocoso al tutto.Ma, quando di un gioco di prestigio si intravede il trucco che sta dietro, finisce di divertirci, e finisce il senso di meraviglia.O no?

giovedì 29 novembre 2007

CODICE MAGNUM ( Raw deal, USA 1986)
DI JOHN IRVIN
Con ARNOLD SCHWARZENEGGER, Kathryn Harrold, Darren McGavin, Ed Lauter.
AZIONE

Meno male che un recensore di un famoso giornale americano lo definì "la risposta intelligente al cinema d'azione di Stallone", perchè questo filmaccio tutto spari e confusione, sembrava una gran scemenza.La scena che rimane impressa è quella nella cava in cui il duro Schwarzy si diverte a massacrare pericolosi tipacci al suono di "Satisfaction", e se ci fate caso non prende neanche la mira, deve avere i proiettili teleguidati...Diretto da un mestierante di non troppo successo come John Irvin,"Codice Magnum"(titolo italiano inspiegabile) non è meglio di certe produzioni televisive da seconda serata, nonostante il poderoso Arnie sembri divertirsi di gusto.Beato lui...
RESURRECTION ( Resurrection, USA 1998)
DI RUSSELL MULCAHY
Con CHRISTOPHER LAMBERT, Robert Joy, James Kidnie, David Cronenberg.
THRILLER

Anche Mulcahy sembra essere diventato di quelli che hanno perso il treno delle grandi occasioni:venuto dall'Australia dopo un esordio molto apprezzato dalla stampa come "Razorback", conobbe un successo planetario con" Highlander", per poi ritrovarsi cacciato dal set di "Rambo III".Lì cominciò il suo declino, e dopo qualche pellicola di poco conto si arriva a questo giallaccio senza verve nè sostanza, proponente qualche immagine raccapricciante, con uno stropicciato Lambert, detective all'apparenza non troppo vispo:se il modello era "Seven", con il rituale ambizioso e folle del colpevole, che qui, preso da un delirio religioso-omicida,vuole comporre un crocefisso con parti umane(proprio così...), questo lungometraggio offre sbadigli e sghignazzate, sicuramente non è quello che cercava di essere, un buon thriller per far saltare lo spettatore sulla poltrona.
CHI UCCIDERA' CHARLEY VARRICK?
( Charley Varrick, USA 1973)
DI DON SIEGEL
Con WALTER MATTHAU, Felicia Farr, Joe Don Baker, Andy Robinson.
AZIONE

Anomalo ruolo "serio" per Walter Matthau, che si mette diligentemente al servizio del veterano Don Siegel in un film d'azione ben costruito e scarno, con un'idea di partenza azzeccatissima:il rapinatore di mezza tacca Charley Varrick fa irruzione, con alcuni complici tra cui la sua donna, in una piccola banca di provincia, ma il malloppo è anche troppo corposo, e comunque l'atto criminale si è risolto in una mezza carneficina.Di lì a poco, le cose fanno sempre in tempo a peggiorare:i soldi rubati sono di una gang paramafiosa, e i piccoli delinquenti rischiano di finire male , stretti tra la polizia,e i grossi gangsters, ancora più pericolosi.Fluido nel raccontare, spiccio ed essenziale nella risoluzione degli snodi narrativi,"Charley Varrick" è considerato da molti appassionati uno dei migliori action-movie degli anni Settanta, e non a torto.
PERMETTE? ROCCO PAPALEO ( I, 1972)
DI ETTORE SCOLA
Con MARCELLO MASTROIANNI, Lauren Hutton, Tom Reed, Margot Novak.
GROTTESCO

Trasferta statunitense per Scola & Mastroianni, in un film che, precorre il Ferreri di dieci anni dopo, nell'illustrare una società ricca di reietti, di lerciume, di cinismo. Papaleo Rocco da Bagheria è un poveraccio emigrato in America per far fortuna, che lavora in Alaska, e si trova a Chicago in gita: un puro di cuore, ex-pugile e suonatissimo, che affronta il prossimo a mano tesa, sorridendo anche quando gli danno addosso.Tra le cose positive del film, la bravura d'attore di Marcello Mastroianni a rendere un personaggio che sembra quasi un Forrest Gump ante litteram è notevole, qualche sottile malizia di Scola nel deridere un tipo di società che, lo ripeto per l'ennesima volta, assomiglia sempre di più alla nostra, e siamo stati abili a carpirne il peggio, però il film presenta troppi clichès per essere una denuncia che colpisce a fondo, e la voluta sgradevolezza di situazioni e personaggi in alcuni momenti appare talmente caricata da non fugare l'impressione di essere fine a se stessa.

mercoledì 28 novembre 2007

I DUE CARABINIERI ( I, 1984)
DI CARLO VERDONE
Con CARLO VERDONE, ENRICO MONTESANO, Paola Onofri, Massimo Boldi.
COMMEDIA
E' un film abbastanza lontano dagli altri nella filmografia di Carlo Verdone, tutto sommato le occasioni di ilarità non sono tantissime, e circola una certa trasndatezza nella messiscena, notare ad esempio le comparse o i ruoli da una battuta e via: sono molto forzati, e non hanno senso, spesso e volentieri.L'accoppiata Verdone-Montesano è discreta, Massimo Boldi forse in uno dei suoi ruoli migliori, non strafà , e il film si lascia vedere senza entusiasmare:però il codazzo assolutamente privo d'ironia dei due imbranati che diventano eroi nella parte finale,lascia abbastanza perplessi...Un film molto esteriore per Carlo Verdone, in cui provò a distaccarsi dai suoi personaggi, con risultati commestibili, ma non del tutto realizzati.
IL MORALISTA ( I, 1959)
DI GIORGIO BIANCHI
Con ALBERTO SORDI, Vittorio De Sica, Franca Valeri, Maria Percy.
COMMEDIA
Un esempio perfetto della tesi che vuole un mattatore come Alberto Sordi talmente bravo e in un ruolo memorabile da rendere migliore di quel che è un film."Il moralista", satirico ma non velenoso abbastanza, è una commedia in cui Sordi può costruire uno dei suoi caratteri migliori, più personali e "terribili", con uno sfoggio di espressioni odiose e da vero meschino, che fa il paio con l'impeccabilità fanfarona del suo partner Vittorio DeSica.Arricchisce il tutto la "rompi" Franca Valeri, interprete straordinaria anche quando, come in questa occasione, sottoutilizzata.
ALADDIN ( Aladdin, USA 1993)
DI RON CLEMENTS e JOHN MUSKER
ANIMAZIONE
FANTASTICO
Versione indiavolata della fiaba cinese(e non araba come si ritiene dappertutto) sul ladruncolo che,grazie alla magia del Genio vive strabilianti avventure.Il film a disegni animati è colorato alla perfezione, intelligente nella distribuzione dei ruoli, e inevitabilmente ha il suo maggior punto di forza nella figura del Genio, una delle migliori creazioni di casa Disney, un tornado di battute ed esuberanza al quale presta notevole verve Gigi Proietti, eccellente doppiatore dell'originale Robin Williams.Pieno di citazioni, da "Batman" a "Indiana Jones","Aladdin" ha il difetto di essere un pò carente nella sceneggiatura nella parte centrale.Poco male: nel vedere il film si ride, si rimane affascinati e si passa un'ora e mezza in spensieratezza.Mica poco di questi tempi...

martedì 27 novembre 2007

ER PIU'-Storia d'amore e di coltello ( I, 1971)
DI SERGIO CORBUCCI
Con ADRIANO CELENTANO, Claudia Mori, Maurizio Arena, Fiorenzo Fiorentini.
COMMEDIA

Prima ancora del successo della versione per il grande schermo di "Rugantino", ad Adriano Celentano avevano già fatto interpretare un film in romanesco, per quanto sulla carta risultasse improbabile, e anche questo racconto di guapparia all'amatriciana per le vie della Città Eterna aveva realizzato buoni incassi. Celentano si cala con entusiasmo nella parte del giovane che sfida un capoccia della malavita romana dell'Ottocento, e il film di Corbucci si fa seguire volentieri. Tipi svelti di coltello e dalle parole non meno taglienti, i personaggi principali sono resi sapidamente da una sceneggiatura brillante,e diretti con agilità pratica da uno dei Corbucci Brothers: tempo fa lo trasmettevano spesso in televisione, ed è uno dei titoli migliori tra quelli interpretati dall'interprete di "Serafino".

lunedì 26 novembre 2007

DJANGO ( I, 1966)
DI SERGIO CORBUCCI
Con FRANCO NERO, Loredana Nusciak, Josè Bodalo, Angel Alvarez.
WESTERN

Generato appena dopo l'avvento della novità del western all'italiana, "Django", come capitò anche ad altri titoli di genere divenuti negli anni di culto, uscì ma non realizzò grandi incassi, se non per conoscere , pochi mesi dopo , una seconda carriera in sala molto più remunerativa: a metà anni Sessanta, se erano apparsi violenti i primi due film di Leone, questo spinse il pedale della brutalità, includendo uno dei cattivi cui viene fatto mangiare il proprio orecchio dalla fazione avversaria ( detta così è una cosa giustamente insostenibile, ma fortunatamente si vede poco o niente), giungendo a livelli di inusitato furore, come la tortura cui viene sottoposto l'ombroso Django di Franco Nero. La storia, a grandi linee, ricalca quella di "Per un pugno di dollari", con il protagonista, un taciturno abilissimo con le armi, che si allea per opportunità prima con un clan, poi con l'altro, comunque per proprio tornaconto: la canzone dei titoli è cantata da Rocky Roberts, che realizza un modello molto imitato negli anni seguenti. Il film, a tratti, è pervaso da una disperazione onesta, altrove ricorre troppo insistentemente a scene di grand-guignol vario, forse per apparire più originale: nella sostanza, un westernaccio abbastanza onesto, godibile , che risente troppo dell'ispirazione all'originale leoniano.
TRAUMA ( I, 1993)
DI DARIO ARGENTO
Con CHRISTOPHER RYDELL, ASIA ARGENTO, Frederic Forrest, Piper Laurie.
THRILLER

Dario Argento, dopo l'excursus negli adattamenti di Poe in "Due occhi diabolici", torna qui al thriller più tradizionale, se si escludono un paio di parentesi un bel pò inverosimili come quelle sequenze in cui due teste appena recise riescono a formulare una parola(ma sembrerebbe più che altro una citazione di "Alien" di Scott). Due motivi ricorrenti del cinema argentiano:uno è il modo in cui vengono uccise le vittime.Se si ha una buona conoscenza della filmografia del regista di "Phenomena", apparirà evidente che la decapitazione tocca di solito a chi è in qualche modo reo di azioni criminose, siano essi il maniaco assassino o i malcapitati che finiscono variamente massacrati.E'una sorte che capita agli assassini di "4 mosche di velluto grigio","Profondo rosso", e questo "Trauma".L'altro leit-motiv è il ricordo "sfocato" del protagonista, capitato sulla scena di un delitto, la cui memoria ha rimosso un particolare decisivo.Per circa due ore, il regista romano tiene lo spettatore sul chi vive, confondendolo con più colpi di scena e arrivando a un finale difficilmente prevedibile.La catena di delitti persegue una logica, più che in altri lavori di Argento, fino a rivelarsi una vendetta che a conti fatti vede cadere sotto la mano implacabile del killer personaggi che forse non meritavano una fine migliore, colpevoli di un atto di incredibile inumanità anni prima.Da mandare a memoria la scena in cui David e Aura, i giovani protagonisti, si perdono nei corridoi di un manicomio, con due morti in stanze diverse e i pazzi vaganti nel loro delirio.Non il miglior film argentiano, ma vi si avverte una pena e un dolore di rancori inespressi e veleni familiari iniettati da proiezioni malate di menti fragili.
ACROSS THE UNIVERSE ( Across the universe, GB/USA 2007)
DI JULIE TAYMOR
Con JIM STURGESS, EVAN RACHEL WOOD, Joe Anderson, Dana Fuchs.
MUSICALE


Il peso delle canzoni che punteggiano la nostra vita è quasi mai calcolabile, nè adeguatamente stimato: quante volte ricolleghiamo un momento dei nostri giorni, un incontro, una sensazione a una composizione, un motivo che ci è rimasto dentro? Si è letto e sentito dire che la trama di questo lungometraggio di Julie Taymor è sostanzialmente un pretesto: e va bene, ma lo possiamo dire di tanti altri musical. E' una storia d'amore narrata a più voci, nell'arco di tempo che lega la metà degli anni Sessanta al decennio successivo, sull'onda emozionale e sonora della musica dei Beatles: al di là delle naturali omissioni ( " ma perchè Help non l'hanno messa? E Get Back? eccetera...), sindacabili anche alla fine di un concerto della band preferita, "Across the universe" è un collage spesso emozionante di intuizioni visive, arrangiamenti felici di pezzi famosissimi del gruppo di Liverpool, e coreografie geniali ( opera di Daniel Ezralow). Qualche ingenuità e lievi dejà-vu narrativi non sminuiscono un lavoro capace di trasportare lo spettatore dentro la festa di parole e suoni che spillano dallo schermo,e si resta colpiti da quanto amusicale è la realtà di questi anni. Da quanto non sentite qualcuno che canticchia per strada?

domenica 25 novembre 2007

IL GIUSTIZIERE DELLA NOTTE ( Death wish, USA 1974)
DI MICHAEL WINNER
Con CHARLES BRONSON, William Redfield, Vincent Gardenia, Hope Lange.
AZIONE

Architetto di discreto successo, Paul Kersey è un signore per bene, anche piuttosto moderato nelle opinioni: quando tre marrani che si comportano da mentecatti gli entrano in casa , uccidono sua moglie di botte e violano la figlia, l'uomo si trasforma, dopo un viaggio in Arizona, in un vigilante non autorizzato, che si aggira per le strade notturne di New York a far fuori più delinquenti possibile. Oggi che si prospetta un remake con Sylvester Stallone nel ruolo principale ( Sly, Sly, benedetto te, appena uno ti ritrova simpatico rifai Rambo e questa roba...). "Il giustiziere della notte" è un film che ritrova estimatori, complice anche una di nuovo montante filosofia neosquadrista. A livello formale, è una pellicola nemmeno indecorosa, al limite banale nella costruzione: il problema di Winner è che non elabora affatto il mutamento del protagonista da garantista a killer solitario, salvo, durante il viaggio in Arizona, fargli assumere posizioni e ragionamenti sul fatto che nel West vigeva la legge della pistola, "quando l'America era davvero l'America". Goffo nel racconto, trova in Bronson , che fornisce la sua maschera immota, l'interprete ideale di questo autoeletto sceriffo dei ghetti newyorkesi, e su poliziotti indulgenti che al massimo consigliano al pistolero di cambiare stato , per poter esercitare in pace il neo-hobby. Uno dei tre malviventi che scatenano la furia di Kersey è un giovane Jeff Goldblum.
URLA DEL SILENZIO ( The killing fields, GB 1984)
DI ROLAND JOFFE
Con SAM WATERSTON, Haing S.Ngor, John Malkovich, Julian Sands.
DRAMMATICO


Il furore ideologico ha portato spesso l'umanità a tragedie assurde, eccidi compiuti in nome di una filosofia portata a livelli deliranti, popoli falcidiati dall'intolleranza politica, etnica o religiosa. Il dramma del popolo cambogiano , terrorizzato dai seguaci di Pol Pot, gli khmer rossi, viene trattato in questo film che segna l'esordio di Roland Joffe alla regia.Candidato a numerosi Oscar, ne vinse tre:e, pur con qualche cedimento al didascalico, e non senza lungaggini,"The killing fields" è comunque un'opera che parla di amicizia e sopravvivenza in modo toccante, ben interpretata , con la seconda parte incentrata sul cambogiano Haing S.Ngor( misteriosamente assassinato anni dopo), e la sua lotta per non morire.La scena più memorabile è quella in cui alcune persona vengono fucilate mentre una radiolina lì vicino trasmette "Band on the run" di Paul McCartney:e commovente risulta il ritrovarsi del reporter e dell'amico scampato ai lager degli khmer , mentre l'altro chiede scusa di non essere andato a cercare di portarlo via, sulle note di "Imagine" di John Lennon.
LETTERS FROM A KILLER ( Letters from a killer, USA 1998)
DI DAVID CARSON
Con PATRICK SWAYZE, Gia Carides, Elizabeth Ruscio, Roger E.Mosley.
THRILLER

Patrick Swayze non ha saputo cavalcare l'onda del successo come invece faceva il personaggio cui dava volto in "Point break", e ha dovuto spesso lavorare in film non memorabili come questo thriller di David Carson. Che non ha neanche uno spunto da buttare, ma soffre evidentemente di scatti della sceneggiatura abbastanza incomprensibili, che fanno sembrare "Letters from a killer" un film maciullato al montaggio:meglio anche di altri gialli nella soluzione del mistero, è però troppo poco credibile, e finisce per rendersi ridicolo in più di un momento.

sabato 24 novembre 2007

MINUTI CONTATI ( Nick of time, USA 1995)
DI JOHN BADHAM
Con JOHNNY DEPP, Christopher Walken, Marsha Mason, Charles S.Dutton.
THRILLER

Thriller piccolo, con il pregio di essere in "tempo reale", innesca una discreta tensione di fondo, e figura come uno di quei gialli che apri in un pomeriggio d'estate, senza aspettarti niente, e te lo bevi in un pomeriggio perchè ti ha preso.Depp risulta credibile nel suo uomo qualunque preso in una trappola mortale,Walken è un malvagio mellifluo quanto occorre, Badham ha buon mestiere nell'imbastire il film.Una sorprendente maniera di passare un'ora e mezza.
SPIE COME NOI ( Spies like us, USA 1985)
DI JOHN LANDIS
Con CHEVY CHASE, DAN AYKROYD, Donna Dixon, Bruce Davison.
COMMEDIA

Parodia dei film con super-agenti segreti alla James Bond, il film è una parziale delusione per i fans dell'autore di "Blues brothers":anche se l'accoppiata Aykroyd-Chase non è malvagia, e comunque funziona meno di quella Aykroyd-Murphy per non parlare della composizione del devastante duo del film sopra citato,"Spies like us",nato per essere un blockbuster non diverte moltissimo.Ci sono, è vero,sequenze buffe come il corso di addestramento dell'imbranato duo, e il finale a suo modo pacifista, ma le battute non sono di alta qualità e le gags visive non scatenano il riso.Gracilino, nonostante la confezione, che comprende la collaborazione di Paul McCartney che canta la title-track, nontra le sue creazioni migliori.
RATATOUILLE ( Ratatouille, USA 2007)
DI BRAD BIRD, JAN PINKAVA
ANIMAZIONE
COMMEDIA
Forse è vero che nelle ultime due stagioni sono usciti anche troppi lungometraggi di animazione ( l'ho letto su alcune testate di settore, personalmente non sono molto d'accordo), ma i risultati di "Ratatouille" sono in gran parte meritati: più di 200 milioni di dollari incassati sul suolo americano-canadese, e anche in giro per il resto del mondo la pellicola ha macinato incassi. Il tema fondamentale è la presa di responsabilità, e il fatto che sia impensabile non accollarsi qualche rischio per fare dei passi importanti. Geniale la mossa di aver scelto per protagonista non un topino stilizzato nel più puro stile cartoonesco, bensì un ratto vero e proprio, anche se ha i modi gentili di Remy:in uno sfoggio straordinario di tecnica di animazione ( le sequenze che hanno a che fare con l'acqua sono un nuovo limite da superare nella resa visiva), l'autore de "Gli incredibili" inanella alcune scene che raccolgono l'entusiasmo di chi è seduto in sala a guardare. Lìarrivo sui tetti e lo spalancarsi della visione di Parigi , ad esempio, reca con sè il medesimo effetto che la "ratatouille" del titolo ( un piatto tradizionale e povero, per animi semplici) fa a chi la assaggia: la riconduzione mentale allo stupore degli anni dell'infanzia, la scossa dolce di un riassaporare il tenero espandersi di un bel ricordo. E non è difficile considerare questo bel film d'animazione una cosa che ti manda a letto contento di aver vissuto.
IL CONSOLE ONORARIO ( The honorary consul, USA 1983)
DI JOHN MACKENZIE
Con RICHARD GERE, MICHAEL CAINE, Elpidia Carrillo, Bob Hoskins.
DRAMMATICO
Non sempre i buoni romanzi trovano una felice rappresentazione al cinema, generalmente si delude sempre qualcuno, specie chi ha amato il racconto particolarmente, e ne ha una visione molto personale."Il console onorario", ambientato in Sudamerica, per la regia del non eccelso John Mackenzie, è un thriller dal passo abbastanza calmo, che non rende al massimo la drammaticità del racconto e di quel che vuol dire.Caine e Gere non sono azzeccatissimi insieme, la bella Elpidia Carrillo, che Hollywood aveva scelto per ogni volta che ci fosse nella trama una sudamericana "guapa" in difficoltà, è comunque una fascinosa presenza, Bob Hoskins è un militare canaglia quanto basta a far sì che rimanga sulle scatole a noi spettatori.Ma il film è superficiale.
L'UOMO DEI SOGNI ( Field of dreams, USA 1989)
DI PHIL ALDEN ROBINSON
Con KEVIN COSTNER, Gaby Hoffman, James Earl Jones, Burt Lancaster.
FANTASTICO

Piccolo grande caso della stagione cinematografica USA 89/90, "Field of dreams" rappresentò l'esordio di un regista parco di film girati, tre in diciassette anni, e in netto peggioramento: parabola sentimental-fantastica che tocca punte di autentica poetica americana, e, pur occupandosi di baseball, sa parlare anche a chi non lo ama granchè: Kevin Costner, qui in una delle diverse pellicole a sfondo sportivo che ha interpretato, dà una delle migliori interpretazioni della sua carriera, e l'intero apologo, condotto con leggerezza ammirevole, è un'elegia gentile sul potere dei sogni da coltivare, senza stucchevolezze. Robinson realizza una storia sulla ricerca di un'innocenza smarrita e rintracciabile, anche a costo di perdere tutto il bene materiale: in questo senso, uno dei film più correttamente spirituali del cinema americano di sempre.

venerdì 23 novembre 2007

RAIN MAN- L'uomo della pioggia ( Rain man, USA 1988)
DI BARRY LEVINSON
Con DUSTIN HOFFMAN, TOM CRUISE, Valeria Golino, Gerry Molen.
DRAMMATICO

Di solito alla cerimonia degli Oscar, i film che raccontano storie con protagonisti portatori di handicap arrivano favoriti, specialmente per quanto riguarda gli interpreti.Di fianco a Dustin Hoffman doveva esserci inizialmente Jack Nicholson, il personaggio di Charlie Babbitt era più avanti con gli anni originariamente, e in cabina di regia doveva sedere Spielberg. Funziona, però anche così:soprattutto se lo si considera una commedia drammatica, e non un film drammatico. Perchè "Rain man" è meritevole di visione soprattutto per la splendida prova di Dustin Hoffman,toccante nel ruolo dell'autistico Raymond, e della buona volontà di un giovane Tom Cruise, che non sfugge il titanico confronto con il grande attore di "Piccolo grande uomo".Levinson, invece, lascia che il film diventi spesso superficiale nell'affrontare il problema sollevato, e specie nella parte ambientata a Las Vegas, che sinceramente appare come una perdita di tempo generale, del racconto e per lo spettatore,"Rain man" perde l'occasione di diventare un grande film.Pensato per parlare al grande pubblico di cose solitamente ignorate, o non considerate con la giusta attenzione, si portò via quattro Oscar e fu uno dei più grandi successi del decennio.Non dispiace, ma nemmeno coinvolge come avrebbe dovuto.
"10" ( "10", USA 1979)
DI BLAKE EDWARDS
Con DUDLEY MOORE, Julie Andrews, Bo Derek, Robert Webber.
COMMEDIA

Successo della fine degli anni Settanta, lanciò l'icona erotica-Bo Derek, corpo da ragazzona americana vitaminizzata, viso dai lineamenti di porcellana, e capelli biondi raccolti in treccine caraibiche: stupisce, però, scoprire che , nemmeno tanto in fin dei conti, sia uno dei film più conservatori di un grande dell'irrisione come Blake Edwards, che sbeffeggia sì il tragressivismo à la mode della California, le frenesie pruriginose di un uomo di mezza età, appartenente all'alta borghesia, e lo spirito "aperto" dei giovani, però d'altro canto è una celebrazione bella e buona del comfort delle tradizioni, del "ma chi me l'ha fatto fare", e per di più l'umorismo è spesso impalpabile. Dudley Moore si agita a profusione, ma si stenta a trovarlo divertente, meglio Julie Andrews, che offre la sua consueta classe d'interprete. Per quanto riguarda la bella Bo, l'impatto è a tutt'oggi notevole, ma dall'esigua durata della sua carriera è lecito trarre le conclusioni sulla sua capacità recitativa. In un piccolo ruolo di barman c'è Brian Dennehy, poi sceriffo crudele in "Rambo".
IL RAPPORTO PELICAN ( The Pelican brief, USA 1993)
DI ALAN J. PAKULA
Con JULIA ROBERTS, DENZEL WASHINGTON, John Lithgow, Sam Shepard.
THRILLER

L'uscita de "Il socio" venne salutata con entusiasmo, e John Grisham parve un'innovazione nel mondo dei giallisti, ma il libro seguente, "Il rapporto Pelican", raffreddò parecchio l'euforia degli appassionati. Giallo legal-politico, come usava negli anni Settanta, questo thriller , nonostante la firma di uno dei più abili cineasti specializzati nel genere, cui si devono classici come "Perchè un assassinio" e " Tutti gli uomini del presidente": come il romanzo, ha un plot interessante nello spunto, ma farraginoso, e molto meccanico nello svolgersi della trama. Assenza di crescendo di suspence, come invece capitava nel "Socio" con Cruise, discreta l'impaginazione e corrette le interpretazioni delle due star protagoniste. Ma niente di più.

giovedì 22 novembre 2007

IL... BEL PAESE ( I, 1977)
DI LUCIANO SALCE
Con PAOLO VILLAGGIO, Silvia Dionisio, Massimo Boldi, Gigi Reder.
COMMEDIA

Generalmente stroncato dai recensori, "Il... bel paese" è una satira un pò sgangherata, ma , per quanto portata agli estremi, qua e là azzeccata, su certi malesseri e cose inquietanti nell'Italia del '77. Luciano Salce, dopo i successi dei primi due "Fantozzi", si rimette in combutta con Paolo Villaggio, nella storia di un "ritornante" in patria dopo un periodo lungo vissuto fuori, su una piattaforma petrolifera: il manicomio a cielo aperto che gli si apre davanti e intorno è un quadro appunto esagerato, ma nella logica comica villaggiana non poteva essere altrimenti. Femministe,sequestri di persona, amore libero, terrorismo, riccastri infami, diffidenza portati alla massima potenza, tutto questo c'è in questo film, non riuscitissimo, ma che nel messaggio finale, quell'aggregazione spontanea e la gente che torna a uscire fuori, abbattendo le paure, c'è un assunto che sarebbe validissimo ancora oggi, in questa nazione così demotivata.
PICCOLO GRANDE UOMO ( Little Big Man, USA 1970)
DI ARTHUR PENN
Con DUSTIN HOFFMAN, Faye Dunaway, Martin Balsam, Chief Dan George.
WESTERN

Se "Il laureato" lanciò Dustin Hoffman come faccia nuovissima del panorama attoriale americano, e "Un uomo da marciapiede" confermò a tutti quanto fosse bravo questo già ultratrentenne dai lineamenti non proprio da manifesto hollywoodiano, è "Piccolo grande uomo" il film con cui il divo diventò Mito e il pubblico lo consacrò come uno tra i pesi massimi dell'arte su celluloide. Saga di una comparsa della leggenda del West, l'avventura umana , forse millantata, forse semplicemente aumentata dai vaneggiamenti di un vecchio che ha passato i cento anni, di Jack Crabb, bianco vissuto tra i pellirosse, fa entrare in scena personaggi come il generale Custer e molte altre componenti dell'epica della frontiera: da un regista di vaglia come Arthur Penn, la denuncia contro i soprusi degli "americani" contro i nativi, magari non così dirompente come il finale di "Soldato blu"( anche se la sequenza della piccola indiana uccisa con il bambino in braccio è di quelle che non si dimenticano), era lecito aspettarsela, e un falso eroe come il vanaglorioso G.A.Custer, massacratore e militarmente ottuso,esce con le ossa rotte dal film .E' uno di quei film, molte volte trasmesso in tv, cui spesso gli spettatori non sanno negarsi una nuova visione: nonostante la forte drammaticità del quadro generale, non mancano tocchi ironici all'epopea di Crabb, e il talento straordinario di Hoffman lo fa interpretare credibilmente il giovane "costretto" a soddisfare anche le sorelle della sposa nello stesso teepee, e rappresentare il vetusto narratore , al tramonto dei suoi giorni.

mercoledì 21 novembre 2007

ARABESQUE ( Arabesque, USA 1966)
DI STANLEY DONEN
Con SOPHIA LOREN, GREGORY PECK,Alan Badel, Kieron Moore.
SPIONAGGIO

E' ben curata l'ambientazione,apprezzabile l'ironia con cui si fa un pò il verso alla serie di James Bond, e certo la coppia Peck-Loren sulla carta faceva faville:però Donen, che aveva già diretto il divertente "Sciarada", e comunque è stato un autore di cinema dalle qualità effettivamente consistenti, sembra perdersi un pò nella contorta trama ,spesso complicata fin troppo dalla sceneggiatura.E così, il film, pur con qualche momento godibile, rischia di stancare prima della fine per eccessi narrativi:oltre tutto, scarsamente credibile la scena in cui Gregory Peck,sotto l'effetto di droghe, rischia di essere investito in autostrada, gesticolando alle macchine che gli sfrecciano intorno.