lunedì 28 giugno 2010

STURMTRUPPEN ( I,1976)
DI SALVATORE SAMPERI
Con RENATO POZZETTO,Lino Toffolo,Cochi Ponzoni,Felice Andreasi.
COMICO

Dalle strisce di gran successo delle "Sturmtruppen" del bolognese Bonvi,venne tratto questo film diretto da Salvatore Samperi,su una sceneggiatura in larga parte elaborata da Cochi e Renato,musicato da Enzo Jannacci ed interpretato da una fitta schiera di comici provenienti dal palcoscenico del Derby,celebre cabaret milanese. Ottavo incasso stagionale del '76/77,è oggi praticamente quasi dimenticato,come molti altri grandi trionfi al botteghino di Pozzetto. Per qualche sprazzo di umorismo surreale azzeccato(la lotta del generale balordo con un manichino semovente di Marx,alcune uscite stralunate di Pozzetto,la prova validissima dell'ottimo Felice Andreasi), il film è sgangherato come il battaglione che propone,con scenette spesso poco centrate,scarsissimi tempi azzeccati,l'evidente disagio di Samperi a confronto con il film comico vero e proprio,un collage di situazioni e gags che sulla carta funzionavano bene,sullo schermo assai meno. Si vorrebbe deridere il militarismo,fare una satira grassa ma diretta sulla fascinazione tardiva del nazismo su molto cinema italiano impegnato del periodo (non esaltandolo,beninteso,ma tentando di esplorarne la fascinazione che esercitava su certi individui),ma le polveri dell'estro sono bagnate,il divertimento è assente,e si prova ben presto una certa noia di fronte a battutine e circostanze spesso messe lì ed inerti,con puntate al macabro che più di una volta sprofondano in uno squallore che intristisce.

venerdì 25 giugno 2010

GANG (Thieves like us,USA 1974)
DI ROBERT ALTMAN
Con KEITH CARRADINE,SHELLEY DUVALL, Bert Remsen,Jack Schuck.
DRAMMATICO Tra i meno celebrati film di Robert Altman,si inserisce nel filone gangsteristico ambientato negli anni della Grande Depressione,che vide esempi quali "America 1929" di Scorsese:"Gang" è un film di banditi atipico,in cui si assiste a poche sparatorie,eccetto il massacro finale che tale non si può definire,anche perchè consiste nella crivellazione di una baracca da parte di decine di fucili per uccidere un personaggio.Altman racconta di esseri umani probabilmente consapevoli di non poter contare su una vita lunga,che si arrabattano tra miseria e rischio,fino all'ineluttabile resa dei conti con il destino:in comune con molti autori che si sono occupati del medesimo periodo e di simili tematiche,il regista tende a sottolineare la crudeltà degli uomini di legge,più spietati e avvezzi ad usare la violenza dei criminali.Però,forse per l'inflazione nel periodo del genere,ampiamente proposto e sfruttato,"Gang" non risulta tra le migliori cose dell'autore di "Nashville",forse più un'ambizione realizzata,quella di girare appunto un film di gangster,come altri l'hanno con il western.La storia è abbastanza scontata,compresa la tragedia finale, e gli interpreti,tra i quali è la migliore, la "habituèe" del cinema altmaniano Shelley Duvall rendono sufficientemente caratteri non memorabilissimi. Un Altman minore,seppure sempre di categoria.
ULTIMO MINUTO ( I,1987)
DI PUPI AVATI
Con UGO TOGNAZZI,Elena Sofia Ricci,Massimo Bonetti,Lino Capolicchio.
DRAMMATICO
Apprezzato parecchio dalla critica alla sua uscita, poco dopo "Regalo di Natale",rappresenta l'ultima interpretazione di livello di Ugo Tognazzi e viene spesso citato come uno dei pochi film italiani sul calcio ben fatti.A parte che di calcio giocato non se ne vede praticamente per niente,salvo qualche pallonata e la panchina della squadra della quale il manager interpretato dall'attore cremonese è ufficioso curatore,il film non è male,ma presenta certi difetti tipici e inguaribili del cinema di Avati a tal punto da renderlo sopravvalutato,se si considerano le ottime recensioni lette a proposito. Punteggiato da una colonna sonora retorica ed elegiaca,spesso fuori luogo (è una rielaborazione dell' "Alèè-oò" da stadio con echi melensi,di Riz Ortolani),"Ultimo minuto" sovrappone questioni private e conduzione dei giochi,spesso poco puliti,dietro al mondo del pallone,con una società debole,che per rimanere in serie A deve intrallazzare,soprattutto nell'operato del protagonista:la buona prova di Tognazzi non basta,però, ad elevare il film,che si mantiene ambiguo,quasi a sostenere che se fatte con il cuore,combine e cose losche siano accettabili.Avati giunge al finale quasi da inconsapevole di come funziona un campionato:alla quarta giornata pensa che un goal al novantesimo risolva i problemi?Ed il resto del torneo?In una nazione "malata" di calcio,curiosamente,il vero film sul mondo del pallone preso a pedate manca ancora.

lunedì 21 giugno 2010

RICATTO D'AMORE ( The proposal,USA 2009)
DI ANNE FLETCHER
Con SANDRA BULLOCK,RYAN REYNOLDS, Mary Steenburgen,Craig T.Nelson.
COMMEDIA/SENTIMENTALE
La commedia sentimentale ha le sue regole,e una prevede che ci siano due sessi in competizione in un gioco di ripicche e conflitti,che scatti qualcosa tra i due personaggi principali,salga una tensione drammatica che rischi di mandare tutto a carte quarantotto,e il finale si risolva con qualcuno dei due che cede terreno per riconquistare l'altro.Si sa,si inventa poco,in questo genere specialmente,che a volte basta guardare il trailer ed abbiamo sia capito già tutto che visto i momenti più divertenti dell'intera pellicola:perchè guardarne altre allora?Prima di tutto perchè se gli sceneggiatori sono bravi,comunque resta il gusto di battute e caratterizzazioni da ricordare;e poi solitamente gli interpreti possono avere un bel peso nel rendere il meno banale possibile l'intreccio e intrattenere lo spettatore sulla relativa "suspence" del gioco-battaglia tra sessi. "Ricatto d'amore" è stata una delle commedie di maggior successo del 2009,uscita tra l'altro ai primi di Settembre qui da noi con una certa fortuna,e va detto che seppure tra molta prevedibilità sulla trama,lo spunto non è tra i più peregrini (una manager che escogita un macchinoso piano per non farsi cacciare dagli Stati Uniti,essendo canadese,sposando un cittadino statunitense,tra l'altro suo diretto sottoposto), e sia il coro dei caratteristi che l'accoppiata Bullock-Ryan non dispiace.Certo,si sa tutto prima dall'inizio alla fine,ma almeno è un prodotto decoroso.

domenica 20 giugno 2010

LA PRIMA COSA BELLA (I,2009)
DI PAOLO VIRZI'
Con VALERIO MASTANDREA,MICAELA RAMAZZOTTI,STEFANIA SANDRELLI,Claudia Pandolfi.
COMMEDIA/DRAMMATICO


Ritorno a Livorno per Paolo Virzì,con un film che probabilmente ritiene molto personale,e ed al quale ha arriso un forte consenso sia di pubblico che di giurie,dato che ha vinto numerosi premi:un film di sentimenti a pieni polmoni, ma anche un inno all'amore per la vita,comunque vada e sia andata. Una donna bellissima e forse non molto intelligente,ma che vive d'amore per i propri figli e sbaglia tante strade ma possiede talmente tanta umanità da rendere quasi impossibile non affezionarvisi.Un figlio che forse è un disadattato per il peso di una sensibilità rifuggita con testardaggine, che ha scansato le responsabilità ma alla fine è quello che ha retto i colpi più grossi,una figlia che sembra quella solida,con una famiglia costruita ma con un cuore a cui ha messo la sordina:"La prima cosa bella" è tutto questo,una commedia drammatica con squarci di riso,e la consapevolezza che a diventare drammatiche le cose ci mettono poco. Gran lavoro d'attori,con il ruolo di Anna,la madre,interpretata giovane da Micaela Ramazzotti e da matura da Stefania Sandrelli, un grande Valerio Mastandrea,sospeso tra sofferenza e naturale simpatia,e un coro di facce e voci che marchiano la pellicola come uno di quei film da amare.Onesto nel suo cercare l'emozione ma senza ricatti facili come scene madri canoniche da argomenti come malattia e morte,vala il monologo di Isaac-Woody Allen nel finale di "Manhattan" su ciò per cui vale la pena vivere:perchè questa è la cosa importante,che conta davvero,la vita,nei suoi rovesci e nelle sue impennate di gioia,da ricompensare in un abbraccio collettivo,e non importa che sembri forse troppo tardi, alla faccia di orgoglio,rancori,cose andate male e amori non compresi.Punteggiato da una colonna sonora fatta di Nicola Di Bari,Camaleonti,ed altri rappresentanti di quel melodico italiano anni Settanta che da un lato può parer grottesco,ma che riporta anche sensazioni lontane per l'assonanza con momenti vissuti un pò da tutti, trasmette un messaggio di una bellezza disarmante nella sua semplicità,che è bello esserci,ed esserci stati.

sabato 19 giugno 2010

IL MISTERO DI BELLAVISTA (I,1985)
DI LUCIANO DECRESCENZO
Con LUCIANO DE CRESCENZO, Marina Confalone,Sergio Solli, Renato Scarpa.
COMMEDIA
Ricordo che ai tempi dell'uscita,a Natale '85,che fu il flop delle feste natalizie,sebbene il precedente "Così parlò Bellavista",uscito la stagione prima,fosse tra i maggiori incassi dell'anno:certo,ci fu lo strapotere del secondo "Rambo",la terza avventura degli "Amici miei",ma se De Crescenzo pensava di bissare l'effetto del suo best-seller letterario portato in modo appiccicaticcio sullo schermo,aveva preso un granchio colossale.Basato,ma parecchio alla lontana,sull'altro libro decrescenziano "Oi dialogoi" (che è una lettura gradevole), "Il mistero di Bellavista" ripropone un'altra esaltazione della "napoletanità" tutto sommato esaltandone la particolarità,la naturale insofferenza alle regole, la filosofia (a dire dello scrittore-regista) insita in ogni napoletano che si rispetti,l'approccio alle cose mai troppo coinvolto e che lascia le cose come stanno,ma in fondo va bene così. Senza pensare che un "omaggio" a Napoli così concepito non lo scriverebbe neanche Borghezio,onde sottolinearne i motivi per cui un leghista non ci andrebbe mai a vivere,e non solo lui. Girato sconclusionatamente,spicciola lezioncine di vita e di "savoir pensèr" con autocompiaciuta,pesante esasperazione del prenderla alla leggera, fatto di stacchetti e siparietti senza gran concatenazione,è andato male al botteghino,e onestamente se lo meritava.

LEGAMI! (Atame,ES 1989)
DI PEDRO ALMODOVAR
Con ANTONIO BANDERAS,VICTORIA ABRIL,Francisco Rabal,Loles Leon.
GROTTESCO
Arrivato subito dopo l'esplosione a livello internazionale del successo di Almodòvar,già da qualche anno apprezzato dai cinefili per la carica irriverente e la cifra molto personale del suo cinema, "Lègami!" è una commedia grottesca con forte connotazione erotica,che prevede un amour fou che si tramuta in sentimento accettato e sostenuto da entrambi le parti.I fascinosi Banderas e Abril vivono una relazione che definire atipica è poco,dato che l'uomo,orfano e rimasto in un istituto di igiene mentale per anni,esce e rapisce l'ex-divetta del cinema porno che ammirava dentro casa di lei, legandola e attendendo che provi amore per lui. Benchè paradossale e azzardata,la situazione lentamente prende il verso voluto dal protagonista,ma la sceneggiatura tiene sulla corda lo spettatore non garantendo mai,fino alle scene finali,se la donna finge di innamorarsi per aspettare di fuggire alla prima occasione,o davvero è conquistata dall'estremo amore che lo squinternato le dichiara a spron battuto.Rispetto all'appena precedente "Donne sull'orlo di una crisi di nervi",il film non ha la medesima carica vitale,nè una sceneggiatura altrettanto pepata:ben recitato da due conclamati sex-symbol iberici,si chiude prevedibilmente su un lieto fine che probabilmente anni prima avrebbe spiazzato del tutto il pubblico,ma considerata la vena anticonformista (all'origine) del suo autore,è quello che meglio si adatta al racconto.Tutto sommato si guarda bene,ma non incide moltissimo.

martedì 15 giugno 2010

JOHNNY GUITAR (Johnny Guitar,USA 1953)
DI NICHOLAS RAY
Con JOAN CRAWFORD,STERLING HAYDEN, Ward Bond,Mercedes McCambridge.
WESTERN
Western considerato a parte,e forse giustamente,dagli appassionati del genere,"Johnny Guitar" vede un conflitto di femmine forti ,con gli uomini che seguono il corso delle cose,ma, contrariamente alle norme tipiche del mondo del West,non incidono in fondo nella vicenda narrata. Vienna, una donna matura con un passato burrascoso,riuscita ad aprire un saloon in una zona nella quale sorgerà una stazione e quindi un centro abitato,e quindi guadagni, viene assediata dai possidenti locali che non intendono lasciare nemmeno una briciola ad altri,capeggiati da un'Erinne che sorride di livore e freme di odio,che ha puntato come obiettivo da annientare la protagonista. Il cowboy suonatore Johnny Guitar,che nasconde molto,ingaggiato da Vienna rivaleggia con "Ballerino" Kid per le grazie della proprietaria del saloon,ma anche questo scontro verrà risolto senza che i due uomini si affrontino mai.La regia di Ray si divide tra una prima parte ambientata quasi per intero nel saloon,dove si sfidano le fazioni in lotta,più di due,e una seconda più "tradizionale", con cavalli,colpi di pistola,impiccagioni e fucili. Lo sguardo fiammeggiante di Joan Crawford,in una delle sue più interpretazioni più intense, alimenta il lato mèlò della pellicola,mentre Sterling Hayden dà fisicità ad un ruolo in cui non avrebbe sfigurato Robert Mitchum,di antieroe indolente anche se avrebbe le potenzialità per vincere i conflitti:un film fatto anche di colori saturi e in cui neanche la risoluzione finale della sparatoria assomiglia ai canoni del cinema di Ford,Hawks e Leone.

lunedì 14 giugno 2010

ARRIVANO I BERSAGLIERI (I,1980)
DI LUIGI MAGNI
Con UGO TOGNAZZI,Giovanna Ralli, Ombretta Colli, Vittorio Mezzogiorno.
COMMEDIA Nella sua esplorazione della Roma papalina e della sua Storia,Luigi Magni si occupò anche dell'arrivo dei bersaglieri,a rappresentare il giovane stato italiano che irrompeva nella statica bolla fuori dal tempo a radice pontificia che era la futura capitale nostrana. Quasi interamente ambientato in un palazzo patrizio, "Arrivano i bersaglieri" vorrebbe raccontare dell'impatto della nuova nazione su una mentalità conservatrice,le trame che conducono al papato,intrallazzi tra nobili e la forza della Storia che cambia le cose.Solo che Magni sembra già in fase declinante,perchè il racconto propone più luoghi comuni che personaggi,dalla serva saggia e fedele alla moglie fedifraga,per tacer del prete scroccone e della figlia ribelle. Inoltre,Ugo Tognazzi nei panni del nobile romano recalcitrante ad accettare l'annessione all'Italia è uno dei più clamorosi casi di miscasting,ed è curioso constatare che il regista abbia voluto il grande attore cremonese per una parte molto più nelle corde di un Mastroianni o di un Manfredi. Nonostante tutto,un film tra i meno interessanti del regista romano,che sembra un pò una summa di molto suo cinema,ma che ne sottolinea gli aspetti più scontati, con un'abbondanza di sottolineature del lato sentimentale della vicenda che rischia di far diventare melensa l'operazione.

venerdì 11 giugno 2010

TEMPI MIGLIORI (The best of times,USA 1987)
DI ROGER SPOTTISWOODE
Con ROBIN WILLIAMS,KURT RUSSELL,Pamela Reed,Donald Moffat.
COMMEDIA Uscito in Italia dopo il successo di "Good morning,Vietnam",ma direttamente in video,"The best of times" si basa su uno spunto non nuovo ma sempre accattivante,quale l'occasione di ridiscutere il presente rigiocandosi una chance che in passato ha dato cattivi risultati ed ha influenzato l'esistenza dei protagonisti. Qui si parla proprio di giocare,perchè il benestante ma frustrato Robin Williams da anni è tormentato da una palla persa durante una finale di football americano che secondo lui è la sua grande occasione andata male,e con un trucco di quelli bassi riesce a stimolare una pigra vecchia squadra a rimettersi insieme per affrontare gli antichi rivali. Spottiswoode,che all'epoca del film,godeva ancora dei crediti riscossi per "Sotto tiro",allestisce una commediola blanduccia,che non sa sfruttare la bravura degli interpreti per dare spessore ad una storia che si rivela,infine,quasi puerile nello svolgimento. Dignitoso,diligente,ma prevedibilissimo e quasi mai davvero divertente.

mercoledì 9 giugno 2010

LASSU' QUALCUNO MI AMA ( Somebody up there likes me,USA 1956)

DI ROBERT WISE

Con PAUL NEWMAN, Anna Maria Pierangeli,Everett Sloane,Ellen Eckart.

DRAMMATICO

Al secondo film dopo "Il calice di cristallo",del quale egli stesso diceva un gran male,Paul Newman esplose con questo dramma biografico-sportivo diretto da un regista da grandi successi come Robert Wise,che racconta la storia del boxeur Rocky Graziano (Marciano?), che nasce Barbella e nei bassifondi si mette spesso nei guai per il carattere violento e il fare sbruffone,che presto lo porta a conoscere il carcere,fino ad una redenzione sul ring dove vince il titolo dei Medi.Titolo conosciutissimo e molto amato, "Lassù qualcuno mi ama" sinceramente flirta troppo con la sceneggiata per convincere del tutto,e la storia del pugile ex-delinquente che trova la sua strada facendosi perdonare da mammà va avanti troppo aneddoticamente per rappresentare una formazione vera e propria. Wise è stato un regista interessante,capace di attraversare i decenni e proponendo spesso cose belle,ma qui,al di là di una buona conduzione attoriale, non appassiona,nonostante il materiale a forte potenzialità emotiva.Newman lascia intuire la stoffa da interprete capace,ma mostra segni di essere ancora acerbo,con un sovraccarico della gestualità che in alcuni momenti è quasi goffo.Un classico,può darsi,ma che non mi ha acceso il cuore.


lunedì 7 giugno 2010

IL CONSIGLIORI (I/ES,1973)
DI ALBERTO DE MARTINO
Con TOMAS MILIAN,MARTIN BALSAM, Francisco Rabal,Dagmar Lassander.
DRAMMATICO Sulla scia dell'amplissimo successo de "Il padrino",fioccarono,al solito, imitazioni ed epigoni vari, come usava fare all'epoca non appena un film realizzava incassi forti:questa coproduzione italo-spagnola spadella una trama che ripropone stralci del romanzo di Puzo e del film di Coppola con dialoghi alquanto banali e una scansione dei fatti prevedibilissima,tra esecuzioni mafiose,sparatorie, e patti di sangue tra complici. Tomas Milian scimmiotta Al Pacino che si tramuta in un gangster sveglio e pronto all'assassinio,mentre Martin Balsam fa il criminale vecchio stampo,spietato con i nemici, ma generoso con gli alleati.Tra battute di un certo effetto sconcertante (alle offerte di una maitresse affettuosa,Balsam si nega teneramente dicendo "La minchia non vuole pensieri!", e Dagmar Lassander,in un empito d'amore a Milian dice "All'amore non importa se ti chiami Macaluso") e regolamenti di conti efferati, si giunge ad un finale di quelli in cui si vuol mandare a casa il pubblico cercando pure di fargli versare una lacrimuccia sul povero mafioso di buon cuore che ha perso le persone care e ha la malinconia nel cuore. Imperversato da una musica più adatta ad un fotoromanzo in celluloide di un Riz Ortolani al suo peggio, il film si chiude su un Martin Balsam che si allontana triste su una strada di campagna tutto solo.Anche a livello di strategia (ma come,nemmeno una guardia del corpo?) il film non racconta niente di accettabilmente plausibile.
MIO COGNATO ( I,2003)
DI ALESSANDRO PIVA
Con SERGIO RUBINI,LUIGI LOCASCIO, Mariangela Arcieri,Alessandra Sarno.
COMMEDIA/NOIR Sulla carta si profilava un'operazione riuscita,con il regista Alessandro Piva che proveniva da un piccolo ma sostanzioso successo come "La Capagira", e due interpreti di valore e sulla cresta dell'onda,specie in quel periodo Luigi Lo Cascio,di fresca acclamazione ne "La meglio gioventù":una commedia ambientata in una Puglia dai riflessi torbidi,viva ma anche rischiosa. Due personaggi agli antipodi, l'uno misuratissimo,affidabile,quasi fuori contesto nell'ambiente in cui vive,l'altro arruffone,estroverso,intrallazzatore e abile a muoversi nel sottobosco della malavita,per due forme di recitazione particolari,entrambe valide e altrettanto diverse.Però il film funziona poco. Come commedia non è sufficientemente divertente, come noir ha le polveri bagnate e verte al blando:inoltre,tutta l'operazione è un riferimento anche troppo evidente e smaccato a "Il sorpasso",quasi un remake non dichiarato,con finale tragico annesso e qui forzatissimo. E' un peccato,ma spesso la pellicola gira a vuoto,non coinvolge e non sviluppa interesse nello spettatore che prova anche uggia nonostante le premesse e la durata non eccessiva (novanta minuti,più o meno). Due caratteri in stridente contatto,che però forse attingeranno qualcosa l'uno dall'altro,e quando sembra ci siano nuovi equilibri, ecco che la sorte maligna fa uno sgambetto in cui qualcuno ci perde la vita:già visto troppe volte,e spesso reso meglio di così.

sabato 5 giugno 2010

LA NOSTRA VITA ( I,2010)
DI DANIELE LUCHETTI
Con ELIO GERMANO,Raoul Bova,Luca Zingaretti,Isabella Ragonese.
DRAMMATICO
Evviva,ritorna il mondo del lavoro operaio sui nostri schermi:cazzuole,calcina,stipendi che non arrivano e altro nel nuovo film di Daniele Luchetti,un dramma social-intimista che colpisce,ed a tratti lascia quasi attoniti per quanto renda verosimilmente coscienze mai del tutto pulite,o mai del tutto corrotte,anche se illustra con abilità la mentalità che ha intriso questo Paese,così concessivo a se stesso pur di sopravvivere. Da un trauma come quello della scomparsa dell'amata giovane moglie,che muore partorendo il terzo figlio,all'arroganza di un ricatto ai danni del principale per il protagonista Elio Germano il passo è brevissimo:e se la scena del funerale è lancinante in quel cantare "Anima fragile" a squarciagola con le lacrime che inondano gli occhi ma non ce la fanno ad uscire, la sceneggiatura tiene a bada la retorica mostrando compromessi,rapporti trasversali,e un modo infine di tirare a campare e andare avanti in un'Italia mica troppo bella da vedere e da vivere,in cui i beni materiali,alla maniera occidentale, possono teoricamente compensare i vuoti personali e sentimentali. Un cast composto con bravura e diretto con ancora maggior talento trova in un Elio Germano di un'intensità da "Actor's Studio" un tramite straordinario,giustamente premiato all'ultimo festival di Cannes.Individuo poco incline a lasciarsi andare ai sentimenti,il protagonista vive tutto cercando di tenere a galla la propria vita e quella dei tre bambini che deve accudire,all'accusa del ragazzo che ha praticamente adottato di avergli nascosto una verità terribile non sa rispondere,e andare al di là dei propri occhi,di nuovo,bagnati di lacrime che non scenderanno:ma l'immagine conclusiva del bel film del regista de"Il portaborse",di un padre che nonostante tutto,stringe a sè i suoi bambini,unica cosa che gli permette di guardare avanti, non può non riscuotere tenerezza.

giovedì 3 giugno 2010

THE ROAD ( The road,USA 2009)
DI JOHN HILLCOAT
Con VIGGO MORTENSEN,KODI SMITH-MCPHEE, Charlize Theron, Robert Duvall.
DRAMMATICO

Dopo mesi e mesi di rimandi arriva sugli schermi "The road",film nato già "maledetto",tratto dal romanzo omonimo di Cormac McCarthy,che nessuno voleva distribuire qua in Italia, non per motivi censori soliti,ma per il pessimismo macroscopico che la pellicola porta dentro sè.Anche se,a conti fatti, nel finale giunge una nota di speranza per il futuro. Il viaggio senza prospettive,se non quella di vedere quanto può durare la loro sopravvivenza,di un padre ed un figlio in un mondo annientato da un cataclisma misterioso (una guerra nucleare?un disastro ambientale?un meteorite gigantesco?) del quale la sceneggiatura poco ci racconta,si dipana nell'incontro con un'umanità ormai ridotta ad una brutalità senza limiti,rappresentata da cannibali che addirittura usano altri esseri umani come bestiame da macellare per sfamarsi,vagabondi affamati e tagliagole organizzati. Sembra che un segno di distinzione del mondo di McCarthy sia la mancanza di fiducia in un fato capricciosissimo che svilisce il senso delle cose normalmente dato dall'Uomo alle cose,che hanno un potere per lui incomprensibile e impossibile da gestire davvero. Un Viggo Mortensen in lento disfacimento morale e fisico fornisce un'ottima prova, ridotto quasi allo stremo ma deciso a vedere un domani di qualsiasi tipo,viene contrapposto all'innocente fiducia senza filtri del figlio Kodi Smits-McPhee,incapace di vedere come pericolo i propri simili,importante per riscoprire cose preziose come Pietà e Fiducia.Quel che convince poco è la sequenza finale,che pare una svolta un pò forzata dopo il senso di orrore crescente che ha accompagnato la visione del lungometraggio,ma il disagio che "The road" provoca è troppo genuino per perdersi un film così.