venerdì 26 febbraio 2010

WEST SIDE STORY ( West Side Story, USA 1960)
DI ROBERT WISE E JEROME K.ROBBINS
Con NATALIE WOOD, RICHARD BEYMER, Rita Moreno, George Chakiris.
MUSICALE/DRAMMATICO

Oscar a pioggia (dieci statuette) su uno degli adattamenti cinematografici per un musical tra i più famosi di sempre, codiretto dall'esperto Robert Wise e dal coreografo Jerome Robbins: in effetti, visto comunque mezzo secolo dopo la sua produzione, il film ha fascino e il suo punto debole è nelle scene più sentimentali, retoriche ed oggi molto datate. Però la qualità delle coreografie è alta, il tema degli odi razziali che portano ad una violenza assurda e cieca, come la morte di ragazzi per il predominio su un pezzo di quartiere, è sostenuto con passione civile forte, e le musiche conservano la loro bellezza e memorabilità. Adattamento dell'eterna suggestione di "Romeo e Giulietta" in versione allora modernissima, il film ha dalla sua una prospettiva stilistica d'effetto, ed è un musical in cui il passaggio-stacco brusco dal parlato al cantato non stona di brutto, come peraltro accade in altri classici: tra gli interpreti, notevoli Natalie Wood e Rita Moreno, mentre se pare un pò stucchevole l'unidimensionale Tony di Richard Beymer e plastico nelle pose George Chakiris. Tutti belli e dal talento danzante notevole,ma forse a livello di sceneggiatura si poteva lavorare anche meglio.

WOLFMAN ( The Wolf Man, USA 2009)
DI JOE JOHNSTON
Con BENICIO DEL TORO, Anthony Hopkins, Emily Blunt, Hugo Weaving.
HORROR

Rimandato per troppo tempo perchè non vi siano stati problemi nella lavorazione, giunge infine sugli schermi il remake de "L'uomo lupo" che all'inizio degli anni Quaranta definì le sembianze cinematografiche di uno dei grandi Miti della fantasia popolare e della letteratura e del cinema d'orrore: un cambio dietro la macchina da presa (dal Mark Romanek di "One hour photo" siamo passati al più affidabile commercialmente Joe Johnston di "Jurassic Park III"), e continui rimandi nell'uscita mai veramente giustificati dalla produzione hanno creato un piccolo caso,visti anche i nomi in gioco nel cast,compreso il truccatore Rick Baker. Ambientato nel 1891 in un'Inghilterra cupa, vede la casa avita dei Talbot in decadimento, prima dei titoli iniziali muore il fratello del protagonista,assassinato da qualcosa di misterioso ed orribile che vaga nei boschi: e se è interessante l'abbozzata critica ai metodi repressivi dei manicomi e l'impronta crudele e sadica di un padre padrone dallo sguardo obliquo di Anthony Hopkins nei rapporti con un personaggio principale votato alla dannazione per essere stato infettato da un licantropo, anche la violenza in alcuni momenti incline allo splatter non sconvolge, non turba. L'intero film soffre di un'artificiosità marcata sia nella rappresentazione dell'ambiente che nelle parti più deliberatamente fantastiche, e scopre troppo presto le carte dell'intrigo familiar-edipico che segna l'animo del mostro per forza Benicio Del Toro. Spettacolare, ma troppo finto per appassionare, ha un'unica sequenza di una certa suspence e forza cinematografica: quella in cui il protagonista è esposto in una sala del manicomio in cui è stato ricoverato per dimostrazione della sua supposta follia, e si avvia una trasformazione che porterà ad un massacro. Ma è difficile che divenga un classico.

mercoledì 24 febbraio 2010

IL RAGAZZO DI CAMPAGNA ( I, 1984)
DI CASTELLANO & PIPOLO
Con RENATO POZZETTO, Donna Ohsterbuhr,Massimo Boldi, Massimo Serato.
COMICO
Uscito a Natale '84, "Il ragazzo di campagna" è uno degli ultimi grossi risultati commerciali di Renato Pozzetto, ma anche di Castellano & Pipolo, dopo i fasti delle stagioni precedenti: anzi, se per il comico lombardo ci fu ancora tempo per un bel colpo di reni con "Da grande" e le prime due "Comiche", per il duo di registi si può considerare l'ultimo esito davvero positivo, visto che lo strombazzatissimo "Grandi magazzini" di due anni dopo, con un cast zeppo di nomi di spicco della commedia, non riscosse poi i favori preventivati. La storia di questo film ha uno spunto piacevolmente surreale, con un quarantenne abituato alla vita agreste che si scuote tutto insieme dal torpore del suo tran tran e si decide ad affrontare la grande città:ed infatti, il meglio della pellicola è nella sequenza del risveglio, con tanto di vetri che sulla finestra non ci sono, un pinguino che esce dall'armadio e la bacinella dell'acqua che contiene ghiaccio. Poi, un nulla di un'ora e mezza con battute fiacche o inutilmente volgari ( il cugino "cittadino" Boldi, che rifà le battute che sparava all'epoca in televisione e si presenta alazando la gamba e lasciando andare metano a profusione...), Pozzetto che arranca tra volti seminoti in situazioni grossolane, buone tutt'al più per far ridere un pubblico molto volenteroso, con moraletta finale sospesa tra il balordamente loffio e l'innocuamente risaputo.

LA SECONDA GUERRA CIVILE AMERICANA
( The second civil war, USA 1997)
DI JOE DANTE
Con BEAU BRIDGES, JAMES EARL JONES,RON PERLMAN, BRIAN KEITH.
GROTTESCO
E se nella nazione più potente del mondo e (teoricamente) più avanti di tutte le altre, si scatenasse una guerra civile per contrasti derivati dall'intolleranza verso le minoranze? L'apologo grottesco, che passa dalla commedia iniziale al dramma dell'ultima parte, sfornato da Joe Dante, è di quelli che portano a riflessioni non banali:il tema della nazione frutto dell'unione di popolazioni diverse tra loro, la Grande Patria che ha sempre accolto uomini in fuga, diseredati e viaggiatori che implode per uno scellerato uso della politica, e il troppo Potere concesso a chi enfatizza l'odio interno alla società sono argomenti tutt'altro che da liquidare brevemente. Ed il regista di "Salto nel buio" assolve il compito che si è scelto con seria ironia, costruendo un esempio di cinema graffiante che tocca sociale e politica senza pesare, prendendo come riferimento all'interno della storia l'anziano e saldamente democratico giornalista James Earl Jones, consapevole della demenza degli sviluppi della Storia in alcuni passaggi, e degli uomini che a tal punto la portano. Purtroppo non è un titolo celebre come avrebbe meritato,giunto forse in un periodo in cui dal cinema il pubblico pretendeva più leggerezza o semplicemente aveva voglia di svagarsi,punto e basta. L'estate prossima Joe Dante tornerà sugli schermi, è una bella notizia.

IL COMMISSARIO LO GATTO ( I, 1986)
DI DINO RISI
Con LINO BANFI, Maurizio Micheli, Isabel Russinova, Licinia Lentini.
COMMEDIA C'è stata una fase, tra i film con la Fenech,la Rizzoli e la Bouchet e il grande successo televisivo di "Un medico in famiglia" in cui Lino Banfi figurava in commedie più "ripulite" e affidate a registi migliori dei vari Tarantini, Martino: "Il commissario Lo Gatto" fa parte di questo periodo della carriera del comico pugliese, comunque bravo interprete, soprattutto nelle accelerazioni nevrotizzate dei suoi personaggi. Però l'estro magico di Dino Risi era ormai sfumato (vedere anche "Teresa" con la Grandi, ad un livello assai peggiore),la sceneggiatura,che prevede un intrigo giallo senza capo nè coda, non aiuta affatto, e se i siparietti tra Banfi e Micheli sono simpatici nei limiti del garbo degli interpreti che non hanno occasione di sfoderare battute veramente divertenti, la storia sembra andare per conto suo, senza alcuna incidenza da parte dei caratteri. Già in adattamento per la televisione, è la dimensione di molto cinema popolare anni '80, forse il più datato degli ultimi decenni per tempi narrativi ed allestimenti tecnici( effetti speciali,costumi,fotografia,colonna sonora):sia l'horror,che la fantascienza, che la commedia più commerciali mostrano solo vent'anni dopo troppe rughe per avere un qualsiasi fascino vintage.

martedì 23 febbraio 2010

IL VIZIETTO ( La cage aux folles, I/F 1978)
DI EDOUARD MOLINARO
Con UGO TOGNAZZI, MICHEL SERRAULT, Michel Galabru, Carmen Scarpitta.
COMMEDIA

Uno dei maggiori successi internazionali venuti dalla Francia,rifatto poi a quasi vent'anni di distanza in America:da una commedia molto applaudita,Edouard Molinaro ha tratto un film brillante che deve molto della sua riuscita all'azzeccatissimo abbinamento dei due attori principali.E se Ugo Tognazzi,biondo e con baffetti,ha la finezza di un'ambiguità a tratti molto mascolina,Michel Serrault,nei capricci da diva del suo Albin è un divertentissimo personaggio,reso con maestria d'interprete.Il film ,pur con qualche leggero rallentamento nel passo a metà racconto,arriva in crescendo:e tra i comprimari fa la sua bella parte il burbero Michel Galabru,suocero conservatore di Renato/Tognazzi.Anche tra vent'anni sarà simpatico,c'è da giurarci.


NESSUNO CI PUO' FERMARE ( Stir crazy, USA 1980)
DI SIDNEY POITIER
Con GENE WILDER, RICHARD PRYOR, JoBeth Williams, George Stanford Brown.
COMMEDIA

Quarto film dietro la macchina da presa per Sidney Poitier, fu tra i maggiori incassi del 1980 in USA, ma non all'estero, dove passò abbastanza velocemente: Gene Wilder e Richard Pryor, alla seconda collaborazione (ne verranno altre due), hanno una buona alchimia, il riccioluto con gli occhi da matto buono ed il baffuto un pò codardo, e lo spunto di partenza è simile al successivo "Scappo dalla città". A bordo di una Dodge vecchia che presto li lascia a piedi, i due si arrangiano e trovano lavoro facendo pubblicità ad una banca vestiti da Picchiarello , ma si ritrovano nei guai e accusati di rapina: la parodia del genere carcerario strappa qualche flebile sorriso, la trama è pretestuosa e l'umorismo, nonostante i due bravi attori messi in scena, non è di quelli che ti squassano dal riso. Regia appena sufficiente, per una commediola innocente, che però va avanti a singhiozzo e non coinvolge quasi mai.
FUNNY PEOPLE ( Funny people, USA 2009)
DI JUDD APATOW
Con SETH ROGEN, ADAM SANDLER, Leslie Mann, Eric Bana.
COMMEDIA/DRAMMATICO

In America questo blocco di comici va forte, incassano molto e viene considerato il "pack" di riferimento per il genere brillante: qui da noi stenta a reggere due settimane in proiezione, e recupera un pò in video e nelle trasmissioni televisive. Ad occhio e croce questo dovrebbe essere un pò la summa dell'Apatow-pensiero, una commedia che ha una contaminazione drammatica su temi come la malattia grave,l'arte di far ridere, il successo e le relazioni personali: però, non si capisce perchè immettere una sequela di parolacce come quella che puntualmente si sente in ogni film di questi sceneggiatori e registi, a tal punto che in ogni frase ce ne sono perlomeno un paio di troppo( e il sottoscritto non è certo un puritano). E comunque, due ore e venticinque minuti sono una durata estenuante per la sostanza della storia, che poteva essere interessante: un comico di successo, probabilmente destinato a spegnersi presto per un grave male diagnosticatogli, si accolla un cabarettista dilettante che vuole arrivare, ma sembra non sfondare.Il confronto tra i due è anche aspro, visto che la star è arrogante, e l'altro maldestro, e benchè si sfiori un lieto fine un pò forzato, il film sa tornare con i piedi per terra e proporre una conclusione dolciastra, che lo rende più apprezzabile. Sia Sandler che Rogen hanno buoni momenti, ma il copione è infarcito di troppe volgarità gratuite ed in eccesso per divenire una buona commedia drammatica, benchè i personaggi siano strutturati in modo credibile.

domenica 21 febbraio 2010

L'INFERNALE QUINLAN ( Touch of evil, USA 1958)
DI ORSON WELLES
Con CHARLTON HESTON, ORSON WELLES, Janet Leigh, Marlene Dietrich.
NOIR
La stazza mastodontica del capitano di Polizia Quinlan si staglia terribile sulla sua prossima vittima, di un concetto personale di Giustizia utilizzata come pax e da raggiungere anche con arrangiamenti gravissimi che non tengono assolutamente conto del prossimo: oramai trasfigurato fisicamente, Orson Welles gira un noir dalla tecnica di ripresa elegantissima, audace nei temi e nella rappresentazione per il cinema americano di fine anni Cinquanta, intenso, ambiguissimo. Un uomo che ha preso Legge e Giustizia per temi da interpretare e stravolgere a proprio piacimento, con un passato da dimenticare e una tendenza ad abbrutirsi senza freni, che vive d'istinto come una belva e come tale difficilissimo da mettere in trappola, contrapposto ad un eroe tutto d'un pezzo ma che non ne possiede la dimensione tragica e umana. Welles, tra piani sequenza di fascino sempiterno, primi piani che enfatizzano le espressioni a livello maiuscolo, ed un uso dei personaggi e delle loro motivazioni sapiente, realizza un grande film drammatico, che rientra nel noir sia per le atmosfere che per il soggetto, ma appartiene per l'ampiezza delle tematiche che per lo studio profondo dei caratteri negativi alle grandi tragedie di scespiriana ispirazione. La fisica indisponenza di Quinlan è resa da Orson Welles con maestria, che ne fa uno dei cattivi più memorabili della storia del cinema, come molti emblematici personaggi anche storici partiti con intenzioni lodevoli e amministratori in seguito del Potere in modo inumano e marionette malvage nelle grinfie dello stesso:d'intorno, tutti bravi, ma un personaggio così sovrasta tutti per forza.

ROCKNROLLA ( Rocknrolla, GB 2008)
DI GUY RITCHIE
Con GERARD BUTLER, Tom Wilkinson, Thandie Newton, Mark Strong.
AZIONE/GROTTESCO
Reduce dal divorzio con la superstar Madonna, tra i passi falsi tipo il remake di "Travolti dal destino" e il grande successo di "Sherlock Holmes" (oltre le previsioni,probabilmente), Guy Ritchie sforna un noir grottesco e d'azione come piace a lui: "Rocknrolla", come vengono definiti i tipacci più tosti della mala britannica, è un divertissement con lessico colorito, come si suole in questo genere di pellicole, qualche scena violenta e un sarcasmo denso usato come motore di tutta l'operazione. Che, onestamente, l'umorismo di Ritchie non sia proprio di quelli più raffinati e coinvolgenti sono convinto anche io, ma, pur nella dispersione narrativa tipica di questo regista inglese cui non manca comunque l'estro, il filmaccio c'è. Tra mafiosi russi dagli atteggiamenti padronali e dalle tecniche crudeli, vecchi capobanda disposti a tutto pur di confermare il loro potere e nuovi leoni del sottobosco che menano alla cieca per spodestare gli altri, con la polizia assente per ignoti motivi, si dipana un intreccio a base di soldi, quadri scomparsi e regolamenti di conti vari; nel variegato cast, da citare perlomeno un Tom Wilkinson rancoroso boss con metodi da vecchio strozzino e l'ex duro di Sparta Gerard Butler, un attore capace di spaziare dalla commedia ai ruoli d'azione con scioltezza da divo,per ora non sempre bene utilizzato.E il sequel è annunciato nei titoli di coda, tanto per spiegarsi...

venerdì 19 febbraio 2010

AMABILI RESTI ( The loving bones, USA/GB/NZ 2009)
DI PETER JACKSON
Con SAOIRSE RONAN, MARK WAHLBERG, Stanley Tucci, Rachel Weisz.
DRAMMATICO
Il progetto di adattare per lo schermo "The lovely bones", romanzo apprezzatissimo di Alice Sebold, uscito nel 2002, era già stato annunciato da Peter Jackson prima di metter mano al suo "King Kong":e,come si è letto da qualche parte, non è un ridimensionamento dell'autore dopo il risultato commercialmente non esaltante dell'ultima versione del gorilla gigante. Perchè in "Amabili resti" vi sono sequenze di una bellezza stordente, può darsi che ci sia qualche tocco kitsch nella rappresentazione visiva del limbo in cui Susy vaga dopo essere stata brutalizzata ed uccisa dal mostro della casa di fronte:però si sa, i libri molto amati raccolgono sempre commenti piccati da lettori delusi o che non hanno ritrovato ciò che avevano immaginato mentre scorrevano le pagine del testo cui si sono affezionati. E tradurre un romanzo in un film troverà sempre chi è scontento, perchè (per fortuna)la personale fantasia ed interpretazione di parole scritte è diversa per ogni mente che vi si rivolge. Ed è vero che quest'opera non arriva ad essere un capolavoro, anche se in alcuni momenti guardandola viaggia a livelli alti:un minutaggio eccessivo smorza il pathos, alcuni personaggi a tratti sembrano esclusi dal racconto per tornarvi in modo marcato. Però come poche altre volte al cinema, si è riusciti a fondere la Pietà per una vita strappata,recisa come le rose che tornano spesso sullo schermo (è l'assassino che le taglia appunto) e la Nostalgia per chi non c'è più fisicamente, ma che in qualche modo si sente presente,nei pensieri,nei ricordi, nelle sensazioni: la dimensione in cui la protagonista esplora un Nulla fatto di ciò che può essere meraviglioso nell'universo conosciuto sta appena fuori dalla ricostruzione suggestiva di una provincia tranquilla del 1973 in cui si annida un Male così segreto da apparire quasi impossibile. Notevole l'interpretazione di Stanley Tucci, un omino grigio che non lascia tracce di sè, della cui follia omicida non c'è altra spiegazione dell'impulso maniacale che compensa il vuoto in cui si crogiola inerte, e il vivido verde degli occhi della protagonista Saoirse Ronan è tra i colori che rimangono impressi a lungo nella retina, e nel ricordo, dello spettatore.

WILLOW ( Willow,USA 1988)
DI RON HOWARD
Con WARWICK DAVIS, VAL KILMER, Johanne Whalley, Jean Marsh.
FANTASTICO/AVVENTURA
Erano gli anni in cui il fantasy provava ad imporsi come genere ad alta ricezione popolare, e qualche buon risultato commerciale venne conseguito,come questo e "La storia fantastica" di Rob Reiner:tra i primi successi di Ron Howard, "Willow" narra di guerrieri,regine malvagie, nani coraggiosi,fate e gnomi traendo ispirazione da uno spunto biblico. Infatti, come Mosè la neonata principessa verrà affidata alle acque per salvarla dalla crudele regina che ha sequestrato tutte le donne in procinto di partorire:meno male che il piccolo Willow, un eroe imprevisto, la raccoglie e parte l'avventura. Benchè apprezzabile nel pastiche di leggende e creature di fantasia, di avventura e ironia, il film non ha gran respiro, nonostante le energie profuse anche a livello di effetti speciali: Val Kilmer, nel ruolo del rustico Madmartigan è un prode recalcitrante verosimile, ma sembra più che altro un problema di regia, e che Howard non sappia imprimere il ritmo giusto al racconto, che procede spesso a strattoni. I bambini magari vi si divertiranno, ma la pellicola non lesina stucchevolezze, ed è un peccato.

mercoledì 17 febbraio 2010

YUPPIES 2 (I, 1986)
DI ENRICO OLDOINI
Con JERRY CALA', MASSIMO BOLDI, CHRISTIAN DE SICA, EZIO GREGGIO.
COMMEDIA

Uno dei due soli film a piazzarsi tra i primi dieci incassi della stagione 86/87,una delle piu'disastrose ,anche commercialmente per il nostro cinema.Usci'a pochi mesi di distanza dal primo "Yuppies",ne riprende i personaggi e la butta piu'sul goliardico,volendo forse fare qualcosa di simile ad "Amici miei" in salsa meneghina,con gli innesti dialettali del romano DeSica,del piemontese Greggio e del veronese Cala':piu'ridanciano del precedente film,questo sequel,nella sua cialtroneria cinematografica(piu'di una scena ricorda gli stacchi di "Drive In"),presenta qualche motivo d'ilarita',Athina Cenci nel doppio ruolo della manager che Greggio vorrebbe concupire e della sua sosia sboccata ha qualche buon momento ,e la colonna sonora fatta di hits di quel periodo non è male.Certo,se si va per il sottile c'è di che eccepire...

martedì 16 febbraio 2010

A.I.-Intelligenza Artificiale (A.I.: Artifical Intelligence, USA 2001)
DI STEVEN SPIELBERG
Con HALEY JOEL OSMENT, Jude Law, William Hurt, Frances O'Connor.
FANTASCIENZA

E'un film che da subito emana un'aura di opera irrisolta.Probabilmente è perche'risulta troppo cerebrale per essere un film di Spielberg,troppo avvezzo ad accelerate sentimentali per assomigliare a un lungometraggio di Kubrick.Ha scene straordianrie(atroce quella della giostra-massacro dei robot),momenti assolutamente strazianti(il robot-bambino abbandonato nel bosco),splendide prove d'attore(Haley Joel Osment,toccante,e Jude Law,infelice e ironico),a tratti emerge la statura di grande autore di Spielberg.Pero'"A.I." non convince fino in fondo,il lungo strascico prima della fine appesantisce notevolmente la narrazione,e comicia a perdere d'interesse nella seconda meta'.Peccato,perche'aveva tutti i presupposti del capolavoro.


SEI GIORNI, SETTE NOTTI ( Six days, seven nights, USA 1998)
DI IVAN REITMAN
Con HARRISON FORD, ANNE HECHE, Temuera Morrison, David Schwimmer.
COMMEDIA/AZIONE


Ma come si fa a girare una commedia cosi'insipida?Ivan Reitman ,ormai in caduta libera,da'poca brillantezza a una storiellina inconsistente,in cui Harrison Ford ripete il numero di Bogart ne "La regina d'Africa"(ma molto in peggio),e Anne Heche è la donzella di citta'caratterialmente agli antipodi del pilota Ford,e che si innamora del duro e attempato scorbutico.Ci sono anche i pirati,ma la trama zoppica drammaticamente,e non ci si diverte mai .Lieto fine da contratto,e poi arrivano i titoli di coda.Meno male...


PROVA SCHIACCIANTE ( Shattered, USA 1991)
DI WOLFGANG PETERSEN
Con TOM BERENGER, Greta Scacchi, Bob Hoskins, Johanne Whalley-Kilmer.
THRILLER


Giallo con una buona trama,un po'sciupato dalla prevedibilita'dello scioglimento del mistero che si porta dietro il protagonista Tom Berenger dall'inizio.Coinvolto in un incidente,con il volto rifatto e un vuoto di memoria grande come il Veneto,l'uomo scopre via via che le cose non stanno come gli sembrano,e si fa strada nella sua mente una verita'sconcertante.Bravo Bob Hoskins nel ruolo di "spalla" che aiuta Berenger nell'indagine,l'attore di "Platoon" quando era presentabile e non faceva filmacci di quarta categoria,Greta Scacchi e'sensuale e nasconde qualche cosa:Petersen conduce con correttezza questo thriller tutto sommato adatto a un piacevole dopocena,e gira una scena alla "Ghost" con la versione inglese e originale di "Ho difeso il mio amore".
POSEIDON ( Poseidon, USA 2006)
DI WOLFGANG PETERSEN
Con KURT RUSSELL, JOSH LUCAS, Jacinda Barrett, Richard Dreyfuss.
AVVENTURA/DRAMMATICO

Tonfo stagionale dell'estate 2006,il remake de "L'avventura del Poseidon" (1972)è velocemente sfumato via dalle sale che doveva teoricamente riempire,come fece un paio di anni prima invece "L'alba del giorno dopo":se l'originale presentava comunque la geniale intuizione di uno scenario interamente rovesciato e caratteri insolitamente definiti per un kolossal catastrofico del genere,Petersen,a cui va riconosciuto di non aver fatto scempio delle pagine omeriane con "Troy",stringa il racconto e lo concentra in un'ora e mezza piuttosto spettacolare,ma che ha il difetto di una forte ripetitività.Pur passando sopra certi espedienti in sceneggiatura perlomeno astrusi(un crocifisso minuscolo che svita bulloni di una grata messi a pressione,un bambino recuperato senza spiegare come da una stanza completamente allagata),questo film avventuroso-catastrofico ad alto budget ha comunque una tenuta di ritmo discreta,ma rientra in un quadro di prevedibilità troppo alta,anche per una serata in cui la suspence dovrebbe essere di svago.




BACIAMI ANCORA ( I, 2010)
DI GABRIELE MUCCINO
Con STEFANO ACCORSI, PIER FRANCESCO FAVINO, CLAUDIO SANTAMARIA,GIORGIO PASOTTI.
DRAMMATICO
Forse era inevitabile che il gruppo di amici che sorprese non poco l'Italia cinematografica nove anni or sono tornasse sugli schermi a raccontare ciò che era successo dopo la conclusione de "L'ultimo bacio";e che Gabriele Muccino, dopo aver girato due film di consistente successo nella grande macchina hollywoodiana (più la prima volta della seconda, ma sono comunque cifre che qui ce le sogniamo,onestamente) si occupasse di nuovo dei temi che lo avevano portato ad un'affermazione sonora come quella. Quindi eccoci di nuovo con lo spaccato di ex-ragazzi oggi circa quarantenni che non hanno ancora trovato una certezza sentimentale e se c'è che si fa una ragione a malincuore di non poter riprendere ciò che era stato interrotto, qualcun altro si rituffa disperatamente tra le braccia di una donna provata a dimenticare:però quanta superficialità in questa lettura di una generazione ostinatamente impegnata a remare all'indietro (è la mia, ne sono consapevole...) nel flusso del tempo che maramaldo invece ha più forza, personaggi che all'inizio di una telefonata si proclamano un amore eterno ed una dipendenza irrevocabile dall'altra persona e pochi minuti dopo si lanciano parole d'odio assoluto, altri che stanno tappati in casa per problemi di nervi ma se qualcuno suona il campanello sono già pronti ad uscire per riabbracciare la vecchia cricca, e via elencando. Due ore e un quarto di barcamenaggi sentimental-irosi sono troppi, l'unica situazione che si fa interessante è il tormento del marito tradito Pier Francesco Favino (il miglior attore di questa mandata, insieme a Kim Rossi Stuart) che purtroppo si banalizza nel finale con una soluzione prevedibilissima e floscia.E mai che in un film italiano di questo tipo si racconti di gente che fa lavori normali come il pizzaiolo, l'impiegato in banca, il benzinaio o il barista,figuriamoci:vuoi mettere occuparsi di chi fa il broker, l'attore, il pubblicitario? Come la classe dirigente nazionale, si è perso di vista il cristo normale che mette insieme a fatica i conti per quadrare i bilanci, che magari ha anche i suoi crucci,per non dire peggio, sentimentali, personali o che altro, ma che non sembra estromesso dalla realtà dell'Italia di oggi come questi, o altri personaggi che forse vivono esclusivamente nella mente di sceneggiatori ed autori del tutto alieni a quello sopra indicato. Gli attori, costretti in personaggi che paiono aver già detto tutto nella puntata precedente,fanno quello che possono, ma se ne "Il primo bacio" avevano comunque consegnato un'istantanea generazionale efficacissima, qui sono unidimensionali e votati ad un irrevocabile destino piuttosto prevedibile (a proposito, il personaggio trascuratissimo di Marco Cocci, che esorta gli altri a partire per andare a coltivare il caffè in Brasile??Nel 2010?? Come se uno volesse andare in Germania a piantare i crauti,aspettavano tutti lui....):può darsi che tra altri dieci anni Muccino voglia ripresentare i suoi eroi alle soglie dei cinquant'anni, ma se siamo su questo livello, forse se ne può tranquillamente fare a meno.
I PUGNI IN TASCA (I, 1965)
DI MARCO BELLOCCHIO
Con PAOLA PITAGORA, LOU CASTEL, Marino Masè, Pier Luigi Troglio.
DRAMMATICO
Alta crudeltà nel film d'esordio di Marco Bellocchio, vera e propria bomba che si abbattè sulla metà degli anni Sessanta, con un racconto di devastazione degli abituali canoni di Famiglia mai mostrato così, nel nostro cinema. "I pugni in tasca" aggredisce con aguzzo furore il più intoccabile dei tabù italiani,con inedita sfacciataggine:propositi suicidi, una madre non vedente spinta giù in un burrone, un fratello con problemi mentali annegato in una vasca da bagno,botte e una certa morbosità nei rapporti tra consanguinei, fino ad un finale cattivissimo, in cui qualcuno viene lasciato morire di una crisi epilettica senza concedergli un minimo aiuto, la noia che assilla e rende insane le relazioni di una famiglia guasta. Affilata e all'acido, quest'opera prima di un autore tuttora importante impone una visuale originale, che ancora oggi è disturbante, figuriamoci alla sua uscita: Lou Castel, specializzato in ruoli spesso ributtanti, e Paola Pitagora, qui affascinante ma anche sinistra, sono scelte sopraffine per il duo di fratelli senza cuore nè pietà, vipere allevate per mordere a morte chi si fida di loro. Girato in un bianco e nero livido, quasi liquido in alcuni momenti, è uno di quei lungometraggi che rivelano tutta la loro forza soprattutto appena dopo la visione, facendo rimuginare lo spettatore a lungo su ciò che ha visto.

SCANNERS ( Scanners, CAN 1982)
DI DAVID CRONENBERG
Con JENNIFER O'NEILL, STEPHEN LACK, Patrick McGoohan, Michael Ironside.
THRILLER/FANTASCIENZA Se "La mosca" può essere considerato il maggior risultato commerciale di un autore fuori dagli schemi e molto amato dai cinefili in genere come David Cronenberg, fu "Scanners" a conquistargli una visibilità che fosse anche estesa anche al pubblico più vasto:sospeso tra la spy story e il film di fantascienza con incursioni nell'horror, questo lavoro racconta di una guerra tra freak dal potere incontenibile. Forti di un'energia frutto di un esperimento effettuato anni prima, gli scanners sono individui che riescono a produrre onde cerebrali capaci, tra l'altro, di praticare la telecinesi e forzare materia e pensieri:ovviamente alcuni sono malvagi, o perlomeno senza il minimo scrupolo riguardo all'uccidere, per affermare i propri voleri o conquistare il potere. Cronenberg, con una freddezza anche eccessiva circa la ventura dei propri personaggi (è il difetto della pellicola, che peraltro è interessante e nonostante tutto avvincente), mette in scena un conflitto che porta a far esplodere teste(la scena più spettacolare del film, presentata con una crudezza da entomologo), lacerare corpi, sprizzare sangue, come chi è abituato al suo cinema sa bene, fino al confronto finale che avrà un esito in effetti sorprendente. E, pur sostanzialmente parteggiando per i buoni, nel cast emergono soprattutto Patrick McGoohan e Michael Ironside,ciascuno negativo per versi differenti, ma sicuramente due interpreti notevoli, che avrebbero meritato maggiori fortune.
VACANZE ROMANE ( I, 1953)
DI WILLIAM WYLER
Con GREGORY PECK, AUDREY HEPBURN, Eddie Albert,Tullio Carminati.
COMMEDIA/SENTIMENTALE

Diretto da un regista di spicco, ma certo non riconducibile al genere brillante come il William Wyler di "I migliori anni della nostra vita", "Vacanze romane" è tuttavia considerato come una delle commedie a forte caratura sentimentale più celebri di sempre: al punto da far divenire i due innamorati in Vespa per le vie di Roma icona e pezzo dell'immaginario collettivo eterno, ed ispirare una sorta di remake, con i limiti che sappiamo, ma di gran successo come "Innamorato pazzo". Gregory Peck eccezionalmente si cala in un ruolo di cinico scafato che tentenna per via di quel sentimento tanto folle e tanto bello, mentre Audrey Hepburn fa qui il suo esordio dando vita ad una principessa ribelle ma non capricciosa, alla quale piacerebbe molto provare ad essere una ragazza normale. Wyler segue i due nella loro evoluzione breve, che per poco ma intensissimo tempo accende i loro cuori legati da troppe convenzioni,pratiche nell'uomo, di condizione nella donna, ed ha il buon gusto di non imporre alla garbata,elegante storia un lieto fine obbligatorio che avrebbe reso ben più dimenticabile il film. Che distilla assai bene l'agrodolce malinconia finale, come quegli incontri sentimentali che lasciano un etereo ma indimenticabile peso addosso di ciò che avrebbero potuto essere, e come i sogni, hanno una dimensione unica e splendida giacchè indimostrabile.

sabato 13 febbraio 2010

AVATAR ( Avatar, USA 2009)
DI JAMES CAMERON
Con SAM WORTHINGTON, ZOE SALDANA, Sigourney Weaver, Stephen Lang.
FANTASCIENZA
Favorito nelle candidature agli Oscar prossimi venturi, assieme alla pellicola-rivale dell'ex-moglie Kathrin Bidgelow,"The hurt locker", il nuovo film di James Cameron vola già altissimo nella classifica mondiale degli incassi di tutti i tempi: con il valore aggiunto del 3D, finalmente, grazie all'alto sviluppo delle nuove tecnologie di ripresa, davvero coinvolgente, il regista di "The abyss" ha messo in scena uno spettacolo per certi versi senza precedenti. Perchè se il canovaccio è riscontrabile in altri titoli precedenti, quali "Balla coi lupi" e "Pocahontas" (più il primo del secondo), con il protagonista che, a confronto con un'altra civiltà,che dovrebbe combattere, ne rimane affascinato a tal punto da unirvisi e trovare l'amore ed un nuovo senso alla propria esistenza, la bellezza di "Avatar" è, sembrerà strano, soprattutto nei dettagli. Gli sguardi che aprono e chiudono la pellicola, il tripudio di luminescenze che pullula il pianeta Pandora, le creature che, è vero, sono una rielaborazione morfica di animali già esistenti, l'empatia che unisce il pianeta e gli esseri viventi che lo popolano fanno parte del fascino di un film che sposa un'epica avventurosa ad una visione "verde" del Creato: "Io TI vedo" è il saluto ed insieme la dichiarazione di appartenenza ad una stessa cosa dei Na'Vi, creature antropomorfe bluastre ed alte circa quattro metri, opposti al nichilismo dei militari e degli uomini delle multinazionali decisi a schiacciare cultura,natura ed esistenze per una logica di sfruttamento senza domani da combattere, secondo i canoni del capitalismo selvaggio. Se c'è qualche snodo risolto con un pò di prevedibilità o vaga superficialità, resta negli occhi lo spettacolo assoluto della vita sul pianeta Pandora, lo scontro finale e la rivolta di tutti gli esseri contro il nemico arrivato per distruggere tutto. Parlare di capolavoro è probabilmente enfatico, ma siamo dalle parti del grande cinema.

lunedì 8 febbraio 2010

CADO DALLE NUBI ( I,2009)
DI GENNARO ANNUNZIANTE
Con CHECCO ZALONE, Dino Abbrescia, Giulia Michelini, Fabio Troiano.
COMMEDIA
Pugliese a Milano per sfondare nel mondo della musica, il fessacchiotto Checco, come ogni personaggio comico che si rispetti, mette in crisi ogni situazione in cui si ritrova e provoca guai a chi lo incontra: se "Checco Zalone", in dialetto, è già un programma (sarebbe a dire, "che pacchiano", "che tamarro" o giù di lì) e permette al comico che lo interpreta, Luca Medici, di deridere certi (troppi) aspetti volgari di quest'Italia molto influenzata dalla televisione, il film d'esordio del personaggio non manca di garbo, con qualche parolaccia di prammatica. Però i quasi quattordici milioni di euro incassati non sono uno scherzo, soprattutto per un film che suscita qualche sorriso, ma è pochissima cosa davvero. La presa in giro dei pregiudizi sui gay, dei leghisti duri e puri, sui cantanti alla Gigi D'Alessio possono divertire,molto moderatamente, il protagonista spara qualche battuta non male (la migliore, la canzone in calabrese dinanzi ad un pubblico di seguaci di Bossi) , ma tutto questo seguito sarebbe un fenomeno da studio per gli appassionati di statistiche e formule per come si costruisce un successo di queste proporzioni. "Zelig" sforna nuovi comici a ripetizione, colleziona punte di alto gradimento nello share televisivo,ma se posso essere sincero, ho provato a guardarlo, ma non mi fa ridere granchè:gusto personale, ma visto che faccio parte della generazione che si è sorbita "Drive In" credo che di comicità basata solo sui tormentoni ne ho una certa esperienza....E dal punto di vista degli interpreti,sfruttato il personaggio,che si fa?

TRIPLO GIOCO ( Romeo is bleeding,USA 1993)
DI PETER MEDAK
Con GARY OLDMAN, Lena Olin, Juliette Lewis, Roy Scheider.
NOIR Diretto dal cecoslovacco trapiantato in USA Peter Medak sulla scia di Milos Forman, ma con assai minori fortune, "Romeo is bleeding" (non so se è un'espressione gergale americana, c'è anche in "Always" di Bon Jovi...) è un thriller radicato profondamente nella tradizione hard boiled, con tanto di protagonista allo sfascio, distrutto da una passione irrevocabile per una donna che lo porterà alla rovina completa, in mezzo a corruzione,delitti e impulsi torbidi. Notturno e convulso, "Triplo gioco" (il titolo italiano non rende bene) ha dalla sua un Gary Oldman febbricitante, macilento, intensissimo e dei personaggi negativi di spessore ben interpretati da Roy Scheider e Lena Olin, con tanto di "seduzione-tortura" da parte della bellissima attrice svedese (a conti fatti molto più fascinosa di Juliette Lewis);sfortunato nella distribuzione, giunse da noi un anno dopo la sua uscita americana ed ebbe vita brevissima nelle sale,ma è interessante.
THE CAVE-Il nascondiglio del diavolo ( The cave, USA/D 2005)
DI BRUCE HUNT
Con COLE HAUSER,EDDIE CIBRIAN , Lena Headey, Piper Perabo.
HORROR/AVVENTURA
Emettono un suono tra qualcosa che striscia e il tintinnio sordo dei serpenti a sonagli, si destreggiano tra ciò che è prensile come scimmie, sono sensibilissimi al suono dato che sono quasi ciechi,volano, e hanno il viziarello poco simpatico di mangiare gli esseri umani a morsi, oltre che di parassitarli per far nascere nuovi esemplari della loro specie: sono le creature che imperversano nelle grotte profonde kilometri sotto i Carpazi, in Romania, che ospitano tra l'altro anche altri animali di dimensioni considerevoli in "The cave", coproduzione americana-tedesca nel solco di "Alien" e derivati vari. Se da un lato si assiste alla consueta falcidia del gruppo di avventurosi che incautamente si ritrova a dover fronteggiare l'inaspettato pericolo, con le cose che si fanno più macabre via via che ci si avvicina al climax finale della pellicola, c'è da dire che tecnicamente il film è fatto bene, sia negli effetti speciali e nell'elaborazione dei mostri, che nella rara qualità e nitidezza della fotografia delle scene subacquee. Inoltre, il finale,che curiosamente lascia vivo più di uno della missione originaria, apre nell'ultimissima scena ad un nuovo inquietante sviluppo, che è forse la cosa migliore del lungometraggio. Medio,per carità, ma dà ciò che aveva promesso.

IO, LORO E LARA ( I, 2010)
DI CARLO VERDONE
Con CARLO VERDONE, Laura Chiatti, Anna Bonaiuto, Marco Giallini.
COMMEDIA
Intercorrono quattro anni tra la penultima e l'ultima regia di Carlo Verdone, tra "Il mio miglior nemico" e "Io,loro e Lara":due titoli in cui ha un ruolo di spicco un nome "pesante" tra i giovani in ascesa, là Silvio Muccino e qua Laura Chiatti, quasi un riconoscimento o una preparazione ad un passaggio di testimone, o, più prosaicamente, una strizzata d'occhio alle frange più verdi del pubblico. Calatosi in abiti talari, come gli era capitato, ma da impostore, in "Acqua e sapone", Verdone interpreta un missionario in crisi di fede che torna a casa dopo dieci anni passati in Africa ma invece di un pò di pace per riflettere trova una situazione familiare turbolenta, tra il padre che si è appena risposato con la badante moldava, la sorella psicanalista nevrotica con figlia "emo" a carico, il fratello broker che pippa cocaina come se masticasse chewingum;in più, si aggrega alla già su di giri combriccola la figlia della neomoglie di papà che cela qualche segreto ed una vita sentimentale agitatissima. A voler essere pignoli, ci sono curiosamente un paio di errori di montaggio molto veniali ma che si notano, e soprattutto qualche situazione drammaturgica,soprattutt0 verso il finale, risolta in maniera facilona:però i dialoghi sono pastosi, si sorride spesso (più nella prima parte), il cast è di una bravura purtroppo non così comune nel genere della commedia italiana di questi tempi, e lo scavo nei personaggi principali è ben fatto. Certo, la conclusione è mezza positiva:quasi a dire, vogliamoci tutti bene,ma a debita distanza. Tuttavia la famiglia allargata è un concetto che il nostro cinema sta esplorando, con risultati balordi (l'ultimo Pieraccioni), e più saldi o meno superficiali che dir si voglia, come in questo caso: speriamo che non passi altrettanto tempo di qui alla prossima regia di questo autore quasi sempre intonato, sensibilissimo con i personaggi femminili, giunto ad una minor nevrotizzazione dei propri personaggi,che gli permette di controllare al meglio i suoi encomiabili tempi recitativi.

domenica 7 febbraio 2010

LO SPACCONE ( The hustler, USA 1961)
DI ROBERT ROSSEN
Con PAUL NEWMAN, Piper Laurie, George C.Scott, Jackie Gleason.
DRAMMATICO

Tra fumo,sguardi torvi e avidi,colpi secchi delle stecche sulle palle da biliardo,soldi che girano e cinismo imperante,si snoda la vicenda di "Fast" Eddie Felson,giocatore di professione dal gran talento:da un romanzo di Walter Tevis,Robert Rossen ha realizzato questo film,mito di una generazione,con un Paul Newman in grande forma per un personaggio molto suo,un giovane bello ma dalla personalita'chiusa,che si adatta molto bene al cinismo dell'ambiente che frequenta,capace pero'di crescere e umanizzarsi dopo un fatto tragico che lo riguarda.Rossen dedica al biliardo giocato la giusta dose di scene,concentrandosi sulla storia vera di un campione che non conduce una bella esistenza,e che solo il suicidio di una donna amata piu'di quanto pensasse egli stesso imprimera'una svolta decisa alla sua vita:Newman da'una splendida prova d'attore,da antologia il quasi monologo finale,ma non gli sono da meno la tormentata Piper Laurie ,il massiccio Jackie Gleason,e un impietoso,salvo che per un attimo,George C.Scott,manager e poi traditore di Eddie Felson.Una relazione nata in un bar tra un avventore disinvolto e una ragazza claudicante che legge "Tropico del Cancro",un tradimento fuori scena,pollici spezzati dietro ad un vetro,un suicidio in bagno dopo aver scritto la propria condanna con un rossetto sullo specchio,uno scontro a parole dopo aver vinto inutilmente:"Lo spaccone è fatto soprattutto di queste cose.