venerdì 19 settembre 2008

ACE VENTURA-Missione Africa ( Ace Ventura:when nature calls, USA 1995)
DI STEVE OEDEKERK
Con JIM CARREY, Ian McNeice, Simon Callow, Sophie Okonedo.
COMICO

Seguito immediato dell'inaspettato successone che lanciò il fenomeno Jim Carrey,"Ace Ventura-Missione Africa" è l'esordio di Steve Oedekerk, uno che anche in seguito ha rimarcato di non saper dirigere un film.Vengono parodiati tanti film famosi, da "Cliffhanger" in poi, ma sono tutte battute sparate a salve.Carrey s'industria, si agita, si elettrizza, ma qui, senza redini, diventa indigeribile e la volgarità delle gags si fa pesante, a un livello difficile da reggere.Benché breve, il secondo "Ace Ventura" fa rimpiangere caldamente il primo, e annoia dopo neanche mezz'ora dall'inizio.Brutto quanto "Crocodile Dundee II", ancora di più.
CIAO Nì! ( I, 1979)
DI PAOLO POETI
Con RENATO ZERO, Carlo Monni, Enzo Rinaldi, Nerina Montagnani.
MUSICALE
Quasi un caso nel '78/79 il successo di pubblico per questo film costruito attorno al personaggio Renato Zero, anomalia del cinema italiano di quegli anni, più tipica del decennio precedente, che sottolineava l'esplosione del cantante romano: in chiave fiabesco-allegorica, il resoconto dell'avventura nello spettacolo di Renato Fiacchini ribattezzatosi Zero, con tanto di minacce di morte da un misterioso persecutore che odia la star variopintamente vestita . Da una star che ha basato metà della carriera ( a mio avviso la migliore, meglio senz'altro degli atteggiamenti retorici e da santone della fase matura) a stupire e proporre il gioco del travestitismo tra ironia e dramma già affrontato con clamore da David Bowie ed altri, difficile aspettarsi un lavoro misurato: girato da un anonimo Paolo Poeti, "Ciao, Nì!" (desunto dal saluto tipico di Zero alle folle di sorcini) a livello metaforico sta sul rozzo, è recitato piuttosto male da tutti, con eccezione di Carlo Monni che ha qualche battuta divertente, galleggia dimenticabile come un pò tutti gli instant-movie e i musicarelli di fizzarottiana memoria. Incassò, è vero, ma chi se lo ricorda oggi, fans a parte?

mercoledì 17 settembre 2008

LE FATE IGNORANTI ( I, 2001)
DI FERZAN OZPETEK
Con MARGHERITA BUY, STEFANO ACCORSI, Gabriel Garko, Erika Blanc.
COMMEDIA/DRAMMATICO

A sorpresa,"Le fate ignoranti" conquistò le platee, affluite in modo robusto nelle sale in cui si proiettava questa commedia drammatica con argomenti non ortodossi per i canoni italiani: la storia della protagonista, che rimane vedova ( l'incidente occorso al marito è ripreso pari pari da "Vi presento Joe Black") venendo poi a sapere che il consorte aveva una relazione, ma con un altro uomo, e poi entra nella comunità "alternativa" in cui il ragazzo coltiva le sue amicizie, vera e propria famiglia allargata, anche grazie al passaparola ottenne un importante risultato commerciale, e lanciò Ferzan Ozpetek, guarda caso nella stessa stagione dell'esplosione del fenomeno-Muccino con "L'ultimo bacio". Il film è, nella tradizione del cinema del regista di origine turca dei lavori riusciti meno, con tanti buoni propositi e una certa superficialità d'insieme, magari recitato non male, ma con personaggi che a volte si impigliano in dialoghi di una banalità sconcertante. Lo stile visivo è di quelli che affascinano, ma resta il dubbio su un cambiamento così radicale e in poco tempo del carattere della protagonista, presentata come donna intelligente ma rigida e molto borghese, sia pur colpita dal vitalismo allegro e non della banda di gay, randagi vari e anime in ballo che su terrazze affollate celebrano una voglia di aggregazione sconosciuta al personaggio principale. Tutto sommato piacevole, anche se appunto va preso per quel che è, un film un pò pretenzioso e animato da un'ignara faciloneria, pur se il confronto Buy-Accorsi è di buon livello.
STRANGE DAYS ( Strange days, USA 1995)
DI KATHRYN BIGELOW
Con RALPH FIENNES, Angela Basset, Juliette Lewis, Tom Sizemore.
THRILLER/FANTASTICO

Titolo di culto che in molti hanno accostato a "Blade runner" , con il quale condivide l'ambientazione in una metropoli futura con quadro d'insieme caotico e già proiettato "oltre", in cui ritrovati di una tecnologia rivoluzionaria appaiono come già logori, "Strange days" non ha avuto lo stesso successo commerciale del film di Scott, anche se i recensori se ne innamorarono subito. Se si vuole, potrebbe costituire con il cult citato e "Matrix" una trilogia inquietante e non così lontana dal fututo immaginato: l'intreccio hard-boiled è costruito attorno ad un personaggio principale di una vulnerabilità inedita, spesso passivo e strapazzato come gli antieroi del noir classico americano, da Marlowe in poi, tutto ruota attorno alla droga immaginata come attrattiva imprescindibile , lo Squid, che funziona connettendo il proprio cervello a visioni di altri con una speciale ventosa-connettore da applicare sulla testa.La regia di Katrhin Bigelow tiene il passo non velocissimo ma sostenuto di una proiezione di futuro prossimo, elaborando un'ottima lettura psicologica dei personaggi principali, svelando il giusto di essi, senza perdersi in pesanti spiegazioni. Inoltre, in una dimensione fosca , in cui il cinismo è una moneta di scambio per la sopravvivenza quotidiana, la sceneggiatura figlia anche di James Cameron squarcia il pesante velo della convenienza in un sussulto di speranza nell'umanità, recuperando uno scioglimento della trama non del tutto all'altezza dello spettacolo proposto precentemente e delle riflessioni indotte nel pubblico. Tra gli interpreti, tutti da applauso, spicca la grazia selvaggia di Juliette Lewis e la belluinità eppur femminile di Angela Basset.

martedì 16 settembre 2008

CENTO GIORNI A PALERMO ( I, 1984)
DI GIUSEPPE FERRARA
Con LINO VENTURA, Giuliana De Sio, Stefano Satta Flores, Arnoldo Foà.
DRAMMATICO
I cento giorni nel capoluogo siculo sono quelli del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, già prefetto di Milano altamente considerato per aver combattuto con successo le Brigate Rosse, inviato a Palermo per avviare una strategia vincente contro le cosche che negli anni Ottanta indissero una guerra spietata che falciò vittime su vittime, insanguinando le strade e le cronache di una delle più belle isole del Mediterraneo. La partita ha una posta altissima, visto che sotto il piombo dei clan sono già caduti nomi di spicco come Boris Giuliano e i politici Pier Santi Mattarella e Pio La Torre, ma nei tre mesi e più in cui Dalla Chiesa svolse il suo contributo nella lotta alla mafia l'impegno e l'entusiasmo infusi nell'operato non mancarono, e il film sottolinea il progressivo isolamento del militare da parte della politica e dai potenti: Giuseppe Ferrara è un cineasta dalla grande vis polemica, e perlomeno sul piano delle intenzioni, c'è sempre stato da apprezzarlo. Ma anche qui, nonostante il buon taglio cronachistico dato all'angosciante quadro semibellico dell'aggressiva campagna di sangue dei criminali sotto le varie cupole, stona quella tonalità un pò da romanzo d'appendice data alle parti del privato di Dalla Chiesa, senza colpa degli interpreti, visto che Ventura dà una caratterizzazione sobria e corretta, e Giuliana De Sio dà la giusta intensità al ruolo della giovane moglie, pure lei massacrata in auto in un agguato infame. Volenteroso e serio, non del tutto riuscito.

domenica 14 settembre 2008

MAD CITY- Assalto alla notizia ( Mad city, USA 1997)
DI COSTA-GAVRAS
Con JOHN TRAVOLTA, DUSTIN HOFFMAN, Mia Kirschner, Alan Alda.
DRAMMATICO

Sempre attivissimo sul fronte dell'impegno, cineasta attento a disagi e marcio della società, Costa-Gavras ha avuto una fase in cui era più apprezzabile lo spunto e l'intenzione che lo portava a realizzare un nuovo film del film stesso. E' il caso anche di "Mad city", dove l'autore di "Z" accusa il giornalismo sensazionalistico che sfrutta casi di violenza, di persone ai margini, di disperazione, per vendere notizie e creare interessi momentanei e morbosi, senza alcuna cautela nè sensibilità. Gesto encomiabile, e giustissimi intenti, però il film interpretato abbastanza bene dalla coppia John Travolta-Dustin Hoffman non dice niente di nuovo sull'argomento, tradisce una vaga retorica di fondo, e , ancor peggio, non coinvolge lo spettatore e non gli fa provare nè indignazione, nè disgusto. Correttamente girato, paga una sceneggiatura che ha il difetto di non essere concisa ove dovrebbe e si dilunga anche quando è ormai chiaro l'iter degli sviluppi drammaturgici .

venerdì 12 settembre 2008

LA FAMIGLIA ( I, 1987)
DI ETTORE SCOLA
Con VITTORIO GASSMAN, Fanny Ardant, Stefania Sandrelli, Ottavia Piccolo.
COMMEDIA/DRAMMATICO
Affresco corale, con al centro la figura del dapprima ragazzo, adulto e infine patriarca Carlo, che si svolge per intero, praticamente, nel grande appartamento romano in cui, come nella vita reale, si susseguono piccole tragedie, lievi gioie, alterchi accesi e segreti personali di ognuno. Ettore Scola realizza un'opera personalissima, minimalista ma a modo suo colossale, con un cast entusiasmante, in cui Vittorio Gassman dà una prova matura, densa di carisma e misura, contornato da volti famosi e famosissimi, in un incedere del tempo implacabile, fastidioso e a volte alleviante. Dopo questo lavoro impegnativo e riuscitissimo, la critica cominciò ad apprezzare sempre meno i film dell'autore irpino, fatta eccezione per "Che ora è", e Scola ha lavorato via via sempre meno: vedendo "La famiglia", con la sua sceneggiatura a rischio di ingolfamento di personaggi riuscire invece ad amalgamare passaggi temporali, storie intrecciate a definire il corso di vita di una famiglia numerosa e del suo habitat primario, ci si interroga ancora una volta sull'enigma del progressivo defilarsi di un autore importante e per certi versi unico nel panorama italiano, a metà tra la malignità di un Germi, lo scanzonamento di un Monicelli e la fiducia negli uomini, dopotutto, di un De Sica.

giovedì 11 settembre 2008

HAIRSPRAY ( Hairspray, USA/GB 2007)
DI ADAM SHANKMAN
Con NIKKI BLONSKI, John Travolta, Queen Latifah, Michelle Pfeiffer.
MUSICALE/COMMEDIA

Rifare un film di culto è ancora più complicato che produrre il remake di un blockbuster, e visto che da una bizzarra risorsa quale il "particolare" cinema di John Waters è stato tratto un musical broadwayano, da "Grasso è bello" del 1988, ecco la versione cinematografica, affidata ad Adam Shankman, fino ad oggi cineasta di qualche successo ma di scarsissimo apprezzamento critico ( lo scialbo sequel de "Una scatenata dozzina" è opera sua). Ambientato a Baltimora nel 1959, sullo schermo tv esplode Elvis, ci sono tensioni tra bianchi e neri, e la cicciotta ragazzina protagonista sogna di diventare una stella del programma per adolescenti più in voga del momento, anche se la bellissima titolare del canale televisivo che lo trasmette farà di tutto per boicottarla. All'uopo collaborano anche due pesi massimi in gonnella, Queen Latifah ( e va bene, lo dico, questa donna emana una sensualità impressionante) e un inedito John Travolta travestito da pachidermica mammina della ragazza al centro della storia. Ha un avvio folgorante, "Hairspray"-remake, il pezzo su Baltimora è vivo e divertente, e si nota la cura nella confezione, e la buona prova collettiva di un cast bello e variegato: però Shankman ha poco polso, e non tutti i numeri musicali sono indovinati. Per quanto riguarda poi il discorso razziale, va bene che siamo in una commedia e i toni sono sfumati, però su questo tema la pellicola appare vecchiotta, non solo per l'ambientazione di quasi cinquant'anni fa, ma proprio, e ancor più, per come imposta le divisioni in una società piccola come quella USA , di aspirazioni piccolo borghesi e dalla molta retorica.
IL DORMIGLIONE (Dormi ancora,Mike!) ( Sleeper, USA 1973)
DI WOODY ALLEN
Con WOODY ALLEN, DIANE KEATON, John Beck, Mark Gregory.
COMICO


E' un Woody Allen anomalo, che ancora fa i conti con le derivazioni dalla comicità da film muto, le gag visive oggettivamente trascinanti di cui i suoi lavori erano zeppi fino a "Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso...", anche se già il gusto dell'aforisma fulminante si espande: nella sceneggiatura de "Il dormiglione" troverete alcune delle battute epocali di Allen, però il film non è tra i suoi più belli. Intendiamoci, si ride, e non poco, le scene del risveglio del poverello Mike 300 anni dopo l'inizio dell'anestesia per ulcera sono esilaranti,come quelle in cui lotta, da finto robot con un budino gigante e getta gli abiti degli ospiti nell'inceneritore. La seconda parte perde ritmo a tutto spiano, e ad un certo punto sembra quasi che il regista, lo sceneggiatore e il protagonista ( tutti e tre sono la medesima persona, cioè appunto Woody) non abbiano più ben presente come proseguire il racconto, e forse Allen pecca un pò di narcisismo "standosi" un pò troppo addosso, togliendo respiro al resto. Cult come tutti i suoi film degli inizi, rivisto oggi sembra uno dei pochi che ha perso un pò di mordente: ma per quanto riesce a far ridere, e guardatelo quando lo fanno passare per una miss di bellezza, merita una riscoperta.
MR.HULA HOOP ( The Hudsucker Proxy, USA 1994)
DI JOEL COEN
Con TIM ROBBINS, Jennifer Jason Leigh, Paul Newman, Charles Durning.
COMMEDIA


Nel soggetto c'è la mano di Sam Raimi, e per certi accenni , soprattutto per quel che riguarda alcune trovate scenografiche si colgono derivanze dal cinema di Tim Burton:indubbia l'impronta dei Coen Brothers,che però danno al loro film un umorismo troppo cerebrale, che, per esagerata misura della sceneggiatura, non fa mai spiccare il volo al film:facendo sì che la favola allegorico-parodistica di "Mr.Hula Hoop" non riesca a mettere alla gogna come era nelle intenzioni il capitalismo spinto agli eccessi.Tim Robbins perfetto inetto di successo, Jennifer Jasdon Leigh riesce abbastanza bene nel suo ruolo di reporter falso cinica che si innamora del protagonista,e Paul Newman, sigaro perennemente in bocca, e frase cattiva in canna, è un "kapitalista" ben costruito.Ottimo il montaggio, intelligente la regia , ma questo film ha il difetto di pizzicare poco la corda delle emozioni.

mercoledì 10 settembre 2008

ALLA LUCE DEL SOLE ( I, 2005)
DI ROBERTO FAENZA
Con LUCA ZINGARETTI, Alessia Goria,Corrado Fortuna, Giovanna Bozzolo.
DRAMMATICO


Tre anni in trincea, o più o meno: dal 1990 al 1993, per don Pino Puglisi, sacerdote che combattè la mafia al Brancaccio, quartiere di Palermo off-limits per lo Stato, in cui la mentalità mafiosa faceva da codice di vita e presidio perenne degli uomini di Cosa Nostra. Roberto Faenza, regista tra i più attivi del nostro cinema d'impegno civile e sociale, realizzò questo film scegliendo un romano già specializzato nell'usare l'accento siculo per aver impersonato con successo il commissario Montalbano. Se c'è da trovare qualche difetto a "Alla luce del sole" è nel taglio talvolta fin troppo "televisivo" di alcuni passaggi di sceneggiatura e nella realizzazione in generale: per il resto, un'opera intelligente, coraggiosa, degnissima di rispetto e attenzione per come racconta, senza enfasi retorica, un uomo solo che provò a cambiare qualcosa. Zingaretti si dedica con molta partecipazione al ruolo principale, e il film, non lunghissimo, riesce a trasmettere nello spettatore l'indignazione che gli autori si erano sicuramente prefissati di far provare. Faenza è un regista discontinuo nella qualità dei film realizzati, ma a suo onore va detto che , in un panorama spesso puramente d'evasione come il recente cinema italiano, come don Puglisi, è uno che ancora ci crede.Ce ne fossero.

lunedì 8 settembre 2008

TONY ARZENTA- Big guns ( I/F 1973)
DI DUCCIO TESSARI
Con ALAIN DELON, Richard Conte, Carla Gravina, Marc Porel.
NOIR/AZIONE
Il killer professionista Tony Arzenta, il più apprezzato e considerato sulla piazza, decide di chiudere con l'ambiente, e ovviamente i suoi capoccia, non molto contenti del nuovo orientamento lavorativo del sicario, tenta di ucciderlo, e fa saltare in aria la sua auto: solo che dentro non c'è l'uomo, ma la moglie e il figlioletto. Schema consueto delle vendette per questo noir d'azione diretto da Duccio Tessari, tra i più attivi specialisti del cinema popolare italiano , eclettico nel realizzare western, gialli o action-movies: il protagonista , come ci si può aspettare, innesca allora una guerra senza quartiere al clan di cui faceva parte, con sanguinose conseguenze. Piuttosto violento soprattutto nelle scene di pestaggi ( dei quali fanno le spese soprattutto i personaggi femminili), il film è per più di metà proiezione uno dei titoli più interessanti del genere girati in Italia, con le sequenze d'azione costruite con sapienza e talento registico, senza niente da invidiare con le analoghe produzioni statunitensi del periodo. Il copione, e il film, annaspano verso il finale, con una conclusione "a schiaffo" non molto convincente, ed è un peccato, perchè la scena dell'omicidio del banchiere è ben concepita, e l'interpretazione di Delon ben calibrata, con uno stuolo di caratteristi di buon livello.
GOODBYE, AMORE MIO! ( The goodbye girl, USA 1977)
DI HERBERT ROSS
Con MARSHA MASON, RICHARD DREYFUSS,Quinn Cummings, Paul Benedict.
COMMEDIA/DRAMMATICO

Per vent'anni Neil Simon è stato l'autore teatrale, assieme ad Harold Pinter, più rappresentato a Broadway e ricercato da sceneggiatori e produttori per trasporre le sue pièces di grande successo sul grande schermo: "Goodbye amore mio!" , interpretato dalla moglie di allora di Simon Marsha Mason e dal talento ascendente Richard Dreyfuss ottenne cinque nominations agli Oscar, e vide l'interprete di "American Graffiti" spuntarla su rivali come il Woody Allen di "Io e annie" e il John Travolta de "La febbre del sabato sera". Commedia metropolitana quasi del tutto ambientata nell'appartamento forzatamente condiviso dai due, con spruzzi agrodolci e dialoghi sapidi ( anche troppo, considerando quelli della bambina della protagonista) il film è piacevole, molto ben recitato e fino alla fine tiene il pubblico sulla corda nell'accennare un finale amarognolo o ottimista. La soluzione non è banale, e Ross è molto bravo nel condurre gli interpreti e nel non perdere ritmo, nonostante qualche lieve tentennamento di sceneggiatura: è vero che è un cineasta tutto sommato sottovalutato, magari non al livello di un Pollack, ma capace di un cinema di attori e buoni copioni realizzato con cura e sensibilità.

domenica 7 settembre 2008

POMI D'OTTONE E MANICI DI SCOPA
( Bedknobs & broomsticks, USA 1971)
DI ROBERT STEVENSON
Con
ANGELA LANSBURY , David Tomlinson, Roddy McDowall.
FANTASTICO

Tra i più celeberrimi prodotti "misti" di casa Disney, con attori mescolati a disegni animati, conta a tutt'oggi una schiera piuttosto folta di persone che lo considerano un cult nostalgico dell'infanzia. Anche se Robert Stevenson, il più fido tra i directors della sezione con attori vivi e non disegnati della major, gira con abilità e correttezza, il film è memorabile solo nella lunga, e divertentissima sequenza della partita di calcio con gli animali, un crescendo di umorismo e ritmo con una buona impostazione tecnica. Per quel che riguarda il resto del film, la storiella degli incantesimi con cui un attacco all'Inghilterra da parte dei tedeschi viene ricacciato indietro è troppo puerile anche per un film Disney per ragazzi. Angela Lansbury, si sa, è una signora dello schermo, e mette professionalità, ma "Pomi d'ottone..." presenta un'aria stiracchiata difficile da superare per apprezzare il lungometraggio.
007-IL MONDO NON BASTA ( The world is not enough, GB/USA 1999)
DI MICHAEL APTED
Con PIERCE BROSNAN, Sophie Marceau,Denise Richards, Robert Carlyle.
AZIONE/SPIONAGGIO

Il botteghino rispose bene sia all'esordio con "Goldeneye", che rilanciò il mito di Bond, e che illuse i fans circa un nuovo corso a sè stante, che al successivo "Il domani non muore mai", ben più bolso e stiracchiato: ecco due anni dopo il terzo film della serie con Pierce Brosnan a dar movenze d'azione e seduzione alla spia britannica , con un cast tra i più ricchi della serie, con le belle Sophie Marceau e Denise Richards ( con apparizione iniziale di Maria Grazia Cucinotta a interpretare una killer destinata a una brutta fine) a contendersi le arti amatorie e la collaborazione di 007 , e Robert Carlyle nei panni di un terrorista psicopatico, Renard, cui una lesione impedisce di percepire il dolore fisico. Benchè l'allestimento sia colossale, e la sceneggiatura più succosa del film precedente, che imbastiva uno sfinente scontro a fuoco tra uomini del MI6 e nemici per supplire ad un'evidente carenza d'idee, non ci troviamo di fronte a un episodio tra i migliori, nonostante il tentativo di un colpo di scena decisivo verso la fine. Brosnan, si è già detto, ha posseduto il carisma, il phisique du role, la vaga spietatezza e il fascino del personaggio fleminghiano, ma si giunge al finale con qualche punta di noia, e per un kolossal da alti incassi non è esattamente il compimento perfetto della missione.
SAIGON (Off limits, USA 1987)
DI CHRISTOPHER CROWE
Con WILLEM DAFOE, GREGORY HINES, Amanda Pays, Scott Glenn.
THRILLERLa particolarità di un giallo di serie b quasi confesso come "Saigon", prima regia dello sceneggiatore Christopher Crowe, è l'ambientazione, nel Vietnam dilaniato dalla guerra.Willem Dafoe e Gregory Hines sono due membri della Military Police che indagano sui delitti di alcune prostitute locali nella città allo sbando, tra superiori poco disposti a dare una mano e vietnamiti di cui diffidare:li aiuta nella ricerca la bella suora Amanda Pays.Pieno di clichès, il racconto comunque scorre via senza appesantirsi, e se la conclusioneè discretamente immaginabile dallo spettatore un pò più smaliziato,questo può essere un film per un tranquillo dopocena.Certo non per suscitare inedite riflessioni sul conflitto che sconvolse più di una generazione.
THE TRUTH ABOUT CHARLIE ( The truth about Charlie, USA 2002)
DI JONATHAN DEMME
Con THANDIE NEWTON, MARK WAHLBERG, Tim Robbins, Christine Boisson.
THRILLER

A Jonathan Demme, dopo i trionfi oscarizzati di "Il silenzio degli innocenti" e "Philadelphia" l'idea di tuffarsi in nuovi soggetti da tradurre in film non deve avere allettato tanto,visto che il suo nuovo lavoro, apprezzatissimo all'appena terminata mostra di Venezia, con Anne Hataway è il primo tratto da un soggetto originale da diversi anni a questa parte: gli anni Duemila per lui sono stati tempo di documentari, molto elogiati, e rifacimenti, non molto amati dal pubblico, e sui quali dalla stampa è stata rilevata un'ottima impaginazione , ma è rimasto sullo sfondo un bel punto interrogativo sull'utilità di riprendere certi classici e adeguarli all'oggi. E' andata così per il successivo "The manchurian candidate" ( da "Và e uccidi" di Frankenheimer), e ugualmente per questo "The truth about Charlie", remake di "Sciarada" di Stanley Donen, che univa Audrey Hepburn e Cary Grant: in effetti questo lungometraggio è troppo lungo per quel che vuol raccontare, la trama gialla è a tratti dispersiva, e , cosa strana ma non negativa, rispetto all'originale la resa dei conti nell'ambiguissimo gioco delle parti si risolve in modo meno feroce del film degli anni Sessanta. Aggiungiamo che i due protagonisti, pur non scadenti e comunque di bell'aspetto non hanno la classe nè il carisma di Grant e della Hepburn, resta una discreta pellicola d'autore, con un'ambientazione eccellente in una Parigi ripresa in maniera percepibilmente da innamorato del posto, che possiede a suo favore quella "nuance" che tuttavia fa sì che lo spettatore si goda lo spettacolo, con il piacevolissimo tocco d'ironia del finale che vede in scena Charles Aznavour a "premiare" la coppia sua adoratrice.

sabato 6 settembre 2008

COLORS-Colori di guerra ( Colors, USA 1988)
DI DENNIS HOPPER
Con SEAN PENN, ROBERT DUVALL, Maria Conchita Alonso, Randy Brooks.
DRAMMATICO Primo film di Dennis Hopper da regista dopo il terribile periodo che l'ha visto perdersi in alcool e droghe di tutti i livelli,"Colors" ha avuto un buon ritorno commerciale:e se è vero che il ripresentarsi di un uomo di cinema come l'antico interprete di "Easy rider" è da salutarsi comunque con simpatia, il film è tutto sommato al disotto delle aspettative.In un crescere di tensione violenta tra i personaggi che troverà una soluzione in modo inaspettato quanto desolante, Hopper qua e là esibisce uno stile registico tutto suo,ma si perde dietro una storia d'amore un pò forzata tra il giovane poliziotto macho Penn e la bella portoricana Maria Conchita Alonso.Il fattore più allarmante di "Colors" è che la storia narrata è possibilissima in una metropoli dove l'omicidio è pratica quotidiana.Ma non parliamo di sociologia,non ci sono i presupposti.

giovedì 4 settembre 2008

KUNG FU PANDA ( Kung fu Panda, USA 2008)
DI MARK OSBORNE e JAMES STEVENSON
ANIMAZIONE
AZIONE/COMMEDIA

Ancora non si è spenta la calura estiva, ma già le sale si affollano per le prodezze buffonesche del Panda Po, eroe sui generis, che anche in USA hanno ottenuto risultati robusti come il personaggio principale: quattro milioni e mezzo di euro nel primo fine settimana di programmazione sono numeri quasi natalizi, e probabilmente, a giudicare dall'affluenza di spettatori giovanissimi , la pellicola si piazzerà tra i primi dieci incassi della nuova stagione. Prodotto dalla Dreamworks, che per l'occasione ha mutato il proprio simbolo prima ancora dei titoli iniziali, il film vede, come di consueto ormai, nomi altisonanti tra i propri doppiatori originali (Dustin Hoffman, Angelina Jolie, Jack Black, Lucy Liu, Jackie Chan) non così corrisposti qui da noi: in platea i ragazzi ridono di gusto, ma "Kung fu Panda" non sembra così divertente, o perlomeno non alla stregua di classici dell'animazione, o anche dei primi della Pixar. La storia del goffo orsacchiottone che sogna di diventare un eroe popolare per far sì che si avveri una profezia per il bene del suo popolo non è nuovissima, i tanto strombazzati personaggi che rappresentano le celebrità cui Po si ispira (Vipera, Tigre, Mantide, Airone, Scimmia) non posseggono, se si eccettua la felina lottatrice in originale con la voce della Jolie, grandi personalità , le sequenze d'azione e i magnifici fondali con sfumati colori pastello sono le cose migliori del primo vero hit post-estivo, che doppierà di sicuro il secondo episodio di "Narnia" , ma probabilmente non rimarrà impresso più di tanto.
L'IMBRANATO ( I, 1979)
DI PIER FRANCESCO PINGITORE
Con PIPPO FRANCO, Laura Troschel, Bombolo, Teo Teocoli.
COMICO
Sembrerà strano, ma all'epoca in cui uscivano i film con Pippo Franco attiravano un pò di gente, specialmente nelle seconde e terze visioni, senza mai salire ai livelli degli incassi di Adriano Celentano e Renato Pozzetto, ma concedendo al nasuto comico romano un certo successo: Pier Francesco Pingitore, compare successivamente di epiche stagioni al Bagaglino per anni di Franco, era il regista, le situazioni in cui il protagonista veniva messo erano una sorta di imitazioni delle catastrofiche sventure fantozziane, e attorno si facevano spesso vivi Oreste Lionello, Bombolo, Enzo Cannavale, e la moglie di Pippo Franco Laura Troschel. Ne "L'imbranato" c'è una scena in cui il cognato Bombolo impana e frigge la mano del comico principale mentre questi sta al telefono, il tapino lasciato senza mutande al mare, e Cannavale che ride continuamente e ripete ad libitum "Come mi so' divertito!!!" . Se avete ancora voglia di sciropparvelo, io ho provato ad avvertirvi....

mercoledì 3 settembre 2008

PLANET OF THE APES-Il pianeta delle scimmie ( Planet of the apes,USA 2001)
DI TIM BURTON
Con MARK WAHLBERG, Tim Roth, Estella Warren, Michael Clarke Duncan.
FANTASCIENZA

Forse era anche troppo atteso, e probabilmente si è beccato molto più fango addosso di quanto in effetti meriti, questo rifacimento de"Il pianeta delle scimmie", grandissimo successo fantascientifico dei tardi anni Sessanta, capace di folgorare l'immaginario collettivo con un finale inimmaginabile e adattissimo a dare una sberla, metaforicamente, allo spettatore incredulo. Burton è indubbiamente un autore interessante, basterebbero gli splendidi titoli di testa a far percepire la sua intelligenza registica, con la lenta presa di visione di un'armatura poi indossata dal feroce scimpanzè Tim Roth:e il film del 2001 ha, ovviamente, una maggiore perfezione di movimenti e trucchi dei primati, una confezione più magniloquente, e se possibile un bagaglio di riferimenti cinefilo-culturali più marcato.Però spesso si ha la sensazione di stare assistendo a una pellicola ben curata ma senza nerbo, con buone rifiniture visive ma senza tensione a sostenerla, e il finale che richiama comunque quello del classico di Schaffner è assai meno d'impatto rispetto all'altro.Molto credibile Roth nel pelo dello scimpanzè più cattivo, Wahlberg un pò inespressivo, la Warren troppo bella e pulita per essere una verosimile sopravvissuta della razza umana,Clarke Duncan abbastanza accettabile come gorilla .E poi, diciamolo:ma c'era proprio la necessità di rifare un film così ben riuscito?
LA CRUNA DELL'AGO ( The eye of the needle, CAN 1981)
DI RICHARD MARQUAND
Con DONALD SUTHERLAND, KATE NELLIGAN, Christopher Cazenove, Ian Bannen.
THRILLER/SPIONAGGIO

Si dice che la materia narrativa de "La cruna dell'ago", bestseller spionistico-bellico di Ken Follett fosse cosa non semplice da ridurre per il cinema, ma a Richard Marquand, cineasta canadese esordiente riuscì così bene da fare un film venduto parecchio sui mercati internazionali, e tratteggiando in modo così sfaccettato il cattivo agente nazista "Ago" ( reso splendidamente da un Sutherland glaciale) da spingere George Lucas a scegliere proprio Marquand per "Il ritorno dello jedi" , in cui la figura diabolica di Darth Vader doveva mettere in evidenza le proprie contraddizioni e residui d'umanità. Ambientato su un'isola britannica semideserta, conosciuta come Storm Island, il film è una storia d'amore frammista ad un intrigo che vede coinvolti appunto la superspia tedesca che uccide con una praticità impressionante, e i servizi segreti inglesi che vogliono celare ad Hitler particolari sull'imminente sbarco sulle coste europee, che poi avverrà in Normandia. Il film ha un passo non velocissimo, ma la cura con cui sceneggiatura e regia delineano i caratteri piuttosto complessi dei personaggi rendono "La cruna dell'ago" un thriller cui è possibile affezionarsi, e svariati sono i fans di questo film che non risparmia la crudeltà con cui il protagonista si sbarazza di chi è d'intralcio ai suoi piani ( la scena in cui getta dalla scogliera il marito paraplegico della donna di cui s'innamorerà è tremenda) e l'impossibilità di adoperare la medesima spietatezza verso appunto la coprotagonista, una Kate Nelligan di notevole partecipazione.
E VENNE IL GIORNO ( The happening, USA /IN 2008)
DI M.NIGHT SHYAMALAN
Con MARK WAHLBERG, Zooey Deschanel, Ashlyn Sanchez, John Leguizamo.
FANTASCIENZA

Forse lo avevano battezzato troppo frettolosamente come "il nuovo Spielberg", ma si sa, le iperboli dei giornali di settore valgono il giusto:il tentativo di realizzare una fiaba moderna con "Lady in the water" è andato malissimo al box-office, e altrettanto disastroso è stato l'impatto con i recensori. Il film era sostanzialmente sbagliato, succede nella vita lavorativa di ogni regista ( o quasi): il lavoro successivo ha visto M.Night Shyamalan ritornare sulle inquietudini di "The village", uno dei suoi lavori più apprezzati, e questa volta l'oscuro, la minaccia è di quelle micidiali. In vari punti degli Stati Uniti si verificano assurdi casi di suicidi di massa, gesti inconsulti che finiscono in varie ecatombe sparse per il paese: il panico fa sì che il professore di liceo Mark Wahlberg e famiglia si intruppi con altri concittadini per una fuga da un potenziale attacco terroristico. La verità è ben più spaventosa: la natura, sotto forma di una tossina sprigionata dalle piante, induce gli uomini a cercare la morte e a autosterminarsi. E' un peccato che le logiche hollywoodiane da lieto fine prendano il sopravvento appena prima della fine, e l'apologo, conciso ( 88 minuti) e secco, non abbia il coraggio del proprio pessimismo d'acchito , riservandosi comunque uno strascico di perplessità sull'ottimismo nell'ultimissima scena: perchè per molti versi, a tre quarti di proiezione si pensa che "The happening" sia il miglior film girato da Shyamalan, che la riflessione sulla degenerazione planetaria sia accortamente efficace e che una specie portata all'autodistruzione come la nostra sia inquadrata con rara esattezza. L'autore di "Unbreakable" rimane tuttavia il più bravo a dipingere lo stato mentale di una nazione colossale e multiforme colpita nell'orgoglio e affidatasi per ben due volte a un incapace in una crisi epocale, anche di coscienza, che rispetto a quella degli anni Settanta è gigantesca.

martedì 2 settembre 2008

IL MALATO IMMAGINARIO ( I, 1979)
DI TONINO CERVI
Con ALBERTO SORDI, Laura Antonelli, Marina Vlady, Giuliana De Sio.
COMMEDIA
Il progetto era di quelli che un attore sente come grandi occasioni, portare sul grande schermo uno dei personaggi più celebri dei palcoscenici di sempre, l'Argante di Molière: sulla carta una delle possibili interpretazioni memorabili di Albertone, ma , nonostante il sonoro consenso delle grandi platee, che fecero incassare al film diversi miliardi dell'epoca, il testo classico del commediografo più celebre di Francia viene ridotto ad una farsaccia volgare e , peggio ancora, tendente al patetico sul finale, se non di un qualunquismo sfacciato e offensivo circa l'intelligenza dello spettatore quando si vorrebbe azzardare una metafora dei tempi. Sordi dà un'intepretazione grossolana, basando la ben altrimenti conosciuta vis comica su flatulenze al cubo, reiterazioni di "mignotta" e "vaffanculo", per niente divertente: il colorito cast intorno è sprecato e mal diretto, e nella noia progressiva che s'impossessa di chi visiona il film difficilmente si ha modo di lasciarsi affiorare sul viso un sorriso. Che brutto film quest'imitazione grezza e senza ispirazione di Magni, cominciava così il declino artistico di uno dei grandi interpreti italiani del Novecento.

lunedì 1 settembre 2008

HEAT- La sfida ( Heat, USA 1995)
DI MICHAEL MANN
Con AL PACINO, ROBERT DE NIRO, Val Kilmer, Ashley Judd.
AZIONE


I film d'azione di valore sono come quei giocatori di calcio che essendo fuoriclasse, basta loro toccare tre o quattro palloni decisivi per lasciare il segno e cambiare la partita: non importa quante sono le scene d'azione, purchè siano ben congegnate e avvinghino lo spettatore alla poltrona. Aggiungiamo la regia intensa di uno dei più acuti cantori del genere, che ha la forza narrativa di quegli autori di fumetti specializzati nelle graphic novels fatte di chiaroscuri e in cui parlano le espressioni dei personaggi, e due star assolute del cinema americano come Al Pacino e Robert De Niro: su un canovaccio desunto da un film per la tv di Mann, la lotta senza quartiere tra due superprofessionisti schierati su versanti opposti, e se il poliziotto è mangiato vivo dalla rabbia e dalla nevrosi, mantenendo tuttavia una lucidità investigativa e una correttezza comportamentale notevoli, il criminale tende all'introversione, non esita ad uccidere ma presenta una sensibilità particolare, vive di spazi vuoti e non sa curare fino in fondo esclusivamente il proprio interesse per lealtà agli amici. Dispersi in una città immensa e ribollente di violenza, Vincent ( Pacino) e Neil (De Niro) si incontreranno due volte, dapprima seduti ad un tavolo a scambiarsi opinioni e poi con le pistole in mano per l'inevitabile confronto risolutorio in cui, alla Peckinpah, chi uccide l'altro gli reggerà la mano finchè non cessa di respirare. Un film d'azione di grande presa sul pubblico, western post-moderno con sparatorie inserite con precisione da cesellatore: in attesa del nuovo titolo che vedrà riuniti per la terza volta Al e Robert, merita sempre una nuova visione.