sabato 31 gennaio 2009

ROBOCOP 3 (Robocop 3, USA 1993)
DI FRED DEKKER
Con ROBERT BURKE, Nancy Allen, Rip Torne, John Castle.
FANTASCIENZA
"Robocop" approda nelle mani di Fred Dekker, onesto artigiano americano del cinema fantastico di serie B,che però sa mettere su un'idea stiracchiata qualche intuizione registica,e comunque ripara falle di sceneggiatura e problemi di budget con la conoscenza del ritmo.Certo,a volte il film ha punte di umorismo involontario,le prove degli attori non sono indimenticabili,gli effetti speciali non eccelsi, ma si lascia guardare senza annoiare, e tutto sommato il colosso di carne e acciaio resta simpatico,visto che accarezza il capo di una bambina e riesce a mettere nel sacco i biechi padroni dell'industria e dell'informazione distorta.

PRETTY BABY ( Pretty Baby, USA 1978)
DI LOUIS MALLE
Con BROOKE SHIELDS, SUSAN SARANDON, Keith Carradine, Barbara Steele.
DRAMMATICO Se ne parlò un bel pò di "Pretty Baby", film d'esordio di Louis Malle in terra americana, e la fama di scandalo annunciato che lo seguì sollevò non poche polemiche: storia di una dodicenne che vive in un bordello statunitense del 1917, e figlia di una lavoratrice del medesimo, la trama presentava il fianco a discussioni e accesi dibattimenti. Realizzato con una certa accuratezza nella ricostruzione d'epoca, anche e soprattutto per quanto riguarda costumi e ambientazione, il primo film dell'autore di "Soffio al cuore" non è gran cosa: molto manieristico, ha un ritmo blando e abbastanza dispersivo, con una conclusione moralistica abbastanza tardiva che convince poco o per niente. Malle evita (e meno male) di insistere sul ruolo della giovinetta nel postribolo, ed è vero tuttavia che Brooke Shields ha già un volto molto cinematografico,ma il matrimonio con il fotografo impersonato da Keith Carradine non compensa narrativamente molto del minutaggio (eccessivo, c'è qualche momento veramente uggioso) e l'asta per accaparrarsi la verginità della protagonista è una scena di inedita laidezza, benchè non venga mostrato niente. La carica erotica di Susan Sarandon è la cosa che rimane più impressa dell'intera pellicola.
UN BORGHESE PICCOLO PICCOLO (I, 1977)
DI MARIO MONICELLI
Con ALBERTO SORDI,Shelley Winters, Vincenzo Crocitti, Romolo Valli.
DRAMMATICO
Si sa che gli autori della commedia all'italiana della fase più felicemente ispirata hanno sempre presentato un digestivo amaro al loro pubblico, ma quanto era irto di spine questo progetto di Mario Monicelli:tratto da un romanzo al vetriolo di Vincenzo Cerami, con partecipazione alla sceneggiatura di un campionissimo quale Sergio Amidei, con un altro rischio alto come la scelta di Alberto Sordi per il complesso ruolo del protagonista. Operazione poi premiata da un ampio successo popolare (ottavo incasso italiano della stagione '76/77,tredicesimo in assoluto dell'anno) e da un'entusiastica serie di riconoscimenti: lo shock di vedere l'Albertone nazionale sequestrare e seviziare l'assassino del figlio fu notevole, ma in effetti la perfezione dell'interpretazione di Sordi convinse giustamente tutti, e a oltre trent'anni di distanza, rimane una prova da antologia. Se per una buona metà il film intende essere una commedia molto amara, addirittura satirica su una mediocrità istituzionalizzata e su un tipo di italiano gretto, qualunquista con qualche vaga nostalgia di regime ( anche se curiosamente per la pensione gli serve la certificazione di aver fatto la Resistenza) e che non ha alcuna fiducia nel prossimo, a partire dal figlio un pò bolso che avvolge con un amore paterno eccessivo e incurante di tutto, negli ultimi quaranta minuti diventa un dramma atroce, che suscitò qualche polemica tra i recensori per il rischio di immedesimazione dello spettatore nel padre che si fa giustizia da solo, ma che invece si dimostra in tutta la sua condanna, comprendendo ma non giustificando la disperazione tramutata in ossessione del protagonista. Sia Monicelli qui che Scola nel "Romanzo di un giovane povero" avevano individuato quel che di sinistro che la maschera sordiana lasciava ogni tanto intravedere, e l'attore risponde con una delle sue più riuscite interpretazioni a una chiamata così impegnativa:per tutte, cito la scena della morte della moglie, in cui Sordi si lascia andare ad una gamma di espressioni che vanno dalla bonarietà del racconto di un sogno al dolore lancinante per la definitiva fine della sua famiglia, passando per lo sgomento, la rabbia, la perdita. Un film d'autore di robusta presa che sa coinvolgere.

venerdì 30 gennaio 2009

DONNE SULL'ORLO DI UNA CRISI DI NERVI
(Mujeres al borde de un ataque de nervios, ES 1988)
DI PEDRO ALMODOVAR
Con CARMEN MAURA, Antonio Banderas, Maria Barranco, Rossy DePalma.
COMMEDIA

C'erano cultori semiclandestini che già apprezzavano il cinema atipico di Pedro Almodovàr, ma fu con "Donne sull'orlo di una crisi di nervi" che il cineasta spagnolo sfondò, a sorpresa: diciassettesimo negli incassi italiani, superò successi annunciati quali "Willow" e "I gemelli", diventò il cult della stagione, e rilanciò i titoli precedenti dell'autore. Commedia densa di colori e frenetica, tutto un susseguirsi di avvenimenti che mandano all'aria la vita della protagonista Pepa (una Carmen Maura di ampio fascino) e la mettono al centro dei vari casini degli altri personaggi femminili: Almodovàr gira un film che ha il pregio di una leggerezza pepata (non voleva essere un gioco di parole) e con brio diverte lo spettatore, allestendo quasi una jam session per i ruoli, visto che la trama dà ogni tanto la sensazione di esser nata abborracciata e affidata più che altro al mischiarsi delle vicende di ogni carattere. Uno sfarfallare sullo schermo di rossi intensi, di neri suadenti, di grigi eppur vivi: quasi un cartello di presentazione di uno stile, benchè sicuramente non fossero queste le intenzioni di un regista già emergente da qualche anno.
AMARCORD (I, 1973)
DI FEDERICO FELLINI
Con BRUNO ZANIN, Pupella Maggio, Armando Brancia, Magali Noel.
GROTTESCO

Oscar 1974 per il miglior film straniero, "Amarcord" è stato uno dei più grandi successi commerciali di Fellini, e piacque tanto sia al pubblico che ai recensori: dal punto di vista narrativo, ha un andamento rapsodico, e infatti l'enunciativo titolo "Io mi ricordo" sta a rappresentare un racconto come di chi ti narra un pò della sua vita, e i ricordi, si sa, tendono a mutare leggermente a seconda di quanto non li si rinfreschi, o di come si sono vissute le cose. Dalla memoria di un giovane di provincia negli anni del fascismo, emergono le emozioni di un transatlantico leggendario, una cometa su acqua, una tabaccaia dalle forme mastodontiche, uno zio folle e alla disperata ricerca di una donna che grida dalla cima di un alto albero, la sensualità di una certa Gradisca, un nonno che si perde davanti a casa nella nebbia... "Amarcord", come molto del cinema felliniano, è fatto di suggestioni, esperienze e memorie, travisate dall'estro dell'autore di "Le notti di Cabiria": qualcuno tende a ridimensionarlo oggi, in questi tempi di assente poesia, ma un illustratore di fantasie semoventi come il riminese era capace, al suo meglio, di saper tratteggiare l'incanto.
MALENA (I, 2000)
DI GIUSEPPE TORNATORE
Con MONICA BELLUCCI, GIUSEPPE SULFARO, Luciano Federico, Daniele Arena.
DRAMMATICO

Annunciato come uno dei titoli italiani più importanti della stagione 2000/01, "Malèna" rappresentò un fiasco soprattutto critico difficile da superare per Giuseppe Tornatore,che tuttavia è tornato ad un certo apprezzamento con "La sconosciuta": non è un ritratto di donna , questo, bensì la fantasia di un intero paese dietro le aggraziate e incantevoli forme di una bellissima invidiata, ambita, desiderata, da tutti i maschi del posto e odiata dalle donne per questo. Di questo film fa rabbia soprattutto una cosa: che tecnicamente è lussuosissimo, ha una confezione di alto livello, però nel pacco non c'è quasi niente. A parte, si capisce (e non è poco per i maschietti, ma il cinema è altro) la venustà anche nuda di Monica Bellucci, quasi un'entità perchè il suo personaggio questo è per il circondario con la bava alla bocca, e il racconto non si eleva mai a tale, ma rimane un insieme di scene appiccicate per giungere alla finale umiliazione della Bellezza da parte di un'indegna corte di gallinacce capaci solo di rancore. Film sbagliato dalla progettazione, sa essere solo un gratuitissimo catalogo di autocompiaciuta sapienza dell'uso della macchina da presa.
MAD MAX-Oltre la sfera del tuono (Mad Max beyond Thunderdome,AUS/USA 1985)
DI GEORGE MILLER E GEORGE OGILVIE
Con MEL GIBSON, Tina Turner, Frank Thring, Angelo Rossitto.
AVVENTURA/FANTASTICO
Per i fans originali dei primi due film della saga di "Mad Max" il terzo, che oltre al creatore della serie George Miller portava la firma in regia di George Ogilvie, fu un pò deludente: c'era chi voleva vedere più violenza che in "Interceptor" I e II, mentre il timone virò verso una fantascienza avventurosa meno pessimistica, visto il finale che punta su un incerto ma effettivo futuro riguardo nuove generazioni. Qualche penna lo definì addirittura "disneyano", ma è un aggettivo che mal si accorda con le scorribande del sagace ex-poliziotto divenuto un ramingo cui i guai spesso non mancano: il capitolo finale della serie (avrebbe dovuto uscirne un quarto con Max molto invecchiato poco tempo fa, ma non se ne è fatto più niente) ha buoni spunti, come la città sostenuta da un'energia creata nel sottosuolo con gli escrementi dei suini, e un buon pezzo di cinema d'azione come l'inseguimento che chiude la pellicola tra gli sgherri della cattiva "Aunty Entity" interpretata da una seducente Tina Turner prestata al cinema per l'occasione( ma non era la prima volta) e i ragazzi guidati dal protagonista. Soffre qualche lungaggine, ma lo spettacolo è di discreto livello, meno ruvido dell'episodio precedente, ma con una rarefazione del racconto tipica del cinema australiano di qualche anno fa.

giovedì 29 gennaio 2009

NEMICO PUBBLICO (Enemy of the State, USA 1998)
DI TONY SCOTT
Con WILL SMITH, GENE HACKMAN, Jon Voight, Regina King.
THRILLER/AZIONE
E' probabile che chi ha scritto questo film abbia pensato al cult "La conversazione" di Coppola, di cui riprende anche il protagonista Gene Hackman.Non siamo liberi come si pensa, dice "Nemico pubblico", occhi e orecchie elettronici recepiscono costantemente in ogni momento tutte le nostre azioni e discorsi:e, pur travestito da buon thriller d'azione che arriva a due ore piene di spettacolo perdendo difficilmente colpi,viene lanciato un allarme d'ispirazione civile sulla libertà del cittadino comune(sì, ma occhio alla strumentalizzazione delle intercettazioni che l'attuale premier sta operando).Tony Scott, qui alla sua migliore regia, imbastisce una pellicola dal ritmo serrato, che sfrutta un montaggio agile ed elaboratissimo, innesca attorno al protagonista Will Smith una trappola che coinvolge organi deviati del governo(un pò come ne "I 3 giorni del Condor", che però si chiudeva più ambiguamente, e meglio) dandogli come unica spalla un veterano "svanito" ufficialmente come il burbero Gene Hackman,e bene figura anche Jon Voight, carognone politico dai modi spietati.Un gioiellino del cinema commerciale, ma anche capace di inoltrare un discorso serio su certi mali della nostra società più"evoluta".

MORTI DI SALUTE (The road to Wellville, USA 1994)
DI ALAN PARKER
Con MATTHEW BRODERICK, ANTHONY HOPKINS, Bridget Fonda, John Cusack.
GROTTESCO

Che "Morti di salute" sia un film d'autore è abbastanza giusto.Perchè Alan Parker, nel bene e nel male è un regista che ha comunque un suo stile e ha fatto anche film importanti.Che sia un riuscito film d'autore, è un altro discorso.Benchè l'idea di base, che diciamolo, assomiglia molto, nella struttura a "The Rocky horror show", sia abbastanza buona, e le battute d'avvio lascino ben sperare in una divertente satira ai danni dei fanatici salutisti ed i "malati di dieta", il film tra schianti di coronarie e un carosello di aerofagia, delude:se si escludono le prove di attori come Broderick e lo sozzone Dana Carvey, figlio rinnegato del dottore pazzoide Anthony Hopkins, e una buona ricostruzione di ambienti e costumi dell'America ai primi del Novecento, non sono poche le pecche da imputare alla pellicola.A cominciare da un Hopkins per niente convincente, truccato da guittone, e abbastanza fuori ruolo, c'è poi un eccessivo ricorrere a dettagli scatologici, e il racconto si appiattisce via via in una certa ripetitività, che scaccia via i flebili sorrisi riscossi all'inizio, favorendo l'appesantirsi delle palpebre.
ROBOCOP 2 (Robocop 2, USA 1990)
DI IRWIN KERSHNER
Con PETER WELLER, Nancy Allen, Galyn Gorg, Gabriel Damon.
FANTASCIENZA/AZIONE

La firma di Frank Miller , grande autore del fumetto in sceneggiatura, lasciava pronosticare un sequel all'altezza del primo "Robocop".Purtroppo non ci siamo proprio, non c'è più l'eccessivo, ma abile Paul Verhoeven, e si sente il trasferimento della regia al più opaco e meno sorprendente Irwin Kershner( ha fatto di buono solo "L'impero colpisce ancora").Violento , sanguinario oltre il limite della tollerabilità, compiaciuto dell'assetto tutto sommato reazionario della nuova storia,"Robocop 2" si risolve in un'inutile sequela di spappolamenti, massacri con armi automatiche, e una vacuità roboante di significato, ben lontano dall'acida e malinconica ironia del primo episodio.Uno dei "numeri 2" più rattristanti mai realizzati.
KARATE KID III-La sfida finale (The Karate Kid III,USA 1989)
DI JOHN G.AVILDSEN
Con RALPH MACCHIO, Noriyuki "Pat" Morita, Thomas Ian Griffith, Martin Wade.
AVVENTURA

Si chiude il ciclo delle avventure di Danny,il "Karate kid"(anche se c'è pure un numero IV,senza di lui, ma con Hillary Swank al suo posto, si pensi un pò), e si conferma la presenza del maestro Myiagi e del regista John G.Avildsen.Ma ormai la storia è messa insieme con la colla, le situazioni si ripetono, si svolta verso una violenza più rimarcata, si annoia con i soliti conflitti riguardanti il protagonista, scegliendo stavolta la linea dura, con sangue che schizza. Avildsen se lo poteva risparmiare, non gli fa per niente onore,spiace dirlo.

VACANZE IN AMERICA (I, 1984)
DI CARLO VANZINA
Con JERRY CALA', CHRISTIAN DE SICA, CLAUDIO AMENDOLA, EDWIGE FENECH.
COMMEDIA "Chi se fa gli affari sua torna sano a casa sua!"sbotta il prete ciociaro don Buro, interpretato da Christian DeSica, uno dei tanti coprotagonisti di questa escursione statunitense della banda Vanzina.Tra gli ovvi scorci da turisti, lo svilupparsi ( per dire...) delle avventure dei personaggi, un pò di musica di moda,Carlo Vanzina impacchetta una commediola inoffensiva, per carità, ma anche tanto scemerella. Calà che fa lo scafato e invece è un pirlone, DeSica di cui sopra a rimbrottare gli altri viaggiatori, la Fenech mamma belloccia puntata da molti, Amendola ragazzaccio buono di cuore, e via banalizzando.Una variazione senza verve nè troppo divertimento del filone vacanziero di solito posto tra monti e mare.
THE KARATE KID-Per vincere domani ( The Karate kid,USA 1984)
DI JOHN G.AVILDSEN
Con RALPH MACCHIO,Noriyuki "Pat" Morita, Elizabeth Shue, Martin Kove.
AVVENTURA
In un contesto in cui spesso i film dichiaratamente per "teen-agers" sono melensi o troppo violenti, "The karate kid" si colloca in una posizione particolare, perchè somma alle componenti tipiche del filone, come il protagonista un pò emarginato, la banda degli antagonisti capeggiata da uno spocchioso rivale, la ragazzina che sotto sotto ha una cotta per l'eroe ma non può dimostrarlo pena l'uscita dal gruppo, una sincera vocazione educativa .Il rapporto tra il giapponese Myiagi e il ragazzo americano Danny è ben reso, soprattutto dall'ex-Arnold di "Happy days", Noriyuki "Pat" Morita, la catechizzazione del giovane alla disciplina e alla gestione degli istinti non è retorica, e in sostanza "Per vincere domani" ripudia la violenza fine a se stessa, anche se lo scontro finale alla gara di karate non manca di colpi decisi.Nel complesso, un pò datato ma piacevole.

LO CHIAMAVANO TRINITA'... ( I, 1970)
DI E.B. CLUCHER
Con TERENCE HILL, BUD SPENCER, Steffen Zacharias, Farley Granger.
WESTERN
Lo "spaghetti-western" era già al tramonto della sua fulminea,intensa e breve vita, e dopo due film di "rodaggio" come "La collina degli stivali" e "I quattro dell'Ave Maria", il regista Enzo Barboni pensò bene di aumentare la parte farsesca delle avventure del grosso e barbuto Bud Spencer e dello scattante e biondo Terence Hill, creando uno dei più notevoli successi italiani di tutti i tempi, vendutissimo anche all'estero, richiamante telespettatori ad ogni passaggio sui canali tv, e amatissimo dai fans che ne citano le battute a memoria. Troppo incenso forse? Può darsi, ma rispetto ad altri titoli di successo della coppia Spencer-Hill c'è da dire che questo presenta una sceneggiatura comunque di una certa efficacia, che le scazzottate non rappresentano il solo momento "topico" della pellicola, che funziona anche per un umorismo lapidario sfoggiato dal duo, e certi rimandi alla commedia all'italiana sono rintracciabili nei dialoghi e nelle situazioni. Seguito l'anno dopo dal quasi omonimo "...Continuavano a chiamarlo Trinità" che, se possibile, incassò anche qualcosa in più, inserendosi tra i film che rimanevano in cartellone nelle prime visioni oltre tre mesi. Bei tempi...

LE AVVENTURE DI BIANCA E BERNIE (The rescuers,USA 1977)
DI WOLFGANG REITHERMAN, JOHN LOUNSBERY, ART STEVENS
ANIMAZIONE
COMMEDIA/AVVENTURA

Dopo "Robin Hood", la Disney Productions ritornò in un certo senso alle origini: rimise due topi al centro di una vicenda, così come Mickey Mouse fu il trascinatore iniziale del marchio. Certo, non che "Le avventure di Bianca e Bernie" sia stato tra i maggiori successi planetari del popolarissimo marchio: però l'avventura dei topini-investigatori alla ricerca di una bambina rapita da una squinternata cattiva e dal suo tirapiedi ha qualche buon momento d'animazione,soprattutto nel concitato finale. Ha il difetto di canzoni tra le meno ispirate del mondo disneyano, e di una parte centrale un pò ingolfata, ma i due coccodrilli Bruto e Nerone che si mettono a suonare l'organo per acciuffare i due piccoli eroi è da antologia, e la riscossa della scalcinata banda di animaletti della palude che aiutano i protagonisti a combattere la malvagia Medusa ricorda un pò le belle storie disegnate di Richard Scarry. E' un film animato non egregiamente, ma che vive delle caratterizzazioni dei personaggi, tra i quali la libellula infaticabile Evinrude, e l'albatross di linea Orville, e che, visto che siamo in pieni anni Settanta mostra un'eroina intraprendente che sbaciucchia il suo goffo compagno senza aspettare che lui prenda l'iniziativa...
ULTIMATUM ALLA TERRA (The day the Earth stood still, USA 2008)
DI SCOTT DERRICKSON
Con KEANU REEVES, JENNIFER CONNELLY, Jaden Smith, Kathy Bates.
FANTASCIENZA
Nel preoccupante prosieguo della carenza di idee della fantascienza degli ultimi anni, è ovvio che spesso si punti al remake, non escogitando nuove trovate: stavolta tocca a "Ultimatum alla Terra", classicissimo di Robert Wise, molto amato dai fans della science-fiction, la cui frase "Klaatu barada nikto!" è stata usata da ogni giornalista appassionato appunto di astronavi e alieni che si rispetti. Affidato a Scott Derrickson, di cui si ricordo senza alcun entusiasmo "L'esorcismo di Emily Rose", "The day the Earth stood still" versione 2008 la butta molto sul piano ecologista, e questa è la cosa più apprezzabile della pellicola:per quanto gli effetti speciali tutto sommato siano discreti, c'è da eccepire che guarda caso, gli alieni, da qualsiasi lato dell'universo provengano, scelgono quasi sempre New York,preferibilmente Manhattan, per presentarsi ai terrestri; che un alpinista trova una palla gigantesca proiettante luce e pensa bene di darle una picconata, tanto per gradire; che il finale,rispetto all'originale, è ben più banale, e che se una specie extraterrestre programma l'estinzione della nostra, non credo bastino le buone parole dei una bella scienziata a farla desistere dal tragico proposito, e infine, a livello di attori, decorosa la Connelly, presente probabilmente per meri istinti lucrativi Kathy Bates e John Cleese nel poco utile cameo del matematico contattato dall'alieno Klaatu, e la straordinaria fissità di espressione di Keanu Reeves. E se si deve rifare un classico, perlomeno si tenti di imprimere alla nuova versione un pò di personalità,vedi il "King Kong" di Peter Jackson.

ITALIANS ( I, 2009)
DI GIOVANNI VERONESI
Con SERGIO CASTELLITTO, CARLO VERDONE, RICCARDO SCAMARCIO,Ksenia Rappoport.
COMMEDIA
E' vero, e chi lo nega, Veronesi non è Monicelli,nè Risi, e nemmeno Comencini. Inoltre se nel secondo episodio con Carlo Verdone dentista in crisi in Russia per un convegno c'è un aggiustamento narrativo molto di comodo, nel primo con Sergio Castellitto e Riccardo Scamarcio il colpo di scena che giunge quasi al termine diviene, per quanto inaspettato, un vero e proprio svarione di logica che non torna per niente. Tutto vero. Però "Italians" è un film, ad episodi, e chiaramente fatto per il pubblico, che ricorda tanto da vicino quella stagione felice in cui imperversavano i nomi fatti prima. Sarà che ci sono buoni momenti di comicità, che gli interpreti sono oggettivamente in forma e al servizio di storia e sceneggiatura, e che tecnicamente il film è validissimo( quella corsa tra bolidi nel deserto è girata meglio di tante simili del cinema americano),però il nuovo film di Giovanni Veronesi funziona. Per quanto, come le commedie con Sordi,Gassman & Co. mostrino dei lati italici per niente graziosi, riesce a far emergere nello spettatore la consapevolezza di far parte di un popolo che ha tanto del cialtrone, che spesso sguazza nella retorica, ma a conti fatti, senza generalizzazioni, sa metter cuore e sentimento nelle cose che fa pur spesso abbandonandosi alle malandrinate, e tira fuori orgoglio e capacità quando ormai sembra tutto perso. E, sia nel ruolo del camionista che porta le Ferrari rubate agli arabi che in quello del dentista appunto che scopre di poter ancora voler bene al prossimo, viene in mente un interprete che li avrebbe resi altrettanto "umani": Nino Manfredi, forse l'interprete più coinvolgente a livello emotivo del gruppo dei grandissimi.

giovedì 22 gennaio 2009

BENVENUTI IN PARADISO (Come to see the Paradise,USA 1990)
DI ALAN PARKER
Con DENNIS QUAID,Tamlyn Tomita, Sab Shimono,Shizuko Oshi.
DRAMMATICO

L'etica la fa chi vince. Qualcuno l'ha dichiarato e senz'altro è cosa probabile. Ecco forse perchè questioni odiose come la segregazione di cittadini appartenenti ad etnie nemiche in stato di guerra come la nippoamericana degli anni Quaranta sono solitamente rimosse dalla storia e dalla coscienza collettiva.Inglese ben ambientato in America, Alan Parker fa cosa onesta e degna di apprezzamento riprendendo in mano la brutta fase di storia americana interna.Però il film ha poco nerbo, spesso la sceneggiatura è macchinosa, e Quaid , che comunque si impegna, non basta a rendere la denuncia del film incisiva.Peccato, un argomento interessante non sollevato come avrebbe meritato.

mercoledì 21 gennaio 2009

BOUNCE (Bounce,USA 2001)
DI DON ROOS
Con BEN AFFLECK,GWYNETH PALTROW, Joe Morton,Natasha Henstridge.
SENTIMENTALE
Quando sia Gwyneth Paltrow che Ben Affleck sembravano avviati ad essere tra le star assolute del decennio 2000/2010, già vincitori di Oscar(lei per l'interpretazione in "Shakespeare in love",lui per la sceneggiatura di "Will Hunting") e interpreti di qualche titolo di successo, i produttori li misero insieme per questa commedia sentimentale molto allo zucchero che narra un incontro amoroso dovuto ad un tragico capriccio del destino. Infatti il giovane uomo ha cambiato all'ultimo momento all'aeroporto il biglietto di viaggio con un tipo ed è restato a terra con una bella signorina, e il gesto gli salva la vita,giacchè l'aereoplano precipita e l'uomo muore: sentendosi in colpa per l'accaduto, il protagonista incontra la donna del morto al posto suo, e a questo punto si innesca la storia d'amore. Il regista Don Roos non evita alcuna delle trappole che i canoni del genere disseminano naturalmente lungo il percorso narrativo, Ben e Gwyneth non sono entusiasmanti, il film procede prevedibilissimo e con poco sapore verso il final lieto che niente ci risparmia. Si può evitare, a meno che non si sia in vena di languori.

DESPERATE MEASURES-Soluzione estrema(Desperate measures,USA 1997)
DI BARBET SCHROEDER
Con ANDY GARCIA,MICHAEL KEATON, Brian Cox,Marcia Gay Harden.
THRILLER L'idea di partenza pare provenire da un noir dei più classici: un detective ha il figlio piccolo molto malato, e solo uno dei peggiori delinquenti e psicotici ha le caratteristiche per salvare il bambino, di qui lo scontro tra i due uomini, tenendo lo spettatore in tensione sul dubbio se il villain sarà malvagio fino all'ultimo o in extremis accetterà di venire in aiuto di un bimbo. Barbet Schroeder, che ha realizzato diversi thriller con qualche ambizione autoriale, giocando molto su una naturale predisposizione nel saper dirigere gli attori, e nei due ruoli principali ha scelto due interpreti di buon successo, non star miliardarie, ma coinvolti spesso in titoli da buoni incassi. Il problema di "Extreme measures" è che non ha particolari difetti da farlo reputare un brutto film, ma nemmeno pregi di spicco da definirlo un ottimo thriller:le connotazioni psicologiche si fermano al discreto spunto, le prove degli attori valide, con qualche punto in più per Keaton, che non gigioneggia come avrebbe potuto nel ruolo del cattivo. Intrattenimento correttamente prodotto e realizzato, niente di più.
POLIZIOTTO,SOLITUDINE E RABBIA (I/D,1980)
DI STELVIO MASSI
Con MAURIZIO MERLI, Jutta Speidel,Arthur Brass, Francisco Rabal.
POLIZIESCO Il "poliziottesco" o film d'azione all'italiana stava avviandosi verso la sua conclusione,e i campioni del genere non sfondavano più al botteghino, vedi anche Franco Nero con "Il bandito dagli occhi azzurri" e altri colpi di coda. Coprodotto tra Italia e l'allora Germania Ovest, il film dello specialista in inseguimenti Stelvio Massi non ha granchè ritmo, i problemi del protagonista,che rischia la pelle e si ritrova praticamente solo contro tutti in un'azione pericolosa non hanno sufficiente pathos, e forse solo qualche appassionato può seguire con interesse una storia poco avvincente. Sulla professionalità di Maurizio Merli niente da eccepire, ma è un film girato davvero con approssimazione, montaggio e fotografia inclusi.
CREEPSHOW (Creepshow,USA 1981)
DI GEORGE A.ROMERO
Con LESLIE NIELSEN,TED DANSON,ADRIENNE BARBEAU,VIVECA LINDFORS.
HORROR
In Italia si chiamava Zio Tibia,mentre il nome originale delle strisce horror a fumetti che ebbero un certo successo tra gli anni Sessanta e metà dei Settanta si intitolavano appunto "Creepshow". Spesso in forma di crudeli e brevi apologhi con protagonisti dall'anima sporca che venivano puniti in modo draconiano da essere ancor più turpi, hanno ispirato George A.Romero per questo suo lavoro venuto dopo il successo mondiale di "Zombi".Puntando su un registro buffonesco, l'autore di "Monkey shines" realizza un film a episodi spesso divertente, con qualche motivo(ma non troppi) di raccapriccio, giovandosi delle divertite prove di attori abbastanza conosciuti come Leslie Nielsen,Ted Danson e Adrienne Barbeau.Ebbe un seguito, inutile e poco visto.

CUJO (Cujo, USA 1983)
DI LEWIS TEAGUE
Con DEE WALLACE, Danny Pintauro,Ed Lauter, Christopher Stone.
HORROR

Non era facile adattare per il grande schermo il romanzo breve "Cujo" di Stephen King, come non lo è, e infatti per ora resta sulla pagina scritta soltanto, "Il gioco di Gerald": ambientati come sono praticamente in modo esclusivo in uno spazio relativamente angusto( qui un'auto, là una camera da letto) dimostrano, è vero, la bravura dello scrittore a cercare di creare una suspence molto accesa in una quasi immobilità fisica dei protagonisti, ma anche ne mostrano il lato più narcisista e fine a se stesso, cioè l'esaltazione dell'autore a esibire la capacità di potenzialmente inchiodare il lettore a un racconto che ha di tutto per scoraggiarlo. Girato da un artigiano del B-movie come Lewis Teague, che già aveva avuto a che fare con animali pericolosi con il megarettile di "Alligator", "Cujo" non è entusiasmante: è girato bene, ma spesso l'angoscia cede il passo alla noia, e se l'idea di fare del tradizionale amico dell'uomo un incolpevole( è stato morso da un pipistrello rabbioso) macchina di morte era comunque folgorante, non è tra le cose più felici tratte da King.
IL GENERALE DELLA ROVERE (I,1959)
DI ROBERTO ROSSELLINI
Con VITTORIO DE SICA, Hannes Messemer,Giovanna Ralli,Sandra Milo.
DRAMMATICO
Da un racconto di un intellettuale di destra come Indro Montanelli, Roberto Rossellini trasse un film che si affermò a Venezia , e dette l'occasione a Vittorio DeSica di fornire un'interpretazione rimasta proverbiale: scatenatrice di diverse polemiche alla sua uscita, per una rappresentazione non entusiastica della Resistenza( ma visto il discorso in prefinale sulla colpevolezza passiva di chi "non" ha agito riconsidererei le cose), l'opera di Rossellini curiosamente si conclude in modo analogo all'altro vincitore ex-aequo del Leone d'Oro. Infatti, come i due soldati Gassman e Sordi muoiono con un sussulto di orgoglio (più il primo del secondo),anche per l'imbroglione impersonato da DeSica il finale inverte le prospettive, e tramuta un cialtrone in un uomo che sceglie a quale destino andare incontro. E la prova di DeSica è piena di trasporto,coinvolta, pregna di umanità sia nel mostrare le pecche del protagonista, sia nel descriverne la carica emotiva. E può darsi che a furia di interpretare un ruolo, il truffaldino entri così nella parte dell'eroe della Resistenza da andare incontro al plotone d'esecuzione con la determinazione che non gli sarebbe stata propria, ma anche il personaggio dell'ufficiale tedesco che investe il protagonista di un camuffamento-esca per far cadere in trappola il capo partigiano presente nel carcere è reso con sfaccettature tali da evidenziarne la complessità. A tutt'oggi un film comunque intenso e ben riuscito.

CHE VITA DA CANI! (Life stinks, USA 1991)
DI MEL BROOKS
Con MEL BROOKS, Lesley-Ann Warren, Jeffrey Tambor,Stuart Pankin.
COMMEDIA
Appena prima della sua fase peggiore, e cioè l'ultima, Mel Brooks volle cimentarsi con una commedia che doveva molto a Chaplin, più che alla parodia tout court come è sempre stato uso fare. "Che vita da cani" ripropone la classica scivolata dal benessere alla miseria nera per uno squalo dell'industria, che appunto riconsidera tutta la sua vita imparando l'umiltà. Il film è abbastanza garbato e concede poco all'umorismo più sbracato, e Brooks fornisce una buona interpretazione, ma un notevole punto di forza inusitato viene all'autore-protagonista da Lesley-Ann Warren che qui sfoggia tempi comici non lontani da una star come Shirley MacLaine. Certo non tutto torna, verso il finale c'è qualche cedimento nel ritmo, però la lotta tra le gru-dinosauro è funzionale alla storia, e la pur scontata morale non dispiace. Poi,dopo, per Mel Brooks c'è stata una vera e propria picchiata...

domenica 18 gennaio 2009

I DIECI COMANDAMENTI (The ten commandments,USA 1956)
DI CECIL B.DEMILLE
Con CHARLTON HESTON, YUL BRINNER, Anne Baxter, Edward G.Robinson.
BIBLICO

Kolossal dei kolossal, "I dieci comandamenti" rappresentò per il genere biblico quello che "Via col vento" fu per il dramma storico-sentimentale: realizzato senza badare a spese da Cecil B.DeMille, con una profusione di mezzi senza eguali, al tempo, totalizzò incassi straordinari, e attirò nelle sale miriadi di spettatori. Abbondantemente retorico nella scrittura( però considerato il tema e l'epoca, forse altrimenti non si poteva fare...), è a tutt'oggi uno dei film più spettacolari mai realizzati: la sequenza del Mar Rosso che si apre è tra le più citate di sempre,per l'abilità e lo sfarzo visivo con cui è realizzata. Charlton Heston impersona uno stentoreo Mosè, mentre Yul Brinner è un sottilmente spietato Ramses:molto amato da numerosa gente che ha scritto e scrive di cinema, "I dieci comandamenti" è chiaramente un colosso serioso, dato che di Bibbia si tratta, e in questo senso, a livello critico, resta qualche giudizio sospeso. Visto oggi, ha qualche ingenuità narrativa ( Mosè che rivela al faraone suo patrigno migliaia di schiavi che erigono un tempio senza che si sia sentito un colpo di martello che sia uno...), però lo spettacolo c'è.
HAUNTING-PRESENZE (Haunting,USA 1999)
DI JAN DEBONT
Con LIAM NEESON, CATHERINE ZETA JONES, Lili Taylor, Owen Wilson.
HORROR
Dopo il disastroso "Speed 2", l'olandese ad Hollywood Jan DeBont, valente direttore della fotografia passato alla regia e realizzatore di qualche film campione d'incasso, prese il timone del remake de "Gli invasati" di Wise: più che altro ci sono, a grandi linee, l'avvio ed il finale similari al vecchio film in bianco e nero, e lo spunto di partenza.Per il resto, star a parte, la versione anni Novanta gioca molto di più sugli effetti speciali, senza nascondere alcuno dei milioni di dollari che il film è costato.Benchè il risultato commerciale sia stato infine di discreto livello, "Haunting" è ricordato con scarsa simpatia dagli appassionati: ora, non è un film scandalosamente brutto, nè inguardabile, però "Gli invasati" era davvero tutta un'altra cosa. Dove Wise giocava di sottrazione, DeBont amplifica, dove il vecchio classico lasciava salire la suspence lavorando su dettagli, rumori, sensazioni, questo kolossal pauroso straborda,eccede e rende maiuscolo:però il cinema è anche trucco, illusione, gioco di prestigio. E se si mostrano tutti i trucchi lo spettacolo perde forza ed incisività:molta è qui, e non è poca, la differenza.

LASCIAMI ENTRARE ( Lat den ratte komma in, SW 2008)
DI TOMAS ALFREDSON
Con KARE HEDEBRANT, LINA LEANDERSSON, Per Ragnar, Henrik Dahl.
HORROR
E' un film che viene da una cinematografia nella quale l'horror non è una delle cose più note, a livello internazionale, ma sta conquistando estimatori e riconoscimenti: "Lasciami entrare", spesso accostato al successo di stagione "Twilight" per via del soggetto rapportabile su adolescenti, amore e vampiri, è la versione nobile del campione d'incasso americano, se proprio vanno abbinati. Al di là degli effetti speciali, qui molto migliori dell'altro film( è vero che i gatti in preda a furore aggressivo sono troppo evidentemente rielaborati al computer, ma è l'unica pecca ascrivibile al film da questo punto di vista), il film di Tomas Alfredson è un bel racconto d'amore tragico, malato e profondamente triste: un ragazzino molto solo che conosce una coetanea(sicuri?) vicina di casa bizzarra che appare senza far rumore e sembra non subire il freddo, vessato dagli stupidi bulletti della scuola, notti gelide e silenziose intorno, un bizzarro assassino che stordisce le sue vittime e le dissangua sullo sfondo. Il racconto, malinconico e dotato di una forza notevole e progressiva, parte lento ma giunge al finale acuendo l'interesse dello spettatore ben raccontando un adolescenziale spaesamento e una storia d'amore sui generis molto toccante. Amore e Morte si abbracciano come nelle grandi epopee romantiche, e il finale suggerisce l'eredità di una dannazione perseguita con ineluttabile consapevolezza: un film horror che lascia spesso fuori campo i picchi splatter ( ma non mancano passaggi da brivido,soprattutto nei dettagli) che è un piccolo gioiello, e rende ancora una volta il vampirismo una malattia equivalente ad una cronica e disperata carenza d'affetto.