DI STEVEN SPIELBERG
Con RICHARD DREYFUSS,HOLLY HUNTER,John Goodman, Brad Johnson.
FANTASTICO/SENTIMENTALE


Recensioni troppo lunghe?Sproloqui autocompiaciuti?No,grazie,basta...Un'opinione più sintetica possibile,cercando di non essere superficiali,provando a fornire un'impressione su un film,o personaggi del cinema?Se interessa,YOU'RE WELCOME...! UNA GUIDA "AMICHEVOLE" PER SCEGLIERE IL FILM DA VEDERE ( O NO...),PIU'PRATICA POSSIBILE
Tardivo sequel di uno dei maggiori successi dei primi anni Ottanta,"Ghostbusters II" è un pasticcio miliardario che fonde effetti speciali del resto notevoli a battute stantie e poco incisive:Reitman conduce senza troppo impegno un film che di demenziale ha più che altro il fatto di essere stato realizzato cosi'com'è,e viene da domandarsi come mai un piccolo classico della fantascienza da ridere come il primo film debba subire un seguito dove,a parte i succitati effetti speciali tutto è risaputo,stanco,poco divertente e col fiato corto.Anche gli attori sembrano adeguarsi,impegnati come sono a fare smorfie da scemi e aggirarsi senza aver capito bene il perchè,in un film che dall'inizo alla fine è il trionfo della retorica natalizia.
Del bellissimo e complesso romanzo di Peter Hoeg,ne e'stato tratto un film che ne da'una lettura superficiale,decoroso ma che non sfiora quasi mai il dolore sincero che e' la struttura portante del romanzo.Scelta un'attrice anche brava come Julia Ormond,sostanzialmente sbagliata per il ruolo della dura e ostica Smilla,mettendole attorno un cast di prim'ordine ma pescato un po'alla rinfusa, dirige professionalmente e spettacolarizza ,anche troppo,la trama.Passabile,ma non rimane dentro lo spettatore come fa il libro in chi lo legge.
Non è propriamente un esordiente,perchè il suo primo lavoro,"Thespian X",da noi inedito, lo aveva realizzato nel 2002, ma l'inglese Gerald McMorrow è un cineasta di cui potremmo continuare a sentir parlare in seguito. Questo "Franklyn", che si svolge su due piani narrativi,uno riguardante un padre che cerca disperatamente il figlio reduce dall'Iraq nei bassifondi londinesi e una bella ragazza dalle tendenze suicide che vive con rabbia i propri conflitti,l'altro ambientato in una Londra travisata in una società integralista e pesantemente opprimente, nella quale un giustiziere in maschera deve compiere un delitto e cerca di sfuggire all'incalzante polizia che sembra essere dappertutto.C'è qualche cerebralismo di troppo,un'attenzione eccessiva a certi estetismi che patinano fin troppo,soprattutto, la parte riguardante la realtà alternativa, ma è evidente il segno di un talento registico:il film non è affatto banale,anche se risente ancora di troppe influenze(su tutte "V per vendetta"), c'è una cura notevole delle psicologie e dell'allestimento scenografico, ed un senso della tragedia che pervade tutta la pellicola.In più,occhio agli attori:sia Ryan Philippe,che pur attraversa più di metà della storia con una maschera da spettro addosso, Eva Green,che lascia affiorare tutte le taglienti inquietudini del proprio ruolo, e in particolare Bernard Hill,che propone con finezza i mezzitoni del suo personaggio, il più ordinario e per questo forse il più complesso.
Un esordio notevole,quello della figlia di Coppola,quella a cui molti consigliarono di non farsi piu'vedere davanti a una macchina da presa dopo "Il padrino parte III":eco fatto,la figlia dell'autore di "Rusty il selvaggio" ha finito per mettercisi dietro.E "The virgin suicides" è un'opera prima condotta con mano felice,raccontando una storia di malinconia giovanile che sfocia in un finale da alta tragedia,con un cast indovinatissimo,dalla madre dura di Kathleen Turner al padre debole James Woods,con il nuovo bello Josh Hartnett e la bellezza ancora acerba di Kirsten Dunst,già una promessa per gli anni di cinema a venire.E'difficile cogliere,in un film,quella potenza dei sentimenti dell'adolescenza,quell'aprirsi di drammi insostenibili di fronte a cose come una punizione aspra,quella dolorosita'di un trasporto amoroso tradito o deluso,la desiderabilita'di creature viste come inarrivabili.Sofia Coppola ,con una certa attenzione per dialoghi e situazioni,c'è riuscita,realizzando un film di rara sensibilita',perdendo l'ottica adulta e facendo riassaporare allo spettatore la tagliente,bellissima,mai dimenticabile davvero sfera emotiva della giovinezza piu'piena.Un film che avrebbe meritato senz'altro maggiori fortune,ma probabilmente in corso di rivalutazione per i posteri.
E'vero che senz'altro questo film di Eastwood non è tra i piu'significativi della filmografia dell'attore e regista texano;ma è ben congegnato,pone una condanna piu'seria di quella che si immagini a priori in un contesto del genere della pena di morte,ha buoni dialoghi,e concede a Clint l'occasione di un personaggio spigoloso,con tocchi di spavalda simpatia,e una carica da "cane sciolto" rara da trovare nel cinema americano degli ultimi anni.In una corsa contro il tempo piuttosto serrata,"Fino a prova contraria" risolve il "giallo" contenuto al suo interno,e ha qualche abbozzo di commedia ben riuscita,come nelle sequenze in cui il giornalista-investigatore interpretato da Eastwood deve,nel già risicato tempo a disposizione per salvare il condannato a morte nero alla cui vicenda si è appassionato,occuparsi della figlioletta portandola allo zoo.
In uno dei periodi di maggior appannamento di casa Disney,in cui i nuovi lavori a disegni animati scarseggiavano,e le produzioni "in carne e ossa" non si distinguevano granchè per la pochezza delle storie e la sciatteria della realizzazione,non fu da meno questo "Ultimo viaggio dell'arca di Noè":tra un Elliott Gould in via di declino accelerato,e una Geneviève Bujold nella parte calante della sua discreta carriera in Usa,il filmetto procede inverosimile e inoffensivo.Solo che come film avventuroso questa pellicola non suscita emozioni,si appoggia sempre di più a un sentimentalismo bolso,e non giustifica mai nessun passaggio forzato della sceneggiatura,conta solo il giungimento a lieto fine da contratto.Misteriosi restano,infatti,cosa si bevano i naufraghi alla deriva in pieno Pacifico,un incrociatore della Guardia Costiera che,ma guarda la casualità,arriva proprio appena finita la tempesta che ha quasi affondato l'aereo riadibito a zatterone ,e come il povero bufalo che si è rotto la gamba e destinato alla soppressione miracolosamente guarisca nel batter di un fotogramma.Ma quanti spettatori lo avranno visto alla sua uscita?Mistero anche questo.
Hugh Wilson è un regista che ha colto un grande successo con il primo "Scuola di polizia",e che ha realizzato via via commediole guardabili,ma poco entusiasmanti:anche "Sbucato dal passato" non smentisce questa attitudine del director,specializzato nel genere.Ha uno spunto di partenza brillante,la famigliola che viene dagli anni della Guerra Fredda,rinchiusa in un bunker antiatomico e fuoruscita alle soglie del Duemila:però le idee rimaste poi sono scarsine,e lo script non coglie le potenzialità del caso.Meglio va con gli attori,con Brendan Fraser che ha almeno una scena in cui lascia intravedere di essere un buon attore,se ha la possibilità,quella del ballo.Fatto di una consistenza fragile,"Blast from the past" è dimenticabilissimo.
I primi dieci minuti di "Scream" sono da antologia del brivido:una sequenza di sadismo che ,senza indugiare troppo sui particolari sanguinolenti, colpisce per l'efficacia e la produzione di tensione.Segue una prima parte che regge bene il gioco, e una seconda che rischia di mandare tutto in malora per l'eccessiva improbabilità con cui è costruita.Peccato che il lungo finale dove piu'd'uno viene assassinato con efferata furia ceda ad un numero esagerato di colpi di scena,che rendano il tutto poco credibile e risaputo.Le motivazioni dell'assassino sono difficili da intuire(anche troppo),ma il dipanarsi della vicenda si fa banale,e tra morti veri e presunti,il film non ritrova il livello di tensione dell'avvio.Il cinema di Craven,oltre a raccontare le mostruosità che si annidano nella privincia americana fatta di villette e amori della scuola, si lascia andare a molte citazioni,sia di se stesso che di altri titoli del genere.Solo che qui progressivamente perde di mordente.
Chiaramente derisorio verso l'amministrazione Bush II, e verso un certo tipo, purtroppo sempre in vigore, di tv-spazzatura, "American Dreamz" è una satira scoperta, che però non mantiene del tutto le interessanti premesse accampate nella primissima parte del film; Weitz mette insieme un cast di qualità, con Hugh Grant sorridente e cinica canaglia, Dennis Quaid in una spassosa raffigurazione di George Double W, e ancor più un Willem Dafoe che ha effettuato la tonsura per fare il verso a Dick Cheney, e una scatenata Mandy Moore, con il surplus di Marcia Gay Harden perfetta riproduzione di Laura Bush. Gustoso nella rappresentazione di certi teatrini privati del presidente storicamente meno memorabile della storia americana, il film procede un pò tra alti e bassi, per chiudersi su una velenosa, ma prevedibile, salacità sulla tv che tutto riplasma e ricicla. C'erano tutti i presupposti per una presa in giro da antologia di questa fase statunitense , ma non si graffia come si avrebbe potuto.
Tra i maggiori successi italiani degli anni Settanta,tratto da una piéce teatrale,"L'anatra all'arancia" ebbe il pollice verso dalla maggior parte dei recensori dell'epoca.E ,tutto sommato,non avevano affatto torto:nonostante in scena fossero due artisti della recitazione come Monica Vitti e Ugo Tognazzi,il film non ha sapore,le battute se non stanno sull'ovvio la buttano sul volgarotto,la Bouchet mostra le non poche grazie ma il personaggio è un cliché della specie più consunta,e le occasioni per ridere sono piuttosto rade. Inoltre,il film è pregno di un'ottica borghese su matrimonio e rapporto di coppia piuttosto stucchevole,e il finale "acquatico" è discretamente brutto.Uno dei peggiori film di Luciano Salce.
Uno degli epigoni più fortunati e rapidi dell'onda western leoniana è stato "I giorni dell'ira" , di Tonino Valerii, forse uno dei più bravi registi di genere italiani, che abbinava una faccia comparsa in due film dell'ispiratore autore di "Per qualche dollaro in più", e un giovane divo già presente in diversi titoli avventurosi di casa: citato da un cultore di un cinema italiano teoricamente di serie B( e probabilmente di respiro più internazionale di quanto molti vogliano ammettere) come Quentin Tarantino, questo "film di cowboys" poggia sulla sfida etica tra un pistolero scafato e cinico, e un giovane che rifiuta la violenza come mezzo di imporsi, proponendoli dapprima come alleati e infine come nemici, in una pellicola che contiene qualche semplicismo di troppo, ma che ha il merito di insinuare un dilemma su un mondo che più che mai promuove la legge del più forte. C'è una scena, quella del duello su cavalli lanciati uno verso l'altro e con fucile da caricare al volo, da antologia, per la tensione che lascia lievitare e per perizia cinematografica,che è la cosa migliore di questo lungometraggio, e i due interpreti principali servono diligentemente un confronto che giunge ad essere quasi consanguineo per risolversi poi con il piombo, tutt'altro che banale.
In pratica,il film scritto da Lowell Ganz e Babaloo Mandel,più di una volta collaboratori di Ron Howard,ribalta la prospettiva di "Truman show",anticipando il format televisivo dei vari "Grande fratello" and company:la morale si assomiglia,l'inno alla libertà dagli eccessi multimediatici accomuna i due film,solo che il film di Weir era un dramma cadenzato al ritmo di una commedia,"Ed tv" è una commedia intelligente,ben recitata,con un messaggio da dare al pubblico.Garbata presa in giro di una certa mentalità occidentale del successo ad ogni costo,il film di Ron Howard ha anche sfumature serie,come nel rapporto tra Ed ed il padre adottivo, e pure l'ironia sulla maggioranza silenziosa che sostiene questo o quel personaggio della trasmissione-vita di "Ed Tv",con il risultato che i capoccioni del network arrivano a tentare di stravolgere anche il lato sentimentale della sua esistenza.Peccato che il film non abbia conosciuto un successo di pubblico meritorio,ha messo insieme un bel cast,rivelando la simpatica Jenna Elfman,e citando obbligatoriamente Martin Landau,come sempre grande nei ruoli di contorno.