Forse è vero che "Mine vaganti" funziona più sul registro brillante che su quello malinconico,come nella sequenza del ricordo del matrimonio della nonna,vagamente oleografico,anche se tuttavia elegante:di sicuro questo film di Ozpetek sta incontrando maggior consenso del suo ultimo, quel "Un giorno perfetto" che aveva deluso sia i recensori che il pubblico,completamente virato al tragico e senza luce alcuna. Ed il regista turco,quasi in segno di provocazione,riempie questa pellicola delle "tavolate" spesso beccate dalla critica come segno anche troppo marcato del suo modo di fare cinema. La coralità che i fans dell'autore de "Le fate ignoranti" ben conoscono è qui ben giocata, e se vi sono numerose autocitazioni, ci sono pure un pizzico di riferimento all'Almodovar più brioso nel ritmo del racconto, e un riallacciarsi alla commedia salace alla Germi sia per l'atmosfera,che per quella sequenza in un caffè affollatissimo e centrale, con tanti potenziali pettegoli, la quale sembra presa di peso da "Sedotta e abbandonata". Supportato da un cast intonato, con special menzione per un Ennio Fantastichini che qui è all'altezza di un De Niro d'annata, basti vedere la scena appunto nel caffè in cui ride con la bocca e piange con gli occhi, Ozpetek racconta una giostra di sentimenti duri ad affiorare, di identità sessuali nascoste o in bilico su un attimo di grande incertezza,come quella che forse prova il protagonista Scamarcio ad un certo punto della storia, di mentalità legate al passato e passioni sempre vive anche se relegate negli angoli del cuore. Un film brioso,contrassegnato dalla vivace canzone di Nina Zilli "50 mila", che è tra i migliori di un autore che si è scrollato di dosso la paura di piacere e propone il cinema che sa fare, senza autocompiacersi eccessivamente.
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