domenica 17 gennaio 2010

THE HURT LOCKER ( The hurt locker, USA 2008)
DI KATHRYN BIGELOW
Con JEREMY RENNER, Anthony Mackie, Christian Camargo, David Morse.
GUERRA

La sabbia che si impregna di sangue, il caldo opprimente di un sole a picco che incendia i pensieri, la morte spesso incontrata di fronte nei tanti morti visti, o alle spalle in agguato ad appena un tiro di fucile di distanza. Ma sopratutto la tensione che genera l'adrenalina sulla semplice ma cruciale questione: "sopravviverò?". Questo è, soprattutto, "The hurt locker", l'ultimo film di Kathryn Bigelow, una cineasta che assieme all'ex-marito James Cameron avrebbe potuto diventare la regina del cinema mainstream, ma ha sempre scelto altre vie, e il che non significa che il suo non sia bel cinema, tutt'altro. Solo che i personaggi dei film della regista di "Point Break" non sono mai dati tutti in una volta,sono troppo complessi e "umani" anche se possono non parerlo come a volte capita qui, le sue storie non si chiudono comodamente o dando risposte assolute: se andasse avvicinata ad un altro regista, questo sarebbe Michael Mann, altro grande cantore post-western. I soldati americani confusi in un Iraq in cui la vita vale davvero pochi spiccioli non "esportano democrazia", come affermava tronfio chi ce li ha mandati, sono troppo contratti dal terrore di non arrivare al giorno dopo, da annullare ogni rapporto sociale o considerazione personale su quello che stanno vivendo, salvo rischiare un crollo psiconervoso dinanzi al cadavere scempiato di un ragazzino usato dalla parte avversa come arma e ritrovare un minimo di senso delle cose. Ma non è questione di buoni o cattivi qui, non c'è bandiera cui attaccarsi per giustificare la follia della guerra, non c'è una missione che se compiuta contribuirà a chiudere il conflitto: e il ritorno a casa che la sorte riserva non a tutti non basta a considerare la protezione dello scafandro antimina, quello che viene definito l' "hurt locker" una parte del passato. E tornare a quella dimensione di paura può essere considerata, non fare la spesa e pensare ad un figlio da crescere, la vera normalità. E' un film che spiazza, può non convincere tutti:le poche facce note durano pochi minuti sullo schermo,il narrato tagliato come un lungo reportage, montato con energetico vigore, rischia di essere un forte candidato a sorpresa per i prossimi Oscar. Ma se porterà via almeno la statuetta per la miglior regia, non sarà data a sproposito.

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