venerdì 14 novembre 2008

WALL E ( Wall E, USA 2008)
DI ANDREW STANTON
ANIMAZIONE
FANTASCIENZA


Su una Terra ormai teatro di desolazione e abbandono, circola un piccolo robot composto da cingoli da carrarmato in miniatura, un cubo che pressa i rifiuti e un binocolo per testa e occhi, che malinconicamente ogni volta che il sole si alza parte e compone strutture architettoniche di ecoballe: sul pianeta l'automa è l'unica cosa viva insieme ad uno scarafaggio amico che gli fa il solletico tra gli ingranaggi e un germoglio di pianta nato chissà come, finchè non giunge dallo spazio un'astronave immensa che lascia una simile di Wall E femmina e più moderna, che ricerca forme di vita con un cannone laser terribile in dotazione. L'ultimo lavoro Pixar è una delle cose più riuscite della casa di produzione di "Toy story": racconto di fantascienza infarcito di citazioni dei più grandi classici del genere, da "2001" ( il più presente) a "Guerre stellari" , il nuovo lavoro d'animazione che in America ha raccolto anche in proporzione molto più che da noi-segno che è un Paese in miglioramento rispetto al nostro,nuovo ottimismo e per prospettive future, visti anche i risultati delle più recenti elezioni rispettive?- è soprattutto nella prima parte, quella in cui si fa a meno del parlato lasciando spazio a immagini e suoni, un gioiellino. La seconda parte è un pò più risaputa, quella sull'astronave con umani obesi e ormai talmente disadattati da vivere su una sorta di barelle ultratecnologiche semoventi, ma i messaggi che "Wall E" rilascia sono di un'acutezza e di un richiamo a una chiarezza di metafora impressionanti: in più, nonostante al centro della storia ci siano due piccoli robot, contiene sequenze di un commovente richiamo ad un umanesimo più forte ed esclamato, e le trepidazioni del piccoletto di ferro e molle rispecchiano il segreto coraggio che serve all'inconsapevole eroe per cercare un domani che sia qualcos'altro. Di rado succede, ma "Wall E" è uno di quei film non comuni alla fine del quale si prova la sensazione di potersi aspettare qualcosa di più da se stessi e dal mondo fuori, nel senso di provare ad essere persone migliori.

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