sabato 17 settembre 2011

CARNAGE ( Carnage,F/ES/PO,2011)
DI ROMAN POLANSKI
Con JODIE FOSTER,KATE WINSLET,CHRISTOPH WALTZ,JOHN C.REILLY.
GROTTESCO
Gioco al massacro per quattro,"Carnage" si svolge per intero,tranne un brevissimo prologo che introduce il quid della vicenda,ed un brevissimo stacco finale che commenta il tutto con un barlume di ottimismo,in un appartamento in cui due coppie si incontrano per chiarire pacificamente un diverbio tra i loro figli,piuttosto violento,in cui uno dei due ragazzi ha rotto i denti all'altro con un bastone.Inizialmente le buone maniere sembrano avere la meglio,ma ben presto affiorano battute taglienti,il brutto del carattere di ognuno,l'insofferenza di ogni personaggio verso gli altri,e si formano curiose coalizioni,mogli contro mariti,coppia contro coppia,fino ad un caos concentrato in un salotto.Dalla commedia "Il dio del massacro" di Yasmina Reza,che ha co-sceneggiato il film,Roman Polanski ha tratto un apologo che incrocia commedia e dramma,pestando non poco sul grottesco,esponendo le contraddizioni di un'epoca,il malessere che si cela nella buona società,gli intenti emeriti che mascherano le frustrazioni ed i rancori,la volgarità appena dietro abiti costosi,ed anche un progressismo di facciata che a stento ricopre rabbie retrograde. Presentato con clamore al Festival di Venezia appena concluso,l'ultimo Polanski offre a quattro interpreti intensissimi una grande occasione per eccellere ed allo stesso tempo attuare una partita a quattro dandosi stimolo a vicenda:nessuno,neanche Reilly,che è l'unico del gruppo a non aver vinto l'Oscar (ma chissà,questa è una pellicola che molto probabilmente otterrà delle nominations importanti) è esente da una prova attoriale esaltante. Visione chiaramente pessimistica e derisoria,alterna denotazioni satiriche a momenti di autentico biasimo,concludendo il gioco mostrando che le certezze degli adulti sono assai vane,perchè quel che davano per certo è andato al contrario delle loro aspettative,e che i ragazzi possono avere atteggiamenti più maturi,andando oltre il patetico disincanto dei "grandi".

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