lunedì 31 maggio 2010

IL GIOCO DEL FALCO ( Falcon and the Snowman, USA 1984)

DI JOHN SCHLESINGER

Con TIMOTHY HUTTON,SEAN PENN,David Suchet,Dorian Harewood.

SPIONAGGIO/DRAMMATICO



Dalla vera storia di due giovani amici ed ex compagni d'oratorio che a metà anni Settanta vennero processati ed incarcerati con pene pesantissime da scontare(uno addirittura a vita) per aver intrallazzato con i servizi russi,con scarso peso oltretutto, John Schlesinger girò un thriller spionistico che guarda più a Le Carrè che a James Bond:l'azione nel suo film è quasi nulla, semmai c'è la tensione di attendere fino a che punto lo spacciatore e fragile Sean Penn può compromettere l'amico Timothy Hutton,entrato nell'indotto CIA ma critico verso il proprio paese. Rispetto ad altri classici del genere,"Il gioco del falco" non incide più di tanto, mostrando spesso una regia non pronta a cogliere il conflitto psicologico tra i due amici, e neanche abilissima a gestire con sufficiente scioltezza il meccanismo narrativo. Semmai, tra le righe, è avvertibile lo sgomento dinanzi alla mentalità di un paese che chiude in carcere due giovani che sono andati contro le regole e sono potenzialmente dei traditori, ma hanno commesso un'inezia in un gioco più grosso di loro, e invece spesso ha commesso orrori soprattutto in Sudamerica e altri lati del globo,spalleggiando regimi di tortura,strage e omicidio di Stato. Sul piano attoriale,qui meglio il composto sdegno di Hutton della nevrastenia sopra le righe di Penn,anche se guardandoli insieme, è curioso notare quanto il primo sia partito col botto e poi divenuto un attore di seconda fila,mentre l'altro al contrario sia partito più apparentemente più svantaggiato e sia divenuto il magnifico interprete capace di vincere ben due Oscar a distanza di pochi anni.La cosa più memorabile dell'operazione tuttavia rimane "This is not America" del duo David Bowie/Pat Metheny.


UOMINI CHE ODIANO LE DONNE ( Main som Hatar kvinnor,SW/DK 2009)
DI NIELS ARDEN OPLEV
Con MICHAEL NYQVIST,NOOMI RAPACE,Willie Andreason, Sofia Bratwall.
THRILLER
Nell'ondata di nuovi scrittori di thriller e gialli che provengono dalla Scandinavia, e nella naturale messa a fuoco dell'attenzione della distribuzione cinematografica verso queste cinematografie nordiche spesso trascurate,Bergman e pochi altri a parte,la trilogia "Millennium" di Stieg Larsson che ha fatto un vero e proprio botto, a livello di vendite.Lungo oltremodo,"Uomini che odiano le donne" pare un romanzo già concepito per essere facilmente tradotto in sceneggiatura,è tuttavia un thriller efficace,che non annoia anche se crea un pò troppe aspettative per una soluzione abbastanza prevedibile,con qualche sospetto di compiacimento nella descrizione della violenza:ne è venuto fuori un adattamento per il cinema vedibile,che screma ovviamente molto del materiale della pagina scritta,con qualche cambiamento nei rapporti tra personaggi, e la tendenza a mettere in scena per sommi capi la vicenda raccontata dallo scrittore. Noomi Rapace è in effetti una presenza potente, che rispecchia con bravura l'essenza del particolarissimo personaggio di Lisbeth Salander,che tuttavia anche nel romanzo a tratti dà l'idea di qualche forzatura,specialmente nella coda finale,ma l'intera operazione convince a metà,sia per via della percepibile situazione di preconfezionato per grosso interesse pubblico,sia per la qualità della messa in scena,che in fondo pare un sunto adatto a tutte le platee,ma che non coglie particolari entusiasmi.

sabato 29 maggio 2010

PRINCE OF PERSIA-Le sabbie del tempo(Prince of Persia:Sands of time,USA 2010)
DI MIKE NEWELL
Con JAKE GYLLENHAAL, Gemma Arterton, Ben Kinsgley,Alfred Molina.
AVVENTURA/FANTASTICO
Un videogame tradotto in film tira l'altro, e stavolta tocca a "Prince of Persia":allestito dal Jerry Bruckheimer di tanti smash hits spettacolari, che intenderebbe creare una nuova trilogia di successo dopo il risultato dei "Pirati dei Caraibi",contempla un dispendio di mezzi notevole per narrare la ventura dell'ex-orfanello Dastan,che,adottato dal re di Persia,diviene un principe guerriero che,ritrovatosi tra le mani un pugnale contenente una sabbia prodigiosa che può riavvolgere all'indietro il tempo,dovrà combattere contro una congiura di palazzo che punta a destituire il proprio padre adottivo.Sarà aiutato da una bellissima principessa e incontrerà una canaglia di predone che inaspettatamente lo aiuterà.Il film saggiamente tiene conto dell'ironia e ne usa abbastanza,prendendo a braccetto "Il ladro di Baghdad" e "Aladdin", ma Newell non sembra il regista adatto a gestire la faccenda al meglio:troppi ralenti nelle scene d'azione,qualche dilungamento di troppo nell'esposizione della trama, e neanche Gyllenhaal pare l'attore adatto,nonostante la ginnica prestanza,ad impersonare un eroe da fumetto,mentre Molina ammicca fin troppo nel suo ruolo di brigante fanfarone. La Arterton è sempre più una delle bellezze più rimarchevoli tra le emerse da poco, e Ben Kingsley,come i conterranei Neeson e Fiennes si adegua ad una prestazione atta a far cassa,con più professionalità però dei colleghi citati. Può darsi che sia l'inizio di una nuova trilogia,ma la partenza non è delle più appassionanti:anche se magari,rispetto ai "Pirati",che ben si avviarono e maluccio arrivarono,incassi a parte, la qualità potrebbe sensibilmente migliorare.

mercoledì 26 maggio 2010

FLASH OF GENIUS ( Flash of genius,USA 2008)
DI MARC ABRAHAM
Con GREG KINNEAR, Dermot Mulroney,Lauren Graham,Tim Eddis.
DRAMMATICO
A volte sembrano cose scontate,ma cose come il rubinetto dell'acqua calda, la tastiera del telefono, i lacci per le scarpe sono cose che,avendoci facilitato la vita, sembrano esserci sempre state,ma qualcuno avrà dovuto farsele venire in mente,escogitarle.La storia vera del professor Kearns, che inventò il tergicristallo ad intermittenza,e subì il furto dell'idea da parte delle grosse compagnie automobilistiche, e della lotta quasi devastante per ottenere il riconoscimento della paternità dell'invenzione,fino addirittura a studiare legge per portare in tribunale le proprie ragioni,viene portata sullo schermo dal regista Marc Abraham,al suo primo film. "Flash of genius" sposa la tradizione classica di molto cinema idealista che ha avuto negli anni Sessanta il suo apice, con storie di uomini la cui dignità e il cui credo in quello che ritengono giusto sono indistruttibili,e le speranze in una società equa e giusta non crollano di fronte al cinismo dei fatti quotidiani. C'è molto del Coppola più appassionato alle cause civili, è vero,in questo lavoro, e "Tucker" viene subito alla mente,sia per l'argomentazione "motorizzata",che per i toni del racconto ed anche lo stile utilizzato nell'esporre i fatti. Il ruolo del protagonista è assegnato ad un ottimo attore come Greg Kinnear,che forse è stato travisato all'inizio della sua carriera:di piacevole presenza ma non così bello da divenire una star,si è sempre affermato come bravo ed espressivo,soprattutto nei mezzi toni, con una caratura d'attore che ricorda un Jack Lemmon d'annata.I difetti dell'opera prima ci sono, con qualche difficoltà nel gestire il ritmo narrativo,qualche minuto di meno nella durata forse sarebbe stato meglio.Certo,si tratta anche di un film di attori, e di ricostruzione d'ambiente, e questo va a vantaggio del lungometraggio:forse non perfetto e non infervorato della passione civile di cui avrebbe abbisognato per essere un film memorabile,ma merita visione e presa in considerazione.

lunedì 24 maggio 2010

LA VENDETTA DI FRANKENSTEIN ( The revenge of Frankenstein,GB 1958)
DI TERENCE FISHER
Con PETER CUSHING, Eunice Gayson,Francis Matthews,Michael Gwinn.
HORROR

Due anni dopo l'ottima affermazione de "La maschera di Frankenstein", Terence Fisher volle dare un seguito alla sua versione delle macabre venture dello scienziato creato da Mary Shelley. In effetti questo "La vendetta di..." è molto incentrato sulla figura del barone la cui ambizione creativa arriva a sfidare la natura,Dio, e il fato:infatti il versante orrorifico è relativo,e effetti speciali non ce ne sono molti,dato che la nuova creatura ha fattezze praticamente umane,salvo una cicatrice attorno al volto. Più un dramma tetro che appunto un film dell'orrore, il film si apre e si chiude con due inquadrature fredde,di oggetti come una ghigliottina all'inizio, ed una porta chiusa nel finale,nel classico stile Hammer, presenta un Peter Cushing a proprio agio nel ruolo, al quale può dare qui, con la complicità di un autore che lo conosce bene, sfaccettature diverse che aumentano lo spessore di un personaggio folle e bramoso di potere che persevera nel suo tragico operato,che puntualmente gli sfugge di mano e crea disastri. Il finale,ironico quanto basta, è un preambolo a nuovi sviluppi della saga,anche se questo episodio andò maluccio al botteghino.Il film è ben fatto,ma nella parte centrale diviene un pò statico,seppure appunto la svolta conclusiva gli faccia recuperare crediti.

sabato 22 maggio 2010

INTRIGO INTERNAZIONALE ( North by North-West,USA 1959)
DI ALFRED HITCHCOCK
Con CARY GRANT, Eva Marie Saint, James Mason, Leo G.Carroll.
THRILLER
Film importante sia della filmografia hitchcockiana che del cinema sia thriller che in generale, "Intrigo internazionale" è un divertissement con un meccanismo narrativo ineccepibile,nel quale il protagonista Roger Tornhill si ritrova in una situazione sempre più complicata e pericolosa dalle connotazioni oscure e legate ai giochi dei servizi segreti. E' vero che Hitch gioca anch'egli con Tornhill,presentato come un individuo di successo,abilissimo nel fare il furbo (è specializzato nel rubare i taxi al prossimo) e nel savoir faire,ponendolo in situazioni che lo spiazzano continuamente, e che solo grazie alla sua sagacia (e alla fortuna,considerando il finale) riesce a scamparla contro gli intrighi di un pacato e malvagio James Mason, che probabilmente è stato preso a modello per molti nemici di James Bond, con i suoi modi melliflui e spietati. A nord di Nord-Ovest è come dire l'Isola Che Non C'E' di Peter Pan, un posto che non è individuabile, ed è il titolo originale della pellicola. Con intermezzo romantico in un bosco di conifere, per Hitchcock il luogo delegato ad ospitare le confessioni sentimentali, in bilico sulla rocciosa instabilità di un ciglio che sprofonda in un abisso del monte Rushmore (e qui si coglie l'ironia altissima di un europeo verso i miti d'America....), in fuga dentro un campo di grano dall'attacco di un aereo che può volare bassissimo, accusato di omicidio con l'arma del delitto in mano per la sprovvedutezza naturale di fronte ad un evento del genere, Cary Grant, che fregia il personaggio sia della sua eleganza naturale che di una stupefatta partecipazione,diviene nelle mani di Hitchcock quasi un uomo di plastilina atto a vivere situazioni avventurose e amorose sfidando gli archetipi e creando via via momenti da antologia che ispireranno altri autori e sceneggiatori. Di fronte ad una materia così fluida,tanto di cappello,ed è il minimo che si possa dire.

giovedì 20 maggio 2010

GUIDA GALATTICA PER AUTOSTOPPISTI

(The Hitchhiker's guide for galaxy,GB 2005)
DI GARTH JENNINGS
Con MARTIN FREEMAN, Mos Def, Anna Chancelor, Sam Rockwell.
FANTASCIENZA/COMMEDIA

In Inghilterra è considerato un classico il libro "Guida galattica per gli autostoppisti",divenuto film nel 2005 dopo una quarantina d'anni dalla sua prima edizione, e da noi passato molto alla chetichella durante l'estate, riscuotendo nessun interesse. Per la regia dell'esordiente Garth Jennings, il risultato su schermo non è indimenticabile,benchè sia stato indicato da più recensori come una piacevole sorpresa. Il film parte come una commedia di buon ritmo, con forti connotazioni surreali,ma ben presto la tenuta narrativa si sfalda e le numerose battute e battutine, i mostri e creature presenti divengono un catalogo senza troppa anima nè reale verve, su un tono comico molto flemmatico. Nonostante un cast di ottima composizione (ci sono anche John Malkovich e Bill Nighy in ruoli minori) i personaggi rimangono bidimensionali, con un Sam Rockwell sempre sopra le righe ed un protagonista inadatto come Martin Freeman,già visto in "Love actually":per cui il divertimento,che dopo dieci minuti di proiezione sembra annunciarsi cospicuo,si smorza via via che il film scorre e giunge ad un finale lieto che se da un lato è prevedibile,da un altro sembra quasi forzato.


A PIEDI NUDI NEL PARCO ( Barefoot in the park,USA 1967)
DI GENE SAKS
Con JANE FONDA,ROBERT REDFORD, Charles Boyer, Mildred Natwick.
COMMEDIA

Dopo averli messi assieme in ruoli importanti ma di contorno ne "La caccia" di Arthur Penn, gli uffici di casting ricomposero la coppia Jane Fonda-Robert Redford in questo adattamento per il cinema di una piece teatrale di successo dell'autore di commedie all'epoca più in voga in assoluto,il Neil Simon che creò tra altre cose anche "La strana coppia". Sposi novellissimi, Cory e Paul dopo la luna di miele (passata completamente in una camera d'albergo) si scontrano con problemi di convivenza che li portano in brevissimo tempo a sfiorare la rottura, con inserimenti di un vicino di casa anziano dallo spirito avventuroso e della mamma di lei, "perbenino" ma disponibile a rivedere i propri punti di vista e abitudini. Il film è ben recitato,ma risente fin troppo della sua origine teatrale,nonostante ci siano alcune parentesi fuori dall'appartamento della coppia di protagonisti, del resto Gene Saks non è stato esattamente un regista rimasto nella storia del cinema per il proprio stile. Per quanto riguarda il copione,con tutta la simpatia per i protagonisti, il personaggio di lei non è che sia anticonformista,ma spesso irritante con tutti i suoi colpi di testa e picche. Simpatico,ma un pò vecchiotto nell'insieme,suscita sorrisi,ma entusiasmo neanche tanto.

lunedì 17 maggio 2010

VENDICAMI ( Fuk sau, HK/F 2009)
DI JOHNNIE TO
Con JOHNNY HALLIDAY, Simon Yam, Anthony Wong, Sylvie Testud.
NOIR/AZIONE
Tra un blackout di memoria e un esplodere di colpi letali, "Vendicami" è un noir moderno che tiene conto delle crime stories, dell'epica della sparatoria western e dell'innesto alla "Memento" che complica il lineare racconto dell'opera di un vendicatore al quale è stato inflitto un torto od un dolore.Infatti nella mente del cuoco Johnny Halliday l'assunto di giustiziare gli assassini della propria discendenza fa il paio con i corto circuiti della sua memoria breve,che gli cancellano completamente cose e ricordi appena registrati. Elegantissimo nelle riprese, violento ed estetizzante nelle scene d'azione, "Vendicami" è un bel thriller teso e ben scandito,con un protagonista esemplare quale Johnny Halliday che esprime lo stordimento e la pervicacia del suo giustiziere, che recluta tre "samurai" ai quali devolverà i suoi averi se lo aiuteranno a compiere la propria missione. Dal cinema asiatico provengono spesso nuovi stimoli a rivalorizzare i generi,cosa che in Europa abbiamo tendenzialmente sottovalutato o lasciato semplicemente perdere (tranne i cinema francesi ed inglesi),specialmente in Italia,dove abbiamo brillato in questo decenni or sono:lasciando il tutto agli americani,che spesso però viaggiano sul comodo e rimanendo a zero di idee nuove. Da antologia la sparatoria nei campi,tra cartaccia che svolazza,un geometrico peggiorar della sorte, e un andare incontro alla morte con la cicca in bocca.

DRAQUILA-L'Italia che trema ( I,2010)
DI SABINA GUZZANTI
DOCUMENTARIO

Segnato dall'inqualificabile manfrina del ministro Bondi che ha scalpicciato (senza vederlo,garantito,come si è spesa la ministra Brambilla per denigrarlo in tv) per non presentarsi al festival di Cannes dove il film della Guzzanti è stato proiettato, "Draquila-L'Italia che trema" porta lo spettatore a confrontarsi con le conseguenze del terremoto che nel 2009 ha devastato il capoluogo abruzzese, ed alla squallida farsa dell'utilizzo di dolore e paura per guadagnare consensi elettorali in una fase di barcollamento della maggioranza. Il modello della Guzzanti è probabilmente il documentario composto da interviste (alle quali chi sta al potere sfugge ben volentieri),inserti e commenti:rudimentale a tratti, non sempre lucidissimo, ma onesto e schietto nel suo essere di parte,vero,ma anche in nome di una democrazia di cui evidentemente a molti piacerebbe fare a meno,pur di credere alle fole di chi li comanda e illude.Perchè chi declama di aver "regalato" gli alloggi ai terremotati sulle televisioni, mentre a voler essere precisi si sono dati in comodato d'uso,con tanto di lista di bicchieri,forchette e vasi di fiori (tutto regolarmente documentato ivi) racconta balle,siamo onesti:e tramutare una tragedia che ha strappato via un pezzo d'Italia,con le vite rovinate,oltre ad un patrimonio artistico e territoriale di notevoli proporzioni,in un teatro mediatico per beccare consensi sull'onda di un "Silvio salvaci" urlato da un'anziana disperata è una cosa che nella sua indegnità si commenta da sola. Non è perfetto "Draquila",ma è un atto di resistenza alla pubblica indifferenza che induce a scuotersi.

giovedì 13 maggio 2010

ROBIN HOOD (Robin Hood, USA/GB 2010)
DI RIDLEY SCOTT
Con RUSSELL CROWE,CATE BLANCHETT, William Hurt,Oscar Isaac.
AVVENTURA
Il progetto era stato inizialmente battezzato "Nottingham", e prevedeva che lo sceriffo di Nottingham in realtà fosse l'identità ufficiale di Robin Hood, e successivamente ha assunto invece il confronto di due personalità qua e là simili,due nemici di rispetto ma in modo più accurato psicologicamente. Finchè Ridley Scott non ha deciso di abbandonare questi intenti, e ha optato per narrare ciò che avviene prima della leggenda dell'eroico arciere di Sherwood,con il ritorno del protagonista dalla sconfitta alle Crociate e il suo peso nel contrastare un disegno sovversivo ordito dal re di Francia per annettere l'Inghilterra al proprio regno. Su sceneggiatura del Brian Helgeland di "L.A. Confidential" l'autore di "Thelma & Louise" imbastisce un'avventurona che tiene conto della leggenda dandole un rivestimento storico, relativamente fondato:al di là di facili e un pò pregiudiziali bocche storte circa il progetto in sè, il film ha presa robusta,e se rispetto al miliardario "Gladiatore" che sancì la prima collaborazione tra Ridley Scott e Russell Crowe, c'è una tenuta narrativa più solida, la celebrata abilità del regista nell'imprimere forza alle immagini è intonsa,si veda il crescendo della battaglia finale sul bagnasciuga tra gli inglesi capeggiati da Robin Hood e gli invasori francesi. Visto ormai in molte salse, Robin il ladro per giustizia mancava dallo schermo da quasi vent'anni,glissando sulla mediocrissima satira realizzata da Mel Brooks:se Errol Flynn gli ha dato una vena baldanzosa,Sean Connery la malinconia della maturità, Kevin Costner un'appesantita piacioneria, la versione di Russell Crowe amalgama malinconia e maschia fisicità,come nel finale in cui,dopo aver pugnato e gridato,versato sangue dei nemici e suo,porta via in braccio,lontano dagli acclamanti alleati,l'amata ferita dal cattivo.Nel coro,citazione,oltre che per una non bella ma fascinosa Cate Blanchett, per un William Hurt di ottima presenza in un ruolo di leale uomo di Stato.

martedì 11 maggio 2010

HOLLYWOODLAND (Hollywoodland, USA 2006)
DI ALLEN COUTLER
Con ADRIEN BRODY, Ben Affleck, Diane Lane, Robin Tunney.
DRAMMATICO

Hollywood,specialmente negli anni Cinquanta,come accenna anche "L.A. Confidential", dietro la facciata del grande Sogno di fare cinema, nascondeva mille storiacce di persone che hanno sbattuto violentemente contro il muro dell'insuccesso, oppure ,forse peggio,c'è chi ha assaporato la fama ma ne è uscito quasi subito o è rimasto prigioniero di cose in cui non credeva. Il film d'esordio di Allen Coulter si accaparrò la coppa Volpi a Venezia per l'interpretazione di Ben Affleck,star quasi fuori uso, che si è saputo riciclare come regista e probabilmente si scoprirà che forse non era una schiappa vera e propria a recitare (l'ho detto anche io, ma dire il contrario in alcuni film era davvero quasi impossibile).Storia noir dell'investigazione sulla morte misteriosa,forse un suicidio, e forse no, di George Reeves, Superman della tv, a modo suo un divo del piccolo schermo che non seppe centrare la medesima dimensione su quello grande, e ne fu rovinato, il film mostra qua e là qualche freddezza di troppo, e se i flashbacks sono leggermente troppo patinati ,la parte "attuale", con un febbricitante Adrien Brody detective da parcella gonfiata che forse arriva a capire quel che è davvero successo,rischiando egli stesso di rimetterci il collo,non ha il pathos necessario per coinvolgere davvero lo spettatore. Tra gli interpreti, buona la prova di Affleck, e soprattutto emerge una Diane Lane al solito bellissima, ma con le tracce di uno splendore sfiorito del suo personaggio, l'amante di Reeves, moglie di un boss di Hollywood che forse è la vera chiave della misteriosa vicenda. Ma forse no,come allude la pellicola prima di chiudersi, su un'ambigua nota che tutto conferma e tutto smentisce.
IL MAGO DI OZ (The wizard of Oz, USA 1939)
DI VICTOR FLEMING
Con JUDY GARLAND, Jack Haley, Ray Bolger, Bert Lahr.
FANTASTICO

Dal romanzo di Frank L.Baum che,uscito ai primi del Novecento, entrò di diritto tra i grandi classici della letteratura diretta al mondo dell'infanzia,ma che si presta a più letture, ecco l'adattamento cinematografico uscito nel 1939, affidato ad un celebre traduttore in immagini di opere letterarie quale Victor Fleming,che portò sul grande schermo anche "Via col vento" e "Il dottor Jeckill e Mr.Hyde".Premiato da un interesse sempiterno del pubblico, e dalla memoria che giustamente ha innalzato "Over the rainbow" ad essere una delle canzoni del cuore di tantissimi, il film vanta ottimi effetti speciali e un gusto scenografico notevole:se devo essere sincero,però, nelle scene iniziali nel mondo di Oz, Fleming non risparmia leziosità inzuccherate a dismisura da un tema musicale rielaborato in troppi modi per non stuccare, e la cosa non fa bene alla pellicola. La quale presenta in modo corretto i personaggi fantastici creati da Baum, e il divertimento non viene a mancare, sebbene ci sia una certa databilità dell'umorismo innestato nella sceneggiatura. Judy Garland,sebbene un pò grandicella per la parte di Dorothy, fornisce comunque una prova da attrice di gran talento, e le apparizioni della strega dell'Est sono sufficientemente dark, esprimendo una dimensione cartoonesca per niente facile da escogitare. Però non mi chiedete di metterlo tra i capolavori del cinema, abbiate pazienza...
IL PROFUMO DELLA SIGNORA IN NERO (I,1974)
DI FRANCESCO BARILLI
Con MIMSY FARMER, Maurizio Bonuglia, Mario Scaccia,Orazio Orlando.
THRILLER/HORROR
Regia d'esordio di un attore che comunque poi girerà pochissimo altro, "Il profumo della signora in nero" è un thriller cupissimo e con trama "a spirale" su una follia forse indotta, e forse semplicemente alimentata,in una Roma fosca e borghese, quasi del tutto ambientato in un palazzo. Si è parlato di accostamenti al polanskiano "L'inquilino del terzo piano", e di molto cinema di Argento:nell'intenso momento di grande successo del thriller all'italiana,questo titolo fa la sua figura.Barilli adotta una cadenza quieta, disponendo gli elementi via via, dal qualcosa che la protagonista nasconde,alle sue visioni improvvise,dai riferimenti all'Alice di Lewis Carroll ai rituali di sette misteriose e crudeli, aumentando la dose di sanguinaria determinazione del thriller verso la conclusione:la quale è molto estrema, e giunge dove all'epoca quasi nessun altro film del genere era arrivato, in un silenzio mortuario in cui si esprime una ferocia impostata, ammantata di seriosa ineluttabilità. E' curioso che Mimsy Farmer si sia espressa al meglio in due ruoli di donne senza equilibrio mentale, e però l'attrice americana è qui molto brava a descrivere l'inabissarsi nella pazzia e anche in una trappola senza sbocco preparata da persone dalla facciata rispettabile,che ha per obbiettivo un intento di malvagità unica. E a favore del regista la sequenza agghiacciante del pasto dei due gatti, e la cura nell'esaltare i colori intensi che circondano la disgraziata protagonista:qualche lentezza,ma nella sua algida eleganza, una pellicola che avrebbe meritato maggiori fortune e considerazione. Ultima cosa, il rapporto con la bambina-spettro:sicuri che Ozpetek in "Cuore sacro" non gli deva qualcosa?

lunedì 10 maggio 2010

COMPLESSO DI COLPA (Obsession, USA 1976)
DI BRIAN DE PALMA
Con CLIFF ROBERTSON, GENEVIEVE BUJOLD, John Lithgow,Wanda Blackman.
THRILLER/DRAMMATICO Proprio nell'anno in cui Hitchcock realizzava il suo ultimo film, il suo più esplicito dei cineasti che si sono sentiti suoi allievi (e comunque è diventato un autore di spicco anch'egli) gira il suo lavoro più hitchcockiano,quasi un saggio di uno studente dell'UCLA ossessionato dal cinema del maestro britannico. In "Complesso di colpa" ci sono pieni riferimenti a "La donna che visse due volte", soprattutto, e a "Rebecca" e "Delitto perfetto",con condimento delle musiche di Bernard Herrman,emozionali ed intense al punto giusto. A livello di suspence da thriller nel film di De Palma non ce n'è moltissima, il complotto in cui rimane invischiato il protagonista Cliff Robertson è chiaro molto prima che venga portato alla luce,semmai ciò che valorizza il lungometraggio sono la tensione emotiva e sentimentale che lo percorre, con un'ambientazione fiorentina di valore, e un elegante fluidità del racconto,oltre alla bravura degli attori. Spinto verso un finale di crescente carica sentimental-nervosa, il film sfocia in un momento di scioglimento del plot per certi versi inaspettato,e comunque De Palma si riserva la conclusione meno prevedibile che la storia potesse avere.Percorso da un equilibrio tra lo speranzoso ed il diffidente non facile a trovarsi, come lo vive anche il protagonista,tigre degli affari scossa da un trauma che gli è costato la famiglia, è uno dei più interessanti lavori dell'autore di "Omicidio a luci rosse".

domenica 9 maggio 2010

DEATH RACE (Death race,USA 2008)
DI PAUL W.ANDERSON
Con JASON STATHAM,Joan Allen, Ian McShane,Natalie Martinez.
AZIONE

L'originale è di metà anni Settanta,girato dall'indipendente Paul Bartel,sotto l'egida di Roger Corman,che infatti figura tra coloro che hanno prodotto questo remake:con la star dei B-Movie d'azione Jason Statham (che figura come coprotagonista nel prossimo venturo "The expendables",nuovo film di e con Sylvester Stallone), e altre facce e corpi da jungla del cinema di consumo puro, giunge "Death Race",che mescola vistosamente elementi da altri titoli molto popolari nel mercato dvd e nella programmazione della tv via cavo,come gli "Interceptor",i "Fast and furious", e altri ancora,passando pure per il genere carcerario,che ha sempre il suo perchè. Spinto a tutta valvola nelle scene d'azione,con corse e scontri cruenti, messi in atto dalla corrotta direttrice del carcere per venderli alle televisioni (una Joan Allen di divertita perfidia),il film, nonostante presenti la firma non tranquilizzante di Paul W.Anderson, che da anni ci propina lungometraggi di consistente mediocrità (indelebile il ricordo di "Mortal Kombat"...) si fa vedere e azzecca il ritmo giusto:certo, si fa passare l'ovvio messaggio che uccidere è comunque giustificabile in nome di un obbiettivo da raggiungere, e che la violenza a volte è necessaria,ma non è cosa certo nuova per chi non rinuncia a priori a vedere un film d'azione qualsiasi. Caratteri mostrati ed evidenziati con uno stile tra il cartoon alla "Ken il guerriero" e i videogames ultima generazione, da antologia del trash la scena in cui arrivano le partners dei piloti della corsa, un gruppo di manze in floridissima forma che starebbero meglio su una spiaggia a Miami ma sono pericolose detenute anch'esse....Però il film può divertire,pur con qualche ripetizione di troppo.

venerdì 7 maggio 2010

GIALLO (I/USA,2009)
DI DARIO ARGENTO
Con ADRIEN BRODY,EMMANUELLE SEIGNER, Elsa Pataky,Robert Miano.
THRILLER

Un anno e passa da quando il film è stato montato, ma non ha mai trovato distribuzione nè possibilità di visione qui in Italia:considerando che è girato da un regista a tutt'oggi ritenuto importante da schiere di appassionati, anche se a livello di masochismo artistico non si è lesinato niente,con pellicole sempre più sconcertanti e oltre il senso del ridicolo,è una situazione singolare. "Giallo",che dopo il delirio totale de "La terza madre",uno dei film più brutti di sempre e quasi una parodia del genere da quanto era assurdo,era partito benissimo come progetto:un attore da Oscar come interprete principale e la signora Polanski come attiva coprotagonista,in una storia ambientata a Torino,come gran parte dei lavori argentiani,con un folle assassino che sequestra e poi uccide ragazze che hanno il difetto (nel contesto va visto come tale,viste le intenzioni del killer) di essere belle. Ma pur deprecando l'atteggiamento di produttori e distributori,perchè i primi hanno mollato il film bloccandolo di fatto,e i secondi non sembrano scalpicciare per proiettarlo, si constata che questo thriller è poca cosa davvero. Pare che, forse per tenersi al passo con i tempi, Argento abbia voluto inserire riferimenti al telefilm di successo "CSI" e ai torture-movie come "Saw", stravolgendo il proprio stile ormai quasi perduto,in un thriller senza suspence nè logica narrativa (ma se l'assassino raccoglie le vittime su un taxi,non esistono tabulati nel 2009 per capire iter dei mezzi e isolare l'auto del maniaco?), con un Adrien Brody sprecatissimo che fa lo scostante e non passa una scena senza fumare una sigaretta, una Seigner che si impegna alla ricerca di un personaggio senza consistenza,e un finale tronco di rarissima bruttezza,che appiattisce del tutto lo spettatore su una perplessità montante e infine sfumata in un'ennesima,cocente delusione.
IRON MAN 2 (Iron Man 2, USA 2010)
DI JON FAVREAU
Con ROBERT DOWNEY jr.,Gwyneth Paltrow, Mickey Rourke,Scarlett Johansson.
FANTASTICO/AZIONE
A stretto giro,per una grossa produzione del genere, ecco il bis delle avventure di "Testadiferro",come viene motteggiato spesso sulle pagine dei comics il Vendicatore corazzato Iron Man:la grande affermazione commerciale di due anni fa ha accelerato il passo sia sul seguito da dare all'originale,confermando parte del cast e il regista Favreau, aggiungendo nomi di peso nel cast come Mickey Rourke,Scarlett Johansson,Don Cheadle,Samuel L.Jackson e Sam Rockwell. Al di là della splendida qualità degli effetti speciali, si può ipotizzare che la mossa vincente del bel risultato sia commerciale che recensorio della trasposizione di Iron Man sullo schermo è l'aver immesso una notevole dose di ironia in un personaggio tra i più lontani dall'umorismo nell'universo Marvel:la scena in cui l'eroe si ingozza di ciambelle all'interno dell'insegna a forma di tale dolce è indicativa del timbro dato da sceneggiatori e regia. Magari la tendenza all'alcoolismo di Tony Stark è risolta in modo troppo frettoloso (ubriaco ad una festa, e poi niente più),e la presentazione del cattivo russo con la bottiglia di vodka vuota in mano ce la potevano risparmiare (come far vedere uno svizzero che mangia la cioccolata o uno spagnolo vestito da torero,insomma...) però se possibile il sequel condensa le scene spettacolari vere e proprie in modo che non prendano il sopravvento sul telaio narrativo che in sostanza è quello di una commedia d'azione: Downey jr. merita il pieno rilancio per l'abilità di interprete che mette nell'impersonare un eroe con le immaturità che ne rosicchiano le sicurezze, e il coro intorno,con altre due ex-bruciati di Hollywood come Rourke e la Paltrow, e uno sfavillante resto sono scelte indovinate.Nel progetto "Avengers" che riunirà Iron Man, Hulk e gli imminenti a nascere sullo schermo Thor e Capitan America, si può intravedere qualcosa che se ben realizzato può risultare assai divertente. Dopo i titoli di coda,una breve scena che andrebbe vista.

martedì 4 maggio 2010

MAX PAYNE (Max Payne,USA 2008)
DI JOHN MOORE
Con MARK WAHLBERG, Mila Kunis,Beau Bridges, Amaury Nolasco.
AZIONE

L'iniziativa di trarre potenziali film di successo da videogames celebri non sempre premia, a livello di incassi:per un "Resident Evil" che comunque ha trovato un suo mercato, i "Tomb Raider" non hanno in proporzione realizzato molto,e via enumerando. "Max Payne",gioco d'azione cupo e dai toni esasperati, viene portato al cinema dal regista John Moore,specializzato in remakes (ne ha girati due, "Il volo della fenice" e "Il presagio",due su quattro film realizzati,complimenti per l'estro...):tralasciando molti commenti degli appassionati del gioco,che doveva presentare una trama più complessa, si denota da un lato un'estetizzazione dell'azione che cita a più non posso "Matrix" ed il suo effetto "bullet-time",mentre la tenuta di ritmo non è delle più incalzanti,e lasciamo stare la suspence sull'identità del vero nemico di Max Payne,evidentissima fin dall'inizio. Ennesima storia di vendetta, ma senza vera partecipazione emotiva, girata perlopiù in ambienti oscuri,mette in mezzo strampalati riferimenti alla mitologia nordica, e l'idea vecchia di una droga particolare (esperimento sfuggito di mano) per la quale o sotto l'effetto della quale si uccide. Wahlberg ripete un personaggio più o meno già intepretato in "Shooter", e se la bella Olga Kurylenko,unica Bond-girl che ha resistito alle arti amatorie di 007 si vede troppo poco,il personaggio di Mila Kunis è trattato perlomeno con goffaggine narrativa,sparendo e ricomparendo in modo balzano.Si giunge al prevedibilissimo finale con qualche sbadiglio di troppo per poter definire "Max Payne"-film anche un semplice intrattenimento senza pretese.
DISASTRO A HOLLYWOOD (What just happened?,USA 2008)
DI BARRY LEVINSON
Con ROBERT DE NIRO, Kristen Stewart,Stanley Tucci, Michael Wincott.
COMMEDIA

Dalle memorie del produttore Art Linson, una commedia sul mondo del cinema volutamente acida, con un protagonista in decadenza,che cerca di stare a galla ma lotta invano contro una macchina colossale e disumanizzante,in cui forse chi è folle vive meglio o rischia di farsi meno male:Barry Levinson, dopo la fase in cui molte volte Dustin Hoffman era il suo attore feticcio,torna a lavorare con Robert DeNiro,che interpreta il protagonista:cronaca di giorni affannati, in cui l'agente-produttore cerca di mettere insieme un film decente,con il regista che è depresso per gli interventi della casa di produzione, un montaggio che non è mai quello desiderato, le pressioni intorno e le aspettative del pubblico, "Disastro a Hollywood" non è una pellicola entusiasmante. Affollato di nomi celebri del grande schermo, talvolta disponibili a recitare come se stessi (Willis,Penn), altre impegnati in personaggi canonici del "bestiario" del mondo hollywoodiano, abbozza una sarcastica presa in giro ad un'industria che dovrebbe partire da un concetto artistico, e va oltre la questione-soldi, per ribadire un'eterna lotta di potere e una corsa verso il successo che appunto porta a detenere facoltà di scelta o meno. Da diversi anni De Niro vivacchia con titoli che sono l'ombra di quelli che hanno contraddistinto una carriera unica,se si esclude il suo secondo film da regista, "The good shepherd",e questo è uno dei più riusciti,in cui l'attore di "Toro scatenato" fornisce una buona prova,farcita di nevrosi e stanchezza,ma abilmente giocata su un tono da commediante d'esperienza:il difetto non è lui,è che satire sul cinema ne sono state presentate diverse in precedenza assai più ficcanti o acute.Peccato,perchè Levinson è un buon direttore di attori,che via via ha perso attrattiva sul pubblico,dopo aver realizzato blockbusters o comunque film presi in considerazione varie volte dall'Academy (senza sfavillare,ma raramente facendo cose condannabili,"Rivelazioni" a parte...):ma "Disastro a Hollywood" prometteva molto di più di quello che tutto sommato mostra.

lunedì 3 maggio 2010

1855:LA PRIMA GRANDE RAPINA AL TRENO(The great train robbery,USA 1978)
DI MICHAEL CRICHTON
Con SEAN CONNERY,DONALD SUTHERLAND, Lesley-Anne Down, Alan Webb.
AVVENTURA/COMMEDIA

Unico film diretto da Michael Crichton da un suo romanzo, "1855:la prima grande rapina al treno" è un film avventuroso giocato su un tono brillante,che romanza un evento criminoso e neanche nascostamente tifa per la coppia di gaglioffi Connery/Sutherland,bricconi che parlano in slang (è una delle cose migliori della pellicola).Ambientato a metà del Diciannovesimo Secolo,come cita appunto il titolo italiano, il lungometraggio è diretto con evidente disponibilità del regista e scrittore (anzi,per importanza sarebbe meglio ribaltare le specificazioni) al servizio delle due star,lo scozzese ed il canadese, per la prima ed ultima volta combinati in un film:spesso incline ad ammiccare allo spettatore nel presentare le malefatte dei banditi,che celebrano il savoir-faire del personaggio di Connery(disposto comunque a diventare assassino) e la buffoneria di quello di Sutherland (molte volte impegnato in ruoli sopra le righe), "1855" giunge alla scena d'azione che lo contraddistingue, nella rapina vera e propria, con discreta tenuta. Peccato che il finale voglia imporsi lieto per forza,con un espediente per la fuga dei protagonisti abbastanza forzato,che lascia abbastanza perplessi:del resto, se come regista tutto sommato se la cavava, come scrittore Crichton indovinava i temi sui quali sviluppare le storie, ma a volte giungeva a tre quarti del racconto con evidente scarso carburante narrativo.